«Non avrei mai voluto scrivere questo post, perché ho dei genitori che mi hanno sempre insegnato a reagire alle situazioni e a ringraziare ogni giorno per ciò che abbiamo, anche nei periodi in cui tutto andava male. Questa educazione mi ha fatto scegliere il lavoro che faccio e mi ha insegnato che la vita è una strada, con salite e discese, e che i sacrifici fatti, ripagano sempre. C’è da dire però, che la situazione che stiamo attraversando in questo periodo storico, non è semplice, e questa volta non c’entra il prezzo del latte, o i ritardi nei pagamenti europei, questa volta è la scarsità di cibo per i nostri animali. In un’annata siccitosa come poche, dove scarseggiano i pascoli naturali e gli erbai, la salvezza per noi aziende agricole, è l’acquisto di granelle sfuse, da ditte che reperiscono la materia prima, in Italia e nei paesi extraeuropei. Però da diversi mesi, a causa di politiche economiche internazionali e della guerra in Ucraina, tutto questo non è più possibile. Le ditte non forniranno più granelle alle aziende agricole, e noi ci vedremo costretti a ridimensionare le produzioni, se non vogliamo vedere i nostri animali morire di fame. Non siamo fisicamente in guerra, ma la nostra “guerra” dobbiamo farla quotidianamente, cercando di sfamare le centinaia di animali che hanno bisogno delle nostre cure.»
Lo scrive su Facebook Agnese Cabigliera, di professione pastora, che descrive la situazione attuale legata all’aumento dei prezzi delle materie prime e alla situazione legata al comparto.
«Questo post è dedicato a tutte le politiche che negli ultimi trent’anni hanno disincentivato la coltivazione delle terre, perché la Sardegna doveva diventare l’isola felice dei turisti (ricordiamo che la politica non è stata in grado di potenziare neanche questo settore) che dovevano vedere il pastore, solo nelle manifestazioni folkloristiche – aggiunge Agnese Cabigliera -. Questo post è dedicato alle politiche fallite di ricambio generazionale. Non credete ai numeri pubblicati nei giornali, che dicono di un aumento di giovani in agricoltura, non è vero, il ricambio è solo sulla carta, per prendere finanziamenti a fondo perduto (senza obbligo di rendicontazione), che potrebbero essere spesi in altri modi.»
«Questo post – prosegue Agnese Cabigliera – è dedicato alle varie politiche di incentivazione alla coltivazione dei campi per la produzione di biomassa. Secondo quale logica, in una regione in cui scarseggia l’acqua, è giusto dedicare una quota per l’irrigazione di campi che produrranno energia? Dov’è la sostenibilità ambientale? Questo post è dedicato a tutte le amministrazioni comunali che hanno svenduto i loro terreni migliori per l’impianto di pannelli fotovoltaici. Ma questo post è dedicato soprattutto a tutti noi pastori, sempre considerati la peggior razza, sempre messi dietro la porta, perché non sappiamo parlare bene l’italiano (ma siamo fedeli alla nostra lingua, il sardo), perché puzziamo, perché siamo grezzi, e perché nella migliore delle situazioni, facciamo pena alle persone, e quando protestiamo, accorrono tutte ad elemosinare una bottiglia di latte.»
«A tutti noi dico, che è il momento di stare uniti, rivedere l’organizzazione delle nostre aziende, e cercare di essere sempre di più autosufficienti per il fabbisogno dei nostri animali – conclude Agnese Cabigliera -. Ridimensioniamo il numero di capi e rivediamo le produzioni, non sarà semplice, soffriremo un pò, però questo periodo bruttissimo dovrà servirci da lezione. Un’ultima cosa, non vergognatevi di insegnare ai vostri figli a gestire gli animali, a fare il formaggio e a mungere a mano, perché questi insegnamenti saranno i più preziosi che possiate mai dare, per evitare che le nostre campagne vengano abbandonate.»
Lo scrive su Facebook Agnese Cabigliera, di professione pastora, che descrive la situazione attuale legata all’aumento dei prezzi delle materie prime e alla situazione legata al comparto.
«Questo post è dedicato a tutte le politiche che negli ultimi trent’anni hanno disincentivato la coltivazione delle terre, perché la Sardegna doveva diventare l’isola felice dei turisti (ricordiamo che la politica non è stata in grado di potenziare neanche questo settore) che dovevano vedere il pastore, solo nelle manifestazioni folkloristiche – aggiunge Agnese Cabigliera -. Questo post è dedicato alle politiche fallite di ricambio generazionale. Non credete ai numeri pubblicati nei giornali, che dicono di un aumento di giovani in agricoltura, non è vero, il ricambio è solo sulla carta, per prendere finanziamenti a fondo perduto (senza obbligo di rendicontazione), che potrebbero essere spesi in altri modi.»
«Questo post – prosegue Agnese Cabigliera – è dedicato alle varie politiche di incentivazione alla coltivazione dei campi per la produzione di biomassa. Secondo quale logica, in una regione in cui scarseggia l’acqua, è giusto dedicare una quota per l’irrigazione di campi che produrranno energia? Dov’è la sostenibilità ambientale? Questo post è dedicato a tutte le amministrazioni comunali che hanno svenduto i loro terreni migliori per l’impianto di pannelli fotovoltaici. Ma questo post è dedicato soprattutto a tutti noi pastori, sempre considerati la peggior razza, sempre messi dietro la porta, perché non sappiamo parlare bene l’italiano (ma siamo fedeli alla nostra lingua, il sardo), perché puzziamo, perché siamo grezzi, e perché nella migliore delle situazioni, facciamo pena alle persone, e quando protestiamo, accorrono tutte ad elemosinare una bottiglia di latte.»
«A tutti noi dico, che è il momento di stare uniti, rivedere l’organizzazione delle nostre aziende, e cercare di essere sempre di più autosufficienti per il fabbisogno dei nostri animali – conclude Agnese Cabigliera -. Ridimensioniamo il numero di capi e rivediamo le produzioni, non sarà semplice, soffriremo un pò, però questo periodo bruttissimo dovrà servirci da lezione. Un’ultima cosa, non vergognatevi di insegnare ai vostri figli a gestire gli animali, a fare il formaggio e a mungere a mano, perché questi insegnamenti saranno i più preziosi che possiate mai dare, per evitare che le nostre campagne vengano abbandonate.»
Antonio Caria