Mettere al centro il tema dello spopolamento e l’abbandono dei piccoli centri è l’obiettivo del museo Biddas, inaugurato questa mattina al secondo piano del palazzo baronale di Sorso.
«Nonostante si esplori il tema dei villaggi abbandonati attraverso il punto di vista dell’archeologia – ha dichiarato il sindaco Fabrizio Demelas – Biddas non è semplicemente un museo di reperti ma un luogo interattivo e dinamico, adatto ai visitatori di ogni età. È un progetto che mira a far comprendere a tutti, adulti e bambini. quali sono i fenomeni principali che a suo tempo portarono all’abbandono dei villaggi medievali. Perché conoscere e comprendere queste dinamiche può aiutare a capire quali sono oggi le motivazioni dell’abbandono di alcune zone della Sardegna, tema questo ampiamente dibattuto, non solo in Sardegna e in Italia ma anche in molti Paesi europei fin dagli anni Sessanta. Per noi è un onore avere nel nostro territorio un tale patrimonio – ha aggiunto – che rappresenta un attrattore culturale e turistico di notevole interesse se valorizzato in maniera adeguata. In questa direzione da tempo abbiamo intrapreso, insieme con la Soprintendenza e con l’Università di Sassari, un percorso che intendiamo e ci impegniamo a portare avanti nel migliore dei modi, sia in termini di ricerca e recupero sia in termini di promozione.»
Un viaggio che parte dal Medioevo e arriva sino ai giorni nostri attraverso la narrazione del villaggio medievale abbandonato di Geridu, l’unico in Sardegna ad essere stato scavato in estensione.
«Sono molto grato all’Amministrazione comunale di Sorso che nel tempo ha sempre sostenuto questo progetto con interesse, attenzione e impegno – ha detto Marco Milanese, professore ordinario di Archeologia medievale all’Università di Sassari -. Quella del museo è un’esperienza davvero unica, non c’è nulla di simile in Italia. Non si tratta di un museo archeologico, ma è uno spazio dedicato al tema dello spopolamento, il passaggio è uscire dalle logiche strette del museo archeologico per creare un ambiente dinamico, un’esperienza che coinvolge direttamente il visitatore. Un museo che usa l’archeologia per ricostruire la Storia, con una narrazione intrisa di antropologia e sociologia, per raccontare cosa è successo nei villaggi tra il 1.300 ed il 1.500, per raccontare attraverso la storia di Geridu una Storia comune a numerosi villaggi di quell’epoca.»
«Nonostante si esplori il tema dei villaggi abbandonati attraverso il punto di vista dell’archeologia – ha dichiarato il sindaco Fabrizio Demelas – Biddas non è semplicemente un museo di reperti ma un luogo interattivo e dinamico, adatto ai visitatori di ogni età. È un progetto che mira a far comprendere a tutti, adulti e bambini. quali sono i fenomeni principali che a suo tempo portarono all’abbandono dei villaggi medievali. Perché conoscere e comprendere queste dinamiche può aiutare a capire quali sono oggi le motivazioni dell’abbandono di alcune zone della Sardegna, tema questo ampiamente dibattuto, non solo in Sardegna e in Italia ma anche in molti Paesi europei fin dagli anni Sessanta. Per noi è un onore avere nel nostro territorio un tale patrimonio – ha aggiunto – che rappresenta un attrattore culturale e turistico di notevole interesse se valorizzato in maniera adeguata. In questa direzione da tempo abbiamo intrapreso, insieme con la Soprintendenza e con l’Università di Sassari, un percorso che intendiamo e ci impegniamo a portare avanti nel migliore dei modi, sia in termini di ricerca e recupero sia in termini di promozione.»
Un viaggio che parte dal Medioevo e arriva sino ai giorni nostri attraverso la narrazione del villaggio medievale abbandonato di Geridu, l’unico in Sardegna ad essere stato scavato in estensione.
«Sono molto grato all’Amministrazione comunale di Sorso che nel tempo ha sempre sostenuto questo progetto con interesse, attenzione e impegno – ha detto Marco Milanese, professore ordinario di Archeologia medievale all’Università di Sassari -. Quella del museo è un’esperienza davvero unica, non c’è nulla di simile in Italia. Non si tratta di un museo archeologico, ma è uno spazio dedicato al tema dello spopolamento, il passaggio è uscire dalle logiche strette del museo archeologico per creare un ambiente dinamico, un’esperienza che coinvolge direttamente il visitatore. Un museo che usa l’archeologia per ricostruire la Storia, con una narrazione intrisa di antropologia e sociologia, per raccontare cosa è successo nei villaggi tra il 1.300 ed il 1.500, per raccontare attraverso la storia di Geridu una Storia comune a numerosi villaggi di quell’epoca.»
Antonio Caria