Basse competenze, istruzione non sempre adeguata, incapacità di affrontare il rischio d’impresa. Questi sono alcuni motivi per cui i giovani sardi non si buttano nella mischia. «Ma non sono i soli», ha detto Mario Cirina, direttore del Cnos Fap Sardegna, nell’aprire la Tavola rotonda su “La creazione di impresa nel settore agrifood in Sardegna”. L’evento conclusivo del progetto S’impresa, che si è tenuto questa mattina a Selargius, ha posto al centro il progetto finanziato attraverso il Por Fse 2014-2020 – Linea 1 C, portato avanti in partnership dal capofila Cnos Fap, dall’agenzia formativa Iannas, dal Centro servizi della Camera di Commercio di Cagliari e Oristano e dall’Associazione “Anziani e non solo” (Ans). «Difficoltà nell’accesso al credito, eccessiva burocrazia, momento congiunturale sfavorevole sono altri ostacoli importanti. Ma da questo progetto può e deve nascere una rete», ha auspicato Mario Cirina.
Non solo lamentazioni, peraltro condivise da tutti i dieci partecipanti. Sono arrivate proposte concrete che meritano attenzione da parte delle istituzioni. Per Efisio Perra (Coldiretti), «la globalizzazione nel tempo si è trasformata in delocalizzazione, così abbiamo imparato a importare di tutto, anche olio e latte. Lo scenario è bruscamente cambiato, e non solo per la guerra in Ucraina. Occorre un patto di filiera che rovesci il paradigma e ci consenta di ripartire. Da alcuni anni si sta lavorando in questa direzione, per esempio nel cerealicolo con il Coccoi Dop. Possiamo fare lo stesso percorso con tanti altri prodotti, per esempio il Carasau».
Si è detto d’accordo Marino Contu, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico del Centro studi agricoli. «I nostri grani sono ottimi per la panificazione tradizionale e anche per il Carasau. E non c’è soltanto il Cappelli. Siamo buoni produttori ma pessimi venditori, però abbiamo peculiarità che altri non hanno. Poi, certo, vanno cambiate alcune cose: dal nostro osservatorio siamo riusciti a far modificare alcune modalità dei bandi regionali che non risultavano attinenti alla realtà sarda». Concordano Martino Scanu (Cia) e Maria Antonietta Dessì (Cna). Il primo ha commentato così: «Un tempo si pensava che quello dell’agricoltura fosse il settore più semplice al quale guardare nei tempi di difficoltà. Ora parliamo di una realtà molto più selettiva e specializzata. Ma negli ultimi dieci anni abbiamo compiuto enormi passi avanti, sono arrivati nuovi prodotti che riscuotono il gradimento dei consumatori, come il maialetto cotto e venduto sottovuoto». Antonietta Dessì ha invece puntato il dito sulle banche: «Ormai non guardano alla bontà di un progetto, bensì alla capacità del proponente nella restituzione del prestito. In pochi possono anticipare parecchi soldi. I prodotti tipici devono essere legati ai rispettivi territori. E le associazioni di categoria devono collaborare e fare rete per valorizzarli».
Cristiano Erriu, che da lunedì prossimo sarà il nuovo segretario generale della Camera di Commercio di Cagliari ed Oristano, ha riconosciuto le responsabilità della pubblica amministrazione: «Non sempre riesce a dare risposte rapide ed efficaci alle imprese. Il Suap è un ottimo strumento ma in Sardegna è gestito dalla Regione anziché dal sistema camerale, e questo allunga di parecchio i tempi delle procedure. Il tema dell’innovazione dei prodotti è ormai centrale, ma da soli spesso ci si confronta con i player internazionali che sono più competitivi. Alcune aziende lo hanno capito e stanno facendo squadra. Ottima la proposta del patto di filiera, ma a chi spetta spingere in quella direzione? Al mercato, alle istituzioni, alle associazioni di categoria? Le imprese devono sviluppare i servizi integrati, che consolidano la loro presenza nel mercato: penso ai servizi ambientali, sia nella pesca che in agricoltura».
Dal più giovane dei presenti, Riccardo Porta (dirigente Confartigianato), è venuta una ventata di ottimismo: «I problemi ci sono, è innegabile, ma dobbiamo far capire ai ragazzi che esistono spazi di inserimento nel mercato del lavoro. Le nostre imprese devono aprire loro le porte e aiutarli. Le nuove generazioni hanno una maggiore propensione nel fare rete. La differenza la fanno le persone, le loro competenze, il livello culturale. Cerchiamo di insegnare ai giovani la percezione del valore di fare impresa».
Patrizia Soru, amministratrice unica dell’agenzia formativa Iannas, ha illustrato con Mario Cirina i risultati del progetto “S’Impresa”: 50 iscritti, 90 ore di formazione, 25 percorsi di accompagnamento individualizzato per 1.500 ore. Non tutti hanno saputo creare un’impresa: al momento sono partiti in 5 (guidati dallo studio Ghironi-Muscas, alcuni di loro stanno sviluppando progetti ambiziosi, per esempio nella filiera dei grani tipici), altri sono in stand-by, in attesa di finanziamento. Altri ancora si stanno aggregando per portare avanti nuovi prodotti. Tra le idee più innovative, quella di una giovane donna che sta producendo cioccolatini utilizzando anche grano Cappelli. «Un’idea vincente e originale: grazie a un’analisi di mercato, ha saputo modificare il progetto iniziale che era altamente a rischio», ha detto Patrizia Soru.
Stefano Mameli, direttore generale della Città Metropolitana di Cagliari, ha precisato che «come per le imprese, anche negli enti pubblici contano le competenze delle persone più che le norme. Bisogna incrementare la formazione e l’istruzione di base». Federico Boccaletti, presidente dell’Ans, si è detto d’accordo: «Bisogna affrontare i punti deboli e valorizzare i punti di forza, attraverso percorsi di formazione e affiancamento di consulenti esperti». Nicola Murru, direttore Confesercenti Cagliari, ha ricordato che «il terminale della filiera è il ristoratore, l’ambasciatore del buon cibo: il turista, spesso, si ricorda di una località o di un territorio per ciò che ha mangiato. Il turismo esperienziale passa anche per la formazione di chi somministra gli alimenti». Gianluigi Fois (Leverage Srl) ha però sottolineato che «stiamo riscontrando tanta presunzione e carenza di competenze. Le risorse non mancano, oggi c’è pure il Pnrr, ma a volte le modalità di accesso al credito sono complesse, quasi incomprensibili».