Lo scopo della Caritas è quello di promuovere la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme che sono attinenti e ai bisogni inerenti lo sviluppo dell’uomo ma, soprattutto, volgendo una particolare attenzione agli ultimi.
Abbiamo rivolto alcune domande al delegato Caritas regionale dal mese di giugno 2023 su nomina della Conferenza Episcopale Sarda don Marco Statzu, nonché direttore della Caritas diocesana di Ales-Terralba, parroco di un piccolo borgo agricolo a Sa Zeppara (Guspini) e docente di Antropologia Teologica e di Storia della teologia nella Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.
Qual è il ruolo di un delegato Caritas?
Il delegato della Caritas Regionale Sardegna è una figura prevista dallo statuto della Caritas Italiana, come un tramite tra il livello nazionale e quello regionale, la delegazione appunto, che raggruppa i direttori di tutte le Caritas diocesane ed è presieduta da uno dei vescovi sardi (attualmente mons. Antonello Mura, vescovo di Nuoro e di Lanusei e presidente della CES).
Non è un superdirettore, ma semplicemente il coordinatore di alcuni servizi che aiutano le Caritas diocesane a lavorare meglio, in particolare sul tema della promozion, della formazione degli operatori, della promozione umana e dell’attenzione alla mondialità.
Le Caritas diocesane sono l’organismo ecclesiale delle Chiese locali per l’attenzione alla carità.
Viene in mente l’elemosiniere di Papa Francesco...
Grazie per l’accostamento, ma il delegato regionale non svolge quella funzione, perché la Caritas Sardegna è principalmente una struttura di servizio e di coordinamento di alcuni aspetti dell’azione pastorale per tutte le Caritas diocesane. Al di là della funzione del delegato Caritas, la Chiesa si impegna nella testimonianza della carità seguendo il mandato di Gesù risorto. I primi testimoni di questa carità sono i vescovi, i quali, come ci ricordano gli atti degli apostoli, esortavano i credenti alla carità reciproca, organizzavano collette per i poveri, si premuravano di assistere le vedove e gli orfani e, soprattutto, la comunità cristiana attuava la condivisione dei beni, in modo che nessuno fosse bisognoso. La Carità quindi per il cristiano non è semplice elemosina, ma condivisione: di tempo,di energie,di competenze e anche di beni.
La politica sarda è attenta rispetto rispetto al problema dei più indigenti e in che misura può dare un contributo?
La Regione Sardegna nel 2017 ha varato una legge che prevede un sostegno annuale in forma di contributo a fronte di rendicontazione di spese effettivamente sostenute in favore di persone bisognose. Attraverso questo contributo è possibile sostenere l’opera dei dormitori, delle mense, dei doposcuola, della distribuzione di generi di prima necessità, del pagamento di utenze per persone che hanno difficoltà, in tutte le Caritas diocesane della Sardegna. È un contributo variabile di anno in anno, perché viene approvato nella Legge Finanziaria annuale (normalmente si attesta sul milione di euro per tutta la Sardegna). Certo è una goccia in mezzo al mare dei bisognosi, ma è pur sempre qualcosa. Non dobbiamo poi dimenticare che la Regione attua una politica sociale in favore delle persone emarginate ed escluse. Queste misure passano attraverso i Servizi Sociali Comunali e i PLUS, con cui le Caritas diocesane spesso lavorano in sinergia nel rispetto della reciproca autonomia.
Che cosa si può fare di più e soprattutto la figura di monsignor Giuseppe Baturi, vescovo di Cagliari, nonché vice segretario della CEI, in che misura può incidere nella misura in cui riesca ancora di più a coinvolgere le Istituzioni e la Società Civile?
La Caritas ha per statuto il compito di promuovere la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (art. 1). Questo significa che non possiamo limitarci ad assistere le persone bisognose nelle loro necessità più urgenti, ma abbiamo il compito di andare alla radice dei problemi, anche attraverso l’analisi attenta della realtà (in Sardegna da quasi vent’anni la Caritas pubblica un rapporto sulla povertà con dati statistici rilevati nei nostri centri d’ascolto sparsi in tutta l’isola) e una funzione di advocacy, di dare voce a chi non ha voce, sensibilizzando la comunità cristiana e tutta la società sui temi della promozione umana.
A volte si pensa che la Caritas sia un ente di beneficenza, ma chi conosce il Vangelo sa perfettamente che non esiste Cristianesimo se non dentro un contesto storico ,sociale, politico: il Crstianesimo è incarnazione, adesione alla realtà e testimonianza di Cristo risorto significa anche avere a cuore i poveri. E oggi i poveri sono anche le donne sole con figli, i giovani che non studiano e non lavorano, gli anziani soli. Sono coloro che hanno perso la speranza e si lasciano andare. Noi cerchiamo di restituire speranza e dignità alle persone, in nome del Vangelo.
Armando Cusa