Un piccolo frammento di membrana amniotica della dimensione di poco più di 1 mm che, impiantato su un foro formatosi nella parte più nobile della retina, la macula, consente di richiuderlo e permette al paziente di migliorare la capacità visiva. La patologia dell’occhio che provoca questo difetto è conosciuta come “foro maculare” ed è particolarmente invalidante per l’acuità visiva. A essere danneggiata è, appunto, la macula, la zona più importante della retina, quella che ci permette la visione dei dettagli e dei particolari.
Nei giorni scorsi i chirurghi della Clinica Oculistica dell’Aou di Sassari, diretta dal professor Antonio Pinna, hanno realizzato questo impianto su una paziente di 60 anni, che aveva sviluppato un foro maculare di grandi dimensioni dopo due interventi per distacco di retina.
«Il foro maculare è una patologia perlopiù idiopatica – afferma il direttore della struttura – perché le cause legate alla sua formazione non sono ben note. Tuttavia, alcuni indizi suggeriscono che la trazione vitreomaculare può essere un elemento patogenetico importante. I fori maculari idiopatici sono più comuni nelle donne al di sopra dei 55 anni di età. Non mancano casi nei quali il fenomeno si verifichi anche a causa di un evento post traumatico o di miopia elevata.»
«Un buco che deve essere eliminato quanto prima – fa notare il docente – e, talvolta, quando le dimensioni del foro sono ampie viene fatto attraverso l’impianto di un tessuto autologo del paziente. Ricordiamo, però, che non tutti i fori devono essere operati. Alcuni, quelli in formazione (impending macular holes), hanno la capacità di chiudersi da soli e vanno, dunque, semplicemente monitorati nel tempo.»
Nel caso della donna di 60 anni, invece, è stato impiantato un patch di tessuto amniotico di piccole dimensioni, un frammento circolare di 1,5 mm.
L’intervento, che ha avuto la durata di un’ora circa, è stato realizzato dall’équipe chirurgica composta dalla dottoressa Valeria Turtas e dal dottor Marco Salvo.
L’operazione è consistita in una revisione di vitrectomia con impianto di un “patch” (frammento tissutale) di membrana amniotica e tamponamento con gas. Con questa particolare tecnica – che è eseguita in pochi altri centri in Italia – viene apposto il tessuto biologico, proveniente da una mamma donatrice, al fine di chiudere il foro.
Il patch è stato impiantato attraverso un intervento di chirurgia microscopica.
L’operazione viene eseguita attraverso un microscopio operatorio, l’ausilio di lenti di ingrandimento e l’impiego di micropinze.
Il paziente colpito da questa patologia presenta un importante calo della vista e un difetto del campo visivo centrale. La riduzione della vista può diventare sempre più grave se non si interviene chirurgicamente per tempo.
Il paziente quindi ha un visus molto basso (inferiore a 1/10), perde la visione centrale e lamenta la presenza di una macchia scura al centro dell’occhio. La visione periferica, invece, continua a funzionare.
Nel caso specifico, «la signora – spiegano dalla Clinica oculistica – aveva avuto un distacco della retina che era stato risolto. Si era successivamente presentato, però, un evento raro e inaspettato, la formazione appunto di un foro a livello maculare. In questo caso, era già stato eseguito un peeling, cioè l’asportazione della membrana limitante interna. In assenza di questo fondamentale tessuto, di solito impiegato per la chiusura di un foro di grandi dimensioni, abbiamo impiantato un tessuto di membrana amniotica fornita dalla Banca degli Occhi del Veneto».
La paziente ha quindi fatto rientro a casa e, adesso, dovrà osservare un periodo di riposo. Si dovrà consentire l’assorbimento della bolla di gas, utilizzata per posizionare il tessuto e tenere uniti i bordi del foro maculare.
La bolla di gas quindi si ridurrà di dimensione e lascerà spazio al liquido che l’occhio produce naturalmente.
In questo periodo è sconsigliato sottoporsi a particolari sforzi fisici, truccarsi gli occhi e strofinarli, nonché fare attività natatoria.