Empatia, movimento e tanta poetica hanno caratterizzato nel weekend a Sassari gli spettacoli di Versiliadanza, Borderline e BTT, emozionando il pubblico numeroso di “Primavera a Teatro”. In sala Estemporada un gran numero di spettatori ha applaudito le rappresentazioni tersicoree «capaci di racchiudere in sé – nelle parole della direttrice artistica Livia Lepri – un mondo espressivo dalle mille sfaccettature quanto quelle di un diamante. Mi piace questo format in cui la brevità degli spettacoli in successione può essere apprezzata proponendo un concetto chiaro dall’inizio alla fine».
In “EN PATHOS – sentirsi sentiti” di Versiliadanza i due coreografi e ballerini Valentina Sechi e Luca Tomao hanno messo in scena un dialogo di corpi, percorsi da armonie e rifiuti. «Cerchiamo diversi modi di approccio all’altro – ha affermato la coppia – fatti di silenzi, contrasti e sovrapposizioni di voci. In cui la solitudine di uno viene interrotta dalla ricerca talvolta maldestra dell’altro. Con l’obiettivo, appunto, di sentirsi-sentiti”. Rapporto a due anche in “Sustraiak” di Bordeline danza, sintesi coreutica di una crescita naturale, dal seme alla pianta, in una interlocuzione che man mano trasfigura il vegetale nella dimensione umana.
«La base di partenza – spiegano i due performer Maite Rogers Gastaka e Alessandro Esposito – è stata quella ecologista per poi trovare un collegamento con l’uomo e la donna. La nostra intenzione era rappresentare una forza che si sprigiona verso l’alto e trasmette la vita.»
A chiudere la serata il duetto di “Gone Flowers” del Balletto Teatro di Torino per la coreografia di Josè Reches. Luca Tomasoni e Luis Agorreta emergono da mucchi di terriccio legandosi e avvinghiandosi lungo una trama di estrema fisicità tra parole interrotte e canzoni che preludono e alludono alla fine. «Si parla di radici – spiega Viola Scaglione, direttrice artistica della compagnia – di terra, di cosa vuol dire starci sotto e sopra, di memoria e sogni. In “Gone Flowers” i due interpreti si contrappongono ma sono pure alla continua ricerca di una sincronia. Perché la comprensione dell’altro è anche accettare quello che dell’altro mi fa specchio.»