È una patologia che spesso non è riconoscibile immediatamente, che può avere forme benigne mentre, in altre occasioni, può avere evoluzioni più gravi. Si tratta della malattia di Parkinson che costituisce la seconda patologia neurodegenerativa dopo la malattia di Alzheimer, con una prevalenza stimata di circa il 2% nella settima decade di vita. In Sardegna si stima possano esserci tra i 5mila e i 6mila pazienti, mentre in Italia si stimano circa 230mila pazienti. Sono numeri importanti di una malattia che presenta anche costi sociali elevati.
La diagnosi quindi la ricerca delle cause che hanno provocato la malattia, la terapia farmacologica, la sopravvivenza, le cause del decesso sono state al centro della conferenza web che si è svolta questa mattina, in occasione della Giornata nazionale del Parkinson che si celebra ogni anno il 25 novembre, in collaborazione con la Limpe Parkinson. A incontrare on line il pubblico è stato il professor Paolo Solla, direttore della Neurologia dell’Aou di Sassari.
«È una patologia che colpisce maggiormente il stesso maschile – ha detto il docente sassarese – e colpisce chiaramente persone in età avanzata. Per questo, entro il 2030, in considerazione del crescente invecchiamento della popolazione i numeri sono destinati a raddoppiare. Si registrano, però, casi di esordi precoci della malattia, anche prima dei 50 anni, associata a una suscettibilità familiare e altre comorbilità.»
Le cause potrebbero essere di tipo genetico e ambientale, come l’utilizzo di farmaci e l’inquinamento. «La genetica è un cantiere aperto – ha detto Paolo Solla – e a volte è possibile riscontrare malattie sovrapponibili al Parkinson, altre volte completamente diverse.»
Il professore quindi ha ricordato che la malattia di Parkinson viene classificata nell’ambito dei disordini del movimento e presenta tre segnali di riconoscimento al suo esordio: la lentezza dei movimenti (bradicinesia), rigidità degli arti e del tronco quindi il tremore a riposo. Il tutto associato a un quadro di instabilità posturale, con il busto proteso in avanti.
«Ma la malattia inizia molti anni prima dei segni clinici tipici – ha detto ancora Paolo Solla – con problemi legati al sonno, all’olfatto, alla stitichezza e alla regolazione pressoria arteriosa». Viene associata anche a disturbi non-motori, compresi quella della sfera neuropsichiatrica quali apatia, ansia e depressione.
E se l’aspettativa di vita con gli interventi farmacologici è praticamente sovrapponibile, se non in casi particolari, a quella della popolazione in generale, il problema è la qualità di vita. «Dobbiamo preoccuparci anche di questo – ha ribadito Paolo Solla – perché non si tratta solo di un dato di sopravvivenza. Quello che dobbiamo sicuramente migliorare è la qualità di vita dei pazienti».
Questo implica quindi un approccio anche di tipo olistico che, però, non prescinda dal trattamento farmacologico. «L’approccio alla malattia di Parkinson è globale – ha ricordato ancora Paolo Solla – farmacologico, riabilitativo, ma si deve anche pensare a un approccio sul versante sociale e psicosociale. Quindi è importante che ci sia una strategia condivisa, che non sia solo volta al mero del trattamento farmacologico, che è importantissimo e fondamentale, ma non può essere il solo». Un esempio è il progetto di attività fisica preventiva adattata che ha visto la collaborazione di associazioni sportive, Università di Sassari, Azienda ospedaliero universitaria e l’Asl.
Alcuni di questi temi, e in particolare la problematica su “come ottimizzare la gestione delle fluttuazioni motorie, non motorie e dei sintomi ansio-depressivi“, sono stati, infine, al centro del corso convegno organizzato dalla Neurologia che, nei giorni scorsi all’hotel Grazia Deledda di Sassari, ha visto la partecipazione di specialisti in neurologia, geriatria, psichiatria, medicina generale (medici di famiglia), medicina fisica e riabilitazione. Un incontro che si è tradotto in una vera e propria occasione per un approfondimento specifico.
All’incontro sono intervenuti esperti nel settore provenienti dalle aziende del servizio sanitario della Sardegna (Aou Sassari, ASL Sassari) delle Università di Sassari e Cagliari e dall’Istituto Besta di Milano.