Due pensionati gavoesi, Pietro Pira e Salvatore Buttu, rispettivamente di 70 e 67 anni, hanno ridato nuovo lustro allo storico orologio della chiesa parrocchiale di Gavoi.
Un simbolo del paese che inizia la sua storia nella seconda metà dell‘ottocento, quando i lecci e le sugherete della località Sa Matta vennero sacrificate. Le piante furono bruciate e con i proventi della cenere, venduta a Marsiglia per la produzione del noto sapone, nel 1871 da Antonio Chessa Senes di Osilo si acquistò un orologio da sistemare nella chiesa parrocchiale.
Un orologio che funzionò regolarmente per circa 100 anni, fino alla sostituzione di un apparecchio elettrico all’inizio degli anni ‘70. In un primo momento, la carica aveva una durata di 24 ore mentre in una seconda fase, a causa di problemi strutturali venne ridotta a 12 ore.
L’ingegnoso macchinario finì dopo diversi anni ingloriosamente depositato prima nei locali comunali e in seguito nella loggia della Casa Porcu-Satta, immobile ed inoperoso.
I due volontari, dopo che nella primavera del 2019 vennero a conoscenza della presenza di quel che era rimasto dell’orologio, chiesero l’autorizzazione al sindaco Giovanni Cugusi e lo trasferirono nel laboratorio privato di Pietro Pira che, accompagnato da Salvatore Buttu, ha preso in mano questo oggetto e per un mese intero lo ha osservato per carpirne i segreti del funzionamento.
I due lo ripulirono e lo smontarono pezzo per pezzo, cercando di riprodurre la costruzione fatta a mano dall’artigiano Antonio Chessa Senes, recuperando le filettature ed i bulloni.
Venuti a conoscenza che a Ploaghe c’era un altro esemplare costruito dallo stesso orologiaio, i due si recano nel centro anglonese per esaminare l’orologio Una volta osservati e fotografati i pezzi mancanti, questi sono stati riprodotti fedelmente in laboratorio e assemblati al resto del meccanismo.
I due volontari, a lavori ultimati, hanno infine voluto regalare alla comunità questo bene dal valore identitario inestimabile.
«L’Amministrazione comunale, che con l’Associazione Turistica Pro Loco ha promosso i lavori di recupero –dice il sindaco, Giovanni Cugusi – accoglie con entusiasmo il regalo di Pietro e Salvatore, due volenterosi cittadini che hanno messo a disposizione le loro competenze e il loro tempo per restituire un bene identitario alla comunità. Con lo stesso slancio e passione mostrati dai nostri compaesani – prosegue il primo cittadino – ci siamo posti l’obiettivo di dare una nuova collocazione all’antico manufatto, che dal 30 luglio scorso è stato installato nell’atrio del Municipio, al primo piano. Sottratto all’incuria e ad un ingeneroso dimenticatoio, l’orologio potrà essere così ammirato da tutti coloro che visitano la casa comunale. Non potrà più segnare le ore come un tempo e scandire le giornate dei lavoratori delle campagne e delle botteghe ma potrà essere ammirato nel suo funzionamento grazie a una carica dimostrativa da un quarto d’ora. I gavoesi per la costruzione di questo manufatto si privarono di un bene inestimabile come il bosco di Sa Matta e anche per questo era doveroso recuperare e conservare quest’opera dell’ingegno. Si sa, il tempo non dimentica e così, idealmente, s’arrellozu batte ancora i suoi colpi e il ritmo cadenzato di una comunità solidale.»
Antonio Caria
Un simbolo del paese che inizia la sua storia nella seconda metà dell‘ottocento, quando i lecci e le sugherete della località Sa Matta vennero sacrificate. Le piante furono bruciate e con i proventi della cenere, venduta a Marsiglia per la produzione del noto sapone, nel 1871 da Antonio Chessa Senes di Osilo si acquistò un orologio da sistemare nella chiesa parrocchiale.
Un orologio che funzionò regolarmente per circa 100 anni, fino alla sostituzione di un apparecchio elettrico all’inizio degli anni ‘70. In un primo momento, la carica aveva una durata di 24 ore mentre in una seconda fase, a causa di problemi strutturali venne ridotta a 12 ore.
L’ingegnoso macchinario finì dopo diversi anni ingloriosamente depositato prima nei locali comunali e in seguito nella loggia della Casa Porcu-Satta, immobile ed inoperoso.
I due volontari, dopo che nella primavera del 2019 vennero a conoscenza della presenza di quel che era rimasto dell’orologio, chiesero l’autorizzazione al sindaco Giovanni Cugusi e lo trasferirono nel laboratorio privato di Pietro Pira che, accompagnato da Salvatore Buttu, ha preso in mano questo oggetto e per un mese intero lo ha osservato per carpirne i segreti del funzionamento.
I due lo ripulirono e lo smontarono pezzo per pezzo, cercando di riprodurre la costruzione fatta a mano dall’artigiano Antonio Chessa Senes, recuperando le filettature ed i bulloni.
Venuti a conoscenza che a Ploaghe c’era un altro esemplare costruito dallo stesso orologiaio, i due si recano nel centro anglonese per esaminare l’orologio Una volta osservati e fotografati i pezzi mancanti, questi sono stati riprodotti fedelmente in laboratorio e assemblati al resto del meccanismo.
I due volontari, a lavori ultimati, hanno infine voluto regalare alla comunità questo bene dal valore identitario inestimabile.
«L’Amministrazione comunale, che con l’Associazione Turistica Pro Loco ha promosso i lavori di recupero –dice il sindaco, Giovanni Cugusi – accoglie con entusiasmo il regalo di Pietro e Salvatore, due volenterosi cittadini che hanno messo a disposizione le loro competenze e il loro tempo per restituire un bene identitario alla comunità. Con lo stesso slancio e passione mostrati dai nostri compaesani – prosegue il primo cittadino – ci siamo posti l’obiettivo di dare una nuova collocazione all’antico manufatto, che dal 30 luglio scorso è stato installato nell’atrio del Municipio, al primo piano. Sottratto all’incuria e ad un ingeneroso dimenticatoio, l’orologio potrà essere così ammirato da tutti coloro che visitano la casa comunale. Non potrà più segnare le ore come un tempo e scandire le giornate dei lavoratori delle campagne e delle botteghe ma potrà essere ammirato nel suo funzionamento grazie a una carica dimostrativa da un quarto d’ora. I gavoesi per la costruzione di questo manufatto si privarono di un bene inestimabile come il bosco di Sa Matta e anche per questo era doveroso recuperare e conservare quest’opera dell’ingegno. Si sa, il tempo non dimentica e così, idealmente, s’arrellozu batte ancora i suoi colpi e il ritmo cadenzato di una comunità solidale.»
Antonio Caria