Oltre mezzo secolo fa partiva il sogno di sviluppo che avrebbe dovuto trasformare radicalmente, con i suoi insediamenti industriali, il cuore dell’Isola. Dare alla Sardegna una nuova idea sociale ed economica, per sradicare lo stato di malessere, con interventi multimiliardari e la creazione di 15mila posti di lavoro. Un polo chimico, e non solo, finanziato dallo Stato.
La Media Valle del Tirso e le sponde del Tirso, tra i territori di Ottana e Bolotana, un auspicato crocevia di sviluppo per tutto il centro Sardegna. Si sbanca il territorio e si sogna in grande, anzi si favoleggia, e nei dati e programmi del Consorzio di Sviluppo della Sardegna Centrale appaiono cifre, con futuribili esaltanti risultati occupazionali, da far scomparire e “annebbiare” anche le legittime motivazioni dei contrari allo sviluppo industriale petrolchimico, già considerato investimento a “tempo” e inappropriato logisticamente.
Le cifre occupazionali prospettate narravano, con la legittimazione di gran parte dell’informazione sarda in “quota industriali” e una classe politica asservita ai “magnanti” della grande economia, di 3.800 occupati alla Fibra, 700 alla Chimica del Tirso, 750 nella Metallurgica del Tirso dei lombardi Fratelli Orsenigo, 5.000 nelle creature di Nino Rovelli, 150 nell’Intersol, 2.500 nella Sartex… E ancora, l’Agglomerato Industriale di Sologo e le diversificate prospettive occupazionali nei territori di Macomer e Suni. Un crescendo abbagliante… che ora è già storia industriale.
E appunto con DOPO IL FUTURO 2.0, secondo appuntamento all’ISRE a cura dell’IBIS, APS ArKaosfilm e Ordine dei Medici di Nuoro, si è fatto il punto sulle tante vicende e vicissitudini legate alla fine del sogno industriale nella Media Valle del Tirso e, nello specifico, dibattuto di equilibrio tra lavoro, inquinamento ambientale e salute; dell’irrisolta questione delle bonifiche post industriali e dell’incidenza di tumori e mortalità di ex dipendenti e di residenti nelle aree limitrofe all’insediamento petrolchimico.
Il gruppo di lavoro, composto dalla professoressa Lisetta Bidoni, dalla dottoressa Maria Giobbe, il regista Antonio Sanna e con il patrocinio dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico ed attiva presenza del presidente Stefano Lavra, ha fortemente voluto dar seguito ad un rinnovato incontro, per approfondire e valutare le riflessioni scaturite alla proiezione del DocuFilm “Dopo il futuro” e poter così conoscere le interrelazioni, criticità e possibile convivenza equilibrata all’interno delle dinamiche che intercorrono tra lavoro, salute, ambiente. Ribadito il diritto-fondamentale collettivo alla salute, elemento fondante degli stessi articoli costituzionali, e valore da non sacrificare dannosamente in “subalternità” all’occupazione o all’economia. La salute come salvaguardia primaria di qualità ed integrità per la persona e il territorio.
Per focalizzare meglio le tematiche correlate alle questioni ambientali e della salute, ed introdurre le relazioni ufficiali di Rosa Maria Caliandro (Medicina democratica), di Sabina Contu (Associazione Italiana Esposti Amianto – AIEA) e Domenico Scano (Medici per l’ambiente – ISDE), è stato proiettato un “estratto” di fondamentali testimonianze del film Senza passare dal VIA (2016) di Antonio Sanna e Umberto Siotto; tredici minuti di immagini che sono il sunto puntuale sull’eredità lasciata dal polo industriale di Ottana sull’area della Sardegna centrale.
La dottoressa Rosa Maria Caliandro si è rivolta direttamente ai tanti giovani presenti, studenti delle scuole superiori di Nuoro, invitandoli ad approfondire la conoscenza delle tematiche proposte nell’incontro. Argomentando, attraverso riferimenti storici e studi, ha evidenziato come le malattie siano causate, per larga percentuale, dall’interazione tra l’uomo e l’ambiente; in un chiaro e lineare discorsivo saggio sull’epidemiologia ha inserito le nuove consapevolezze per la tutela della salute nei luoghi di lavori e l’impegno dei medici per l’educazione sanitaria e cultura della prevenzione che passa anche in sane abitudini alimentari, test di screening, controlli specifici. In merito alle problematicità emerse nell’area di Ottana non ha minimizzato le tante carenze e sottolineato che “colpevolmente si è sovrapposta la salute al lavoro”.
L’avvocatessa Sabina Contu, con un accorato e coinvolgente intervento, ha spiegato ai giovani cosa sia stato e abbia rappresentato il sogno di Ottana per tanti lavoratori e per l’intero territorio del centro dell’Isola, ma anche la dura e sofferta lezione di vita, per tanti estrema!, segnata dal contatto con l’amianto, sostanze chimiche ed i diversi elementi di quotidianità lavorativa, determinanti per la frequenza di gravi malattie. La lotta dell’AIEA, per far riconoscere l’origine di malattie irreversibili, e riconducibili solo agli ambienti di lavoro, si è dovuta infrangere e combattere spesso contro un muro di gomma. Il testamento di Ottana, proprio in memoria di quanti non ci sono più e delle loro vedove, deve far riflettere e portare all’obiettivo di maggiori consapevolezze sanitarie, al diritto alla salute pubblica per tutti; dunque, l’uomo al centro, in un contesto di salute e ambiente, anche in questi territori “malati da bonificare e risanare”.
Il dottor Domenico Scano ha esordito col proporre una occasione di profonda riflessione sulle questioni sanitarie e ambientali della Sardegna, una occasione da cogliere “per fare coscienza e conoscenze”. Lo scenario sardo è custode di svariate condizioni e situazioni, con zone critiche, in conseguenza di scelte strategiche economiche e industriali che collocano l’Isola tra “gli inquinatori del pianeta”.
Le problematiche sono rappresentate da aree inquinate (La Sardegna è la regione più inquinata e un sardo su tre vive in un sito contaminato, contro una media italiana di uno su sei). Dai dati forniti dal dottor Domenico Scano e rappresentati visivamente con schede, risulta che «la Sardegna è oggi tra i maggiori produttori di CO2 se si considera che con i suoi 847 grammi di CO2 per Kwh prodotto, affianca India, Cina e Australia, considerati tra i principali inquinatori del pianeta e dei suoi ecosistemi…». Ed ancora, con 12,11 t/abitante, al primo posto nazionale per emissioni gas serra! Se aggiungiamo le servitù militari e pensiamo a quanto relazionato nel 2019 da Gian Piero Scanu, presidente IV Commissione Parlamentare, il futuro della nostra Terra Sarda non è certo roseo… ma uranio! In un convegno si affermava: «I rischi ambientali non sono confinati dentro le mura delle caserme o dei poligoni, ma possono espandersi a danno dell’intera comunità, sino ad assumere le dimensioni del disastro ambientale che dura nel tempo».
All’ISRE si è parlato anche di una transizione ecologica che non può essere nemica del suolo e dei suoi abitanti. Drammatici i dati di riferimento regionale, periodo 2012-2017 e suddivisi per distretti Asl, sulla mortalità per tumori: numeri assoluti apicali di decessi nei comuni di Bono, Illorai e Ottana, area immediata del polo industriale petrolchimico.
A conclusione delle relazioni e dei documenti filmati, che hanno rivelato il disastroso impatto ambientale-sanitario da cause industriali, nella Media Valle del Tirso e in diverse realtà isolane, il dibattito si è infervorato con i numerosi interventi di ex operai, tecnici, docenti, rappresentanti di Progetto per Nuoro e del neoeletto consigliere regionale Giuseppe Dessena. Significative le mirate e precise questioni, poste dagli studenti come “lame taglienti”, che hanno reclamato delucidazioni sui perché di queste estreme situazioni di inquinamento raggiunto, mentre l’idea diffusa e circolante è quella di un’Isola sana e di centenari; richiesta chiarezza e definizioni su energie rinnovabili, su combustibili fossili e sulle possibilità di bonifica dei siti di interesse regionale e nazionale.
Questa è la Sardegna a un bivio e con l’inappellabile necessità di operare scelte di futuro in modelli di sviluppo che mettano al primo posto la qualità della vita e nel coltivo potenziale delle proprie risorse. È un auspicio… o un altro sogno?
Cristoforo Puddu