Quando la Rari Nantes è una fede assoluta. storie ed impressioni del presidente Marco Isola.
a cura di Riccardo Toselli (consigliere di settore)
Quando si parla di Rari Nantes Cagliari e Pallanuoto, personalmente non posso fare a meno di pensare ai primi anni 2000, periodi in cui la società rossoblù, con almeno dieci atleti sardi su tredici presenti a referto, lottava al vertice della Serie A2 per la promozione in A1.
Spesso esordivano in vasca, o comunque a referto, giovani e promettenti atleti isolani, convocati ai collegiali nazionali nella rispettiva categoria di appartenenza.
La cosa che oggi può sembrare “straordinaria”, è che quella squadra univa tifosi e atleti di tutte le altre società (Nuotomania, Promosport, Promogest, Esperia, Ferrini, Sportgest, Oppidum per citarne alcune).
Il sabato pomeriggio (tra le 14.00 e le 15.30), in tantissimi gremivano la tribuna all’aperto della vasca “Ugo Maxia” per gustarsi le partite della Serie A2, e poco importava se ci fosse un bel sole a scaldare gli spalti, o se ci si dovesse riparare dalle intemperie con ombrelli e giacche a vento.
In questi ultimi tre anni, la Rari Nantes Cagliari ha ripreso in mano il progetto del vivaio giovanile, ricominciando dai valori portanti della nostra disciplina, umani e sportivi, attraverso le categorie U11 – U13 e da quest’anno anche U15.
Il Progetto Giovani è anche alla base del programma del Comitato Regionale, che ha incentivato, in questi ultimi anni, tornei, pre-campionati e collegiali per tutte le società sarde. La risposta è stata positiva (non dimenticherò mai di ricordare che quest’anno eravamo pronti a partire con un Campionato U13 a otto squadre e ci siamo fermati per i noti motivi sanitari al girone di ritorno a nove Squadre per il campionato U15).
«Dobbiamo avere ambizione e speranza nel creare la parte migliore della società, dove una sana voglia di primeggiare e vincere si possa sposare coi principi di lealtà, onestà, sacrificio e rispetto dell’avversario.»
Parole del presidente della Rari Nantes Cagliari Marco Isola, uno degli assi portanti della pallanuoto sarda che non ha mai avuto dubbi sull’importanza dell’agonismo in vasca: «E’ la forma più alta di valore del merito, della disciplina, dell’applicazione e del talento – afferma Marco Isola – perché in nessun altro campo umano esiste una simile giustizia. Mi riferisco al mio sport di riferimento, non mi pronuncio su altri dove soldi, doping e interessi economici inquinano costantemente questi valori».
Sia chiaro, il nostro interlocutore adora anche il lato meno competitivo della sua disciplina che personalmente, non ha però mai conosciuto. Già al compimento dell’undicesimo anno d’età, nel 1976, Marco aveva come chiodo fisso l’approdo in prima squadra come titolare perché era rimasto stregato dal costume rosso blu tipico della Rari Nantes Cagliari. E i sogni che sguazzano nella testa di un bambino, come per esempio vincere qualcosa di importante assieme agli stimatissimi compagni di allenamento, non sono impossibili da realizzare: «Il nuoto era un pezzo importante della società, nel nuoto c’erano le ragazze…però noi pallanuotisti eravamo convinti di essere diversi dai nuotatori. Il contatto fisico insito nel nostro sport ci rendeva più esuberanti, forse».
E qui riaffiora quella voglia di confronto con altre realtà che solo un campionato ufficiale può offrire: «La mia storia ha a che fare con lo sport agonistico. La sua unicità si scruta attraverso un aspetto essenziale: in acqua vince il più forte. Puoi essere il figlio della regina d’Inghilterra, puoi essere ricco, ma se davanti hai il figlio di un operaio più forte di te, vince lui».
A livello giovanile si è tolto molte soddisfazioni. Nei Giochi della Gioventù, manifestazione soppressa e che Marco ritiene essere stata una grande perdita, arrivò quinto in Italia lottando strenuamente con i suoi compagni. Di spicco la vittoria sulla corazzata Civitavecchia dei Pagliarini ed il Pescara di Marco D’Altrui (poi vincitore di mondiali e olimpiadi). Nella categoria allievi, il collettivo in cui gioca giunge sesto in Italia. A livello assoluto il traguardo più importante rimane la prima storica promozione in A2.
Marco, cosa è per te la Pallanuoto?
«Il più bello sport del mondo, la passione di una vita. I pallanuotisti sono una tribù speciale, e solo chi l’ha frequentata può capire quello che dico.»
Coordini una società ultracentenaria, che valori ti hanno trasmesso i tuoi predecessori?
«Essere rarinantini è un modo di vedere la vita che i nostri antenati ci hanno tramandato; è orgoglio, è non sentirsi inferiori a nessuno, non avere mai paura o soggezione. È voglia di vincere. È rispetto e ammirazione verso i nostri ex atleti, gente che ha scritto la storia del nuoto e della pallanuoto in Sardegna. È amore verso i nostri colori, verso la nostra piscina, i nostri spogliatoi coi muri che profumano di cloro. E tanto altro ancora…»
Mi dicono che il tuo sia stato un gesto d’amore per una società che ti ha dato tanto, te ne sei pentito?
«La Rari esiste da 111 anni. Ha attraversato due guerre mondiali e tanti momenti di difficoltà. Se è ancora viva e vitale è perché esiste un patto non scritto tra le generazioni di atleti che si sono susseguite. Io devo tanto alla Rari, la mia vita è completamente legata alla Rari. I miei più importanti affetti li ho conosciuti lì dentro. Nutro un profondo senso di riconoscenza verso questa società. E vorrei lasciarla alle generazioni successive ancora più bella di come l’abbiamo avuta.»
Quando uno pensa alla Rari Nantes non può che venirgli in mente la cagliaritanità. É ancora una vostra caratteristica la ricerca del campioncino indigeno?
«È la nostra “mission”. La nostra forza è sempre stata l’ossatura completamente “cagliaritana” delle nostre prime squadre. Ora siamo in un momento di ripartenza. Sono certo che nel giro di qualche anno verranno i frutti dell’ottimo lavoro che abbiamo impostato sul settore giovanile della pallanuoto. Sul nuoto non dimentichiamo che Marcello Guidi, uno dei fondisti di acque libere più forte d’Italia, è un nostro atleta, ora in comproprietà con le fiamme oro.»
Che visione hai attualmente del movimento pallanuotistico isolano?
«La pallanuoto in Sardegna è nella fase più critica. Per giocarci serve il campo, ossia tutta la piscina. Servono almeno due ore ad allenamento. Occorre allenarsi tutti i giorni. Mettendo assieme questi tre fattori emergono costi altissimi per gli spazi acqua, che sono computati per corsia e per ora. Ciò ha portato alla sempre più marcata riduzione degli spazi per la pallanuoto.»
Che fare?
«Occorre una scelta radicale, che possa considerare l’utilizzo di tutta la vasca, per fare pallanuoto, come se fosse una corsia. Altrimenti sarà la morte della pallanuoto sarda. A ciò si aggiunga che di vasche lunghe almeno 30 mt e larghe 20 mt (dimensione del campo da pallanuoto) ce ne siano due o tre in tutta la Sardegna.»
L’epidemia del Coronavirus ha messo tutti in ginocchio. Qual è la tua ricetta per la resurrezione, sia in casa RN, sia in Sardegna?
«Occorrono investimenti negli impianti e azioni di marketing importanti per riavvicinare a questo sport stupendo i ragazzi che ora sono monopolizzati dal calcio.»
Secondo te si ritornerà alla spensieratezza di un tempo?
«Ne sono certo. Ci sono state nel corso dei secoli epidemie ben più gravi da cui si è usciti più forti. Lo dico con enorme rispetto per le persone che non ci sono più. Però penso che sia stata creata, con un bombardamento mediatico, una psicosi sproporzionata rispetto alla situazione.»
Un tuo giudizio sulla gestione Russu del Comitato Fin Sardegna?
«Danilo è stato l’uomo giusto al momento giusto. Come Rari l’abbiamo sostenuto da subito perché ci ha convinto coi suoi programmi e con la sua capacità di unione e di sintesi. Sta facendo un percorso da grande presidente.»
Come concludere questa chiacchierata?
«Vorrei aggiungere un ultimo concetto. Ricordiamoci sempre che il fine della nostra attività è lo sport. Svolgiamo un ruolo sociale e di salute pubblica. Formiamo i ragazzi quanto e, a volte, più della scuola. Cerchiamo sempre di essere all’altezza di noi stessi e del compito che abbiamo scelto di portare avanti.»