Da questa sera (venerdì 26) è in pista R-ESTATE A TEATRO, rassegna allestita nella Corte della Vetreria di Pirri, nel totale rispetto delle norme di sicurezza previste per gli eventi all’aperto. Domani, sabato 27 giugno, va ancora in scena, alle 21.30, RIVA LUIGI ’69 ’70. CAGLIARI AI DÌ DELLO SCUDETTO, produzione di Cada Die, di e con Alessandro Lay, che, fin dal suo debutto, ha ricevuto consensi convinti da pubblico e critica nell’Isola e nella Penisola.
Il monologo di Lay – luci e suono sono di Giovanni Schirru, il progetto sonoro di Matteo Sanna, le scene di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna, Giovanni Schirru, l’organizzazione di Tatiana Floris (racconti e suggerimenti di Mario Madeddu, Alessandro Mascia, Pierpaolo Piludu, Giovanni Schirru, consigli di Sandro Angioni e Sergio Albertini) – è dedicato a un’icona della storia, non solo sportiva, di Cagliari e dell’intera Sardegna: Gigi Riva, che è stato e rimane un mito del calcio nazionale, ancora di più in una stagione come questa, in cui si celebrano il centenario della nascita del Cagliari Football Club ed il cinquantenario della conquista dello scudetto. Gianni Brera – come è noto – soprannominò quel campione, arrivato giovanissimo nell’Isola da Leggiuno, “Rombo di tuono”, per la sua potenza, l’ardore agonistico e le eccellenti capacità di goleador.
Pier Paolo Pasolini, grande appassionato di calcio, scriveva: “Il gioco del football è un ‘sistema di segni’; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella ‘partita’, che è un vero e proprio discorso drammatico. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico… Riva gioca un calcio in poesia”.
«Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni – scrive nelle note di presentazione Alessandro Lay –. Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l’album della Panini e le partite ‘a figurine’ sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare. E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un’altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…»