Sono circa 150 i milioni di euro, sul totale di oltre 1 miliardo di investimenti ammessi a detrazione nell’Isola, che le imprese sarde del Sistema Casa non sono ancora riuscite a incassare attraverso la cessione dei crediti del Superbonus 110%.
Sono questi i dati comunicati Confartigianato Edilizia Sardegna, a fine dello scorso maggio; un patrimonio di crediti bloccati che sta mettendo in crisi di liquidità migliaia di imprese.
Dopo le denunce, gli appelli, le lettere verso le Istituzioni, i Parlamentari e gli Istituti Finanziari, Confartigianato ha chiesto al Governo di liberare le imprese dai crediti incagliati nei cassetti fiscali, non gestibili sul mercato bancario, e di scongiurare il fallimento di migliaia di imprese.
«Dobbiamo disinnescare la “bomba” dei circa 150milioni di euro che non possiamo monetizzare e la soluzione non può che passare attraverso il ruolo degli Istituti di Credito: è fondamentale superare questo momento di drammatico stallo per il settore – ha sottolineato Maria Amelia Lai, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – se stimiamo che una impresa-tipo delle costruzioni in Sardegna possa avere un fatturato medio di circa 150mila euro annui, questo blocco farebbe chiudere i battenti a circa 1.000 imprese e manderebbe a casa oltre 5mila dipendenti. Siamo all’ultimo capitolo di una storia surreale da novembre 2021 ha visto il Governo intervenire ben 9 volte con modifiche normative sul meccanismo della cessione dei crediti.»
Per questo Confartigianato Sardegna torna sull’argomento per denunciare la situazione delle migliaia di imprese di costruzione che rischiano addirittura di fallire per troppi crediti.
«I continui cambiamenti delle regole hanno gettato nell’incertezza gli operatori e reso estremamente prudente l’atteggiamento degli intermediari finanziari che avevano garantito l’acquisto dei crediti – ha aggiunto Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Edilizia Sardegna -. In molti hanno chiuso gli acquisti per raggiunta capacità fiscale con il risultato che le imprese non riescono a recuperare i crediti presenti nei propri cassetti fiscali per lavori già eseguiti e non possono pagare dipendenti, fornitori, tasse e contributi.»
Sono questi i dati comunicati Confartigianato Edilizia Sardegna, a fine dello scorso maggio; un patrimonio di crediti bloccati che sta mettendo in crisi di liquidità migliaia di imprese.
Dopo le denunce, gli appelli, le lettere verso le Istituzioni, i Parlamentari e gli Istituti Finanziari, Confartigianato ha chiesto al Governo di liberare le imprese dai crediti incagliati nei cassetti fiscali, non gestibili sul mercato bancario, e di scongiurare il fallimento di migliaia di imprese.
«Dobbiamo disinnescare la “bomba” dei circa 150milioni di euro che non possiamo monetizzare e la soluzione non può che passare attraverso il ruolo degli Istituti di Credito: è fondamentale superare questo momento di drammatico stallo per il settore – ha sottolineato Maria Amelia Lai, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – se stimiamo che una impresa-tipo delle costruzioni in Sardegna possa avere un fatturato medio di circa 150mila euro annui, questo blocco farebbe chiudere i battenti a circa 1.000 imprese e manderebbe a casa oltre 5mila dipendenti. Siamo all’ultimo capitolo di una storia surreale da novembre 2021 ha visto il Governo intervenire ben 9 volte con modifiche normative sul meccanismo della cessione dei crediti.»
Per questo Confartigianato Sardegna torna sull’argomento per denunciare la situazione delle migliaia di imprese di costruzione che rischiano addirittura di fallire per troppi crediti.
«I continui cambiamenti delle regole hanno gettato nell’incertezza gli operatori e reso estremamente prudente l’atteggiamento degli intermediari finanziari che avevano garantito l’acquisto dei crediti – ha aggiunto Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Edilizia Sardegna -. In molti hanno chiuso gli acquisti per raggiunta capacità fiscale con il risultato che le imprese non riescono a recuperare i crediti presenti nei propri cassetti fiscali per lavori già eseguiti e non possono pagare dipendenti, fornitori, tasse e contributi.»
Antonio Caria