La Cia Regionale Sardegna lancia l’allarme sulle nuove norme per il settore olivicolo introdotte dal Decreto “Disposizioni nazionali sui programmi operativi delle OP e AOP del settore dell’olio d’oliva e delle olive da tavola”, sottoposto all’intesa della Conferenza Stato-Regioni del 14 settembre 2022, e prima che il dispositivo sia approvato, chiede all’assessorato regionale dell’Agricoltura e al Consiglio regionale di intervenire per far modificare il provvedimento ed evitare che le aziende agricole coinvolte siano penalizzate.
Le disposizioni contenute nel Decreto sono in gran parte inapplicabili e rischiano di chiudere le porte dei finanziamenti comunitari e del credito alle imprese del comparto olivicolo.
In una lettera inviata ai rappresentanti della Regione, il presidente ed il direttore regionale di Cia Sardegna, Francesco Erbì ed Alessandro Vacca, spiegano le criticità del nuovo Decreto. «Con grande sconforto abbiamo appreso che sono state introdotte alcune modifiche che penalizzano il comparto e che vanificano mesi di serrato lavoro e di confronto. Durante la Conferenza Stato-Regioni del 14 settembre è stata espressa l’intenzione di considerare per il calcolo della prima annualità del valore della produzione commercializzata di olio, l’anno solare 2022 anziché l’anno 2021, introducendo un elemento di forte aleatorietà nella definizione dei futuri programmi operativi che andranno presentati già dal 10 ottobre».
Una disposizione chiaramente inapplicabile, «perché si chiede alle imprese di predisporre dei programmi operativi sulla base di dati che non sono né certi né controllati, in considerazione anche del fatto che l’anno al quale si dovrebbe fare riferimento non si è ancora concluso», spiega Cia Sardegna.
«Le imprese necessitano di regole certe e invece si troveranno in molti casi a programmare investimenti su risorse OCM con il rischio di doverle restituire, nonché di aggravio dell’attività amministrativa e di controllo e con la quasi certezza di rimodulazioni successive nell’allocazione delle risorse tra le oltre cento OP e AOP riconosciute. Si pensi anche alla difficoltà di ottenere le fidejussioni, e più in generale un supporto finanziario, in presenza di dati aleatori.»
Il quadro è reso ancora più complesso dalla scelta di considerare i contratti negoziati già dal 2023, ai fini del calcolo del valore della produzione commercializzata, di fatto contraddicendo gli obiettivi di aggregazione e crescita del settore alla base dell’OCM e del Piano Strategico Nazionale.
«È fondamentale che il provvedimento sia adottato nel più breve tempo possibile scongiurando il rischio dell’introduzione di norme inapplicabili che aggravano la già difficile situazione in cui il settore si trova, come tutta l’agricoltura italiana, nel fronteggiare gli effetti dell’attuale crisi.»