Prima del Lockdown, la Decarbonizzazione nella produzione della Energia Elettrica, rappresentava uno degli argomenti centrali del dibattito politico e sociale della nostra Regione.
Intorno alla Decarbonizzazione e ai possibili scenari per realizzarla, si sono nel tempo susseguiti, interventi, dibattiti, convegni, incontri istituzionali, varie prese di posizione.
Tutti si sono dichiarati favorevoli, tutti hanno ritenuto l’obbiettivo indispensabile, molte sono state le ipotesi tracciate, tutte con un limite, i tempi di realizzazione, la coerenza tra questi e il termine ultimo, il 2025 confermato se pur con delle condizionali, anche nell’ultima stesura del PNIEC presentata alla fine del 2019.
Anche se non in modo dichiarato, di fatto si sono contrapposte e ancora si contrappongono due ipotesi, da una parte la Dorsale del metano, dall’altra il cavo di interconnessione con la Sicilia.
Le due infrastrutture rispondono a interessi diversi:
la prima unitamente a depositi costieri e rigassificatori, ha lo scopo di mettere la Sardegna nelle medesime condizioni nelle quali si trovano tutte le altre regioni di Italia e di permetterne quindi la Decarbonizzazione, in coerenza con le scelte che si sono fatte e si stanno realizzando nel resto d’Italia.
La Seconda, ammantata da una teorica terzietà di chi la dovrebbe realizzare, viene raccontata come indispensabile per l’efficienza e gestione in sicurezza della rete elettrica nazionale, utile per favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e quindi per la decarbonizzazione elettrica.
Un Grande Inganno che si realizza anche grazie alla incapacità di reazione della Politica Sarda e che approfitta del diffuso sentimento ambientalista per determinare la definitiva sudditanza energetica dell’Isola, il cospicuo ritorno economico di Terna, lo sviluppo delle produzioni elettriche della Sicilia.
Un Grande Inganno mal celato, i cui connotati sono rilevabili semplicemente osservando con attenzione i documenti disponibili, a partire da quelli emessi da Terna e ARERA.
Il Piano di Sviluppo della Rete di trasmissione Nazionale del 2020 presentato da Terna, evidenzia ad esempio che: «Le Analisi Costi Benefici (ACB) sono profittevoli in tutti gli scenari (**) analizzati e quindi di sostenere il costo».
Gli scenari qui richiamati, si legge nel documento, sono stati elaborati da un gruppo di lavoro Terna – SNAM, con la supervisione di ARERA, quindi non da un soggetto terzo (RSE) come per la Dorsale ma direttamente da chi intende realizzare l’investimento.
Perché questa differenza di approccio?
Un investimento di 3.7 miliardi di euro, incrementato di 1.1 miliardi di euro rispetto al Piano di Sviluppo 2018, nel Piano di Sviluppo 2019 non era neanche citato, si legge: «A seguito sia di approfondimenti ed indagini di mercato sui cavi, sia per l’introduzione dei fattori di incertezza specifici del progetto».
Il Cavo che ora più pomposamente viene chiamato Tyrrhenian Link, costerà dunque, per la sola realizzazione, 3.7 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti quelli derivanti dal Tasso di Remunerazione del capitale investito.
Un coefficiente, di cui nessuno parla e che oggi e sino al 2021 vale il 5,6% annuo e che remunera del capitale investito i soggetti che realizzano infrastrutture per la regolazione dei settori elettrico e gas.
Non è chiaro che valore assumerà il tasso di remunerazione nel 2025 e per i successivi 6 anni, ma certamente anche a guardarne la sua evoluzione storica, il valore sarà più alto di quello attuale.
Il Tyrrhenian Link costerà più di 5 miliardi di euro, sarà pagato dalla collettività, producendo reddito per chi lo realizza e esercisce, facendovi transitare l’energia elettrica prodotta in Sicilia, con la scusa di integrare le zone del Mercato Elettrico, che oggi evidenziano limiti per la sola Sicilia.
I Sardi, dunque, pagheranno sia in termini di mancata produzione sia in termini economici, l’integrazione del mercato elettrico della Sicilia.
Perché realizzare quest’opera?
Come mai il Piano di Sviluppo 2020, per il solo Tyrrhenian Link ipotizza una Entrata in Esercizio dal 2025, nonostante sia dichiarato ancora solo in fase di Studio?
Perché ad esempio, opere simili come il cavo HVDC CN-CS o il cavo Italia Tunisia, pur essendo nelle medesime condizioni di studio sono ipotizzati in esercizio nel 2030 e 2027?
Come è possibile che il SaCoI 3 il cui studio risale a oltre 3 anni fa e che oggi si trova in attesa di autorizzazione viene dichiarato in esercizio nel 2024?
Perché questa discrepanza di tempi e valutazioni, fra diversi progetti?
Come mai il per il Tyrrhenian Link i tempi sono coì stretti?
Probabilmente si vuol far credere che il cavo sarà disponibile alla data del Phase-Out del Carbone, per depotenziare le altre possibili alternative.
La Sardegna non ha bisogno del cavo, una infrastruttura costosissima che non produce nessuna ricaduta economica ed occupazionale.
Un investimento il cui immenso costo è dovuto alla tecnologia realizzativa del cavo e ai costi per la sua posa, che non produce indotto economico che non farà lavorare nessun operaio sardo, nessuna azienda locale.
A dire il vero Terna, timidamente inizia a dire che la data del 2025 è un’ipotesi, specifica che forse, per quella data, sarà realizzata l’interconnessione Campania Sicilia, esprime dubbi sulla effettiva possibilità di spegnere le centrali nel 2025 e forse anche nel 2028.
Insomma un Grande Inganno, che racconta di un futuro green, possibile grazie ad un cavo, che però non è certo che funzioni, non è certo che basti, non è certo che non debba essere accompagnato da produzioni tradizionali, relativamente alle quali però non si dice come dovrebbero essere alimentate.
Allo stesso modo si ribadisce, lo sostiene Terna ed è stato esplicitato nella SEN e nel PNIEC, che sono indispensabili rilevanti capacità di accumulo, si va dai 400 MW a 1 GW, a seconda dei contesti e degli scenari, ma sull’accumulo di energia, sulle possibilità offerte dai pompaggi idroelettrici o dalle produzioni P2G (Power to Gas), nessuno dice niente, nessuno chiede chiarimenti, nessuno chiede una indispensabile integrazione e modifica al Mercato Elettrico, che allo stato attuale, non solo non li remunera, ma per come è realizzato li disincentiva.
La Sardegna resta a guardare in parte ingessata dalla enorme incertezza, in parte incapace di determinare e/o pretendere una scelta.
I cittadini Sardi, mentre il resto d’Italia affronta la decarbonizzazione con alcuni punti fermi, capaci di generare miglioramenti ambientali e possibili sviluppi, deve attendere e sperare.
Colpevolmente questa attesa viene riempita di sé e di ma, di promesse e di strabilianti ipotesi che nei fatti non potranno realizzarsi.
Deve, senza sé e senza ma, essere realizzata la dorsale, il governo deve richiamare le grandi aziende nazionali prime fra tutte l’ENI e l’ENEL affinché si impegnino per realizzare gli investimenti necessari per garantire lo sviluppo dell’accumulo, rigassificazione e utilizzo del Metano.
Uscire dalla difficile situazione in cui ci troviamo dopo la Pandemia Covid-19, che ha aggravata quella ormai storica del territorio di Sassari, è possibile.
Con coraggio il Governatore Solinas, deve chiedere che il Governo Conte pretenda che i giganti industriali Italiani producano ricchezza per il paese, riducano i dividendi per gli azionisti e usino quelle risorse per rilanciare e far finalmente partire l’economia Isolana.
Non serve un Cavo per salvarci, il cavo affosserà la nostra economia, alle innumerevoli produzioni ormai importate in Sardegna, si aggiungerà anche quella elettrica, oggi di qualità.
Chi sostiene il contrario produce un Grande Inganno che va svelato e combattuto.
Massimiliano Muretti
Segretario CGIL – CdLT Sassari
con delega all’industri