E’ iniziato stamane, in Consiglio regionale, l’esame della proposta di riforma del sistema sanitario.
La seduta è stata aperta dal presidente Michele Pais. Il presidente ha dato lettura della sentenza cui è stato dichiarato ineleggibile Luigi Piano (Pd) attivando la procedura di sostituzione a favore di Rossella Pinna. La Giunta delle elezioni ha deliberato in modo conforme.
Il Consiglio ha poi iniziato l’esame dell’ordine del giorno con il Testo unificato n. 112-121/A – Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia. Abrogazione delle leggi regionali n. 10 del 2006, 23 del 2014 e 17 del 2016 e di ulteriori norme di settore.
Il relatore di maggioranza Domenico Gallus (Udc-Cambiamo) ha ricordato che tutte le audizioni svolte dalla commissione hanno espresso in modo concorde un parere negativo sull’esperienza dell’Ats e, in parte, sul ruolo di Ares, per motivi analoghi, anche se la legge prevede sul punto un organismo di raccordo fra la stessa Ares e le Asl. Proseguendo nell’analisi delle audizioni, il relatore ha citato la posizione dell’Anci a favore di una rispondenza fra sistema sanitario e territori, dei sindacati, contrari ad una visione aziendalistica e per la valorizzazione del personale ed il potenziamento dell’Aou di Cagliari attraverso la fusione con gli ospedali Oncologico e Microcitemico in modo da consentire all’Università di “centrare” gli standard nazionali migliorando le proprie posizioni. Su questo punto – ha precisato Domenico Gallus -, la commissione ha svolto un supplemento di istruttoria con nuove audizioni, registrando posizioni contrapposte e rimettendo la decisione finale all’Aula sulla base di una relazione illustrativa dell’assessorato, così come sarà il Consiglio a decidere sul centro di chirurgia robotica che potrà essere collocato presso l’ospedale marino di Alghero. Rispetto al testo iniziale, ha aggiunto il presidente della commissione, sono stati presentati 80 emendamenti che la stessa commissione, anche grazie al contributo dell’opposizione, ha esaminato con sollecitudine, approvandone alcuni, mentre altri sono stati ritirati. Quanto al parere del Cal, che è stato critico definendo la riforma poco coraggiosa – secondo Domenico Gallus – si è trattato di una posizione eccessiva perché in realtà le istanze dei territori saranno tenute in grande considerazione. La riforma che stiamo proponendo – ha concluso Domenico Gallus -, è per noi più aderente a bisogni della popolazione, conserva alcuni aspetti positivi del sistema precedente, individua un nuovo modello gestionale di alcuni processi con l’Ares e pone le basi per un programma di investimenti e di manutenzioni per gli ospedali.
Il capogruppo del Pd Gianfranco Ganau, relatore di minoranza, ha parlato di una legge essenziale su un tema essenziale come il diritto alla salute ma questa centralità si scontra con la mancanza di quell’ ampia consultazione che sarebbe stata necessaria, e che era stata annunciata in campagna elettorale insieme agli stati generali della Sanità, per cui ha ragione il Cal che nel suo parere denuncia l’allontanamento della Regione da problemi dei cittadini tranne che per gestione posti di potere. Quella del Cal – ha precisato Gianfranco Ganau -, è anche la nostra posizione, perché la legge non tocca la qualità assistenza, non risolve le carenze del sistema ma le aggrava, prevede una gestione ordinaria, torna indietro senza una analisi di quello che sarebbe stato necessario correggere, ripropone sotto altre forme l’Ats (che forse ha ecceduto nella centralizzazione) senza nemmeno pensare a concedere più autonomia ai manager assegnando loro un budget. Evidentemente – ha osservato Gianfranco Ganau -, non tutto era da buttare tanto è vero che la stessa Ares sarà chiamata ad occuparsi di acquisti, personale, formazione, gestione economico finanziaria, rapporti con la sanità privata, senza dimenticare i risultati che ci sono stati (12 ml annui di risparmio). In sintesi, a fronte di alcune finalità condivisibili, a parere di Gianfranco Ganau la riforma non tocca i nodi del sistema, territorio, rete ospedaliera e prevenzione, rinvia ad altre leggi, moltiplica le aziende da 6 a 14, prevede 48 nuove figure apicali e spende complessivamente 3.5 milioni all’anno in più. Inoltre, ha concluso, ci vorrà molto tempo perché vada a regime, il contrario di quanto sarebbe stato necessario per i cittadini, soprattutto nel dopo-pandemia.
Il capogruppo della Lega Dario Giagoni, sull’ordine dei lavori, ha ricordato la presenza sotto il palazzo del Consiglio dei lavoratori avventizi dei consorzi di bonifica, invitando la presidenza ad organizzare un incontro degli stessi con i capigruppo, appena possibile.
Il vice presidente Giovanni Antonio Satta ha assicurato che il problema sarà esaminato con il presidente.
Il consigliere sardista Stefano Schirru ha affermato che finalmente parte la “riforma delle riforme” che mette fine alla gestione disastrosa (come hanno detto tutti) dell’Ats voluta dal centro sinistra, che ha dato ai sardi meno prestazioni, più liste d’attesa, più burocrazia e meno qualità. Noi – ha garantito Stefano Schirru -, non abbiamo verso la sanità un approccio ideologico e siamo aperti ai contributi di merito, perché siamo convinti che i cittadini abbiano diritto a buona sanità. La Sardegna, ha ricordato il consigliere, è regione molto vasta e poco popolata con bisogni sanitari specifici per cui era impensabile immaginare un organico unico di gestione, serve invece prossimità e sussidiarietà e questa riforma ha il merito di tenere queste cose insieme, territorio, condivisione delle decisioni per acquisti, gare e contratti, l’ospedale Brotzu come riferimento regionale, l’Areus che dovrà specializzarsi ancora, il riconoscimento del ruolo delle Università. Un sistema – ha concluso Stefano Schirru -, che funzionerà benissimo.
Il consigliere del M5S Michele Ciusa, partendo dal riferimento al diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione, ha sottolineato il ruolo della sanità pubblica che ha lottato come ha potuto contro la pandemia e, proprio da questa esperienza, viene fuori che la sanità sarda ha bisogno di grandi interventi strutturali, di più universalità e più equità. Invece, ha proseguito l’esponente del M5S, nella riforma di tutto questo non c’è traccia perché la maggioranza ha pensato più al potere ignorando il grido di dolore di operatori sanitari e cittadini. Riferendosi al lavoro della commissione, Michele Ciusa ha detto che tutte le audizioni hanno bocciato la riforma senza appello, e lo hanno fatto perché non ci sono assunzioni, chiudono reparti, si allungano le liste d’attesa, si privilegia il privato rispetto al pubblico, in definitiva si cambia la governance e si cambia tutto per non cambiare niente.
Il consigliere dei Progressisti Massimo Zedda, riferendosi alle stagioni passate e redenti della politica sarda ha dichiarato che sanità e urbanistica hanno attraversato da tempo le vicende di molte classi dirigenti e forze politiche, determinandone fortune e sfortune. Buona parte del programma di Solinas, ha aggiunto, era fondato sulla sanità eppure oggi il governatore non è in Aula dimostrando che vuole continuare a “scaricare” sugli assessori certi provvedimenti scomodi. La Sardegna – ha detto ancora Massimo Zedda -, è l’esempio unico al mondo di un sistema sanitario che cambia con una riforma durante una pandemia che ha colpito tutto il pianeta, una responsabilità enorme che dovrebbe consigliare di attendere almeno qualche mese, chiedendo eventualmente un contributo al comitato tecnico scientifico, per evitare il rischio grave di disarticolazione di alcuni presidi sul territorio, di peggiorare i tempi delle liste d’attesa, anche in vista di ritorno del virus che come la spagnola calò d’estate e riesplose d’inverno. Speriamo di avere torto – ha osservato il consigliere dei Progressisti -, ma se dovesse accadere di nuovo la Sardegna precipiterebbe verso il baratro.
Il consigliere del Pd Cesare Moriconi, soffermandosi su alcune scelte del passato, ha ricordato che quando si insediò Giunta Pigliaru la sanità fuori controllo a cominciare dai conti come disse anche la Corte dei Conti, ed anche nel 2010 la Giunta Cappellacci dovette coprire il disavanzo e fronteggiare un sistema con tutti gli indicatori in peggioramento. Oggi – ha sostenuto Cesare Moriconi -, si ripropone un sistema nato nel ’95 che risaliva a sua volta all’81 e, nei fatti, stiamo ripartendo da lì, come se il tempo trascorso non ci avesse insegnato nulla, senza dimenticare che la pandemia ha aggravato tutto. Affrontando i temi della riforma, il consigliere ha lamentato che l’Ares fa più o meno le stesse cose dell’Ats e delle aziende territoriali, e che rispetto alla necessità di più risorse umane, professionali e finanziarie, c’è un bilancio che queste risorse non le ha. E’ chiaro quindi – secondo l’esponente del Pd -, che questo scenario ciò non migliorerà assistenza, a parte il fatto che ci vorrà chissà quanto tempo per portare la riforma a regime, un tempo lungo nel quale non sarà garantito il diritto alla salute dei sardi, ed il sistema sarà esposto a gravissimi pericoli. Fermiamoci – ha detto, infine, Cesare Moriconi rivolto alla maggioranza -, per valutare se possiamo affrontare questi rischi; questo sarebbe un vero atto di coraggio e responsabilità.
Il consigliere Nico Mundula, di Fdi, ha sottolineato che l’iter riforma è stato rallentato dalla pandemia e comunque per la Sardegna una riforma è necessaria per superare la visione precedente fondata sull’azienda unica. Questa riforma, ha proseguito, cambia strada per riportare la sanità sul territorio, quindi nessun passo indietro ma piuttosto un passo avanti perché in passato le risposte ai cittadini erano senz’altro più rapide e qualitativamente migliori, mentre poi si è assistito ad un progressivo affollamento delle strutture centralizzate e danno dei territori, a dimostrazione del fatto che risparmiare si può ma non sempre e su tutto. Nico Mundula ha poi respinto l’accusa di una riforma non calata dall’alto: non è vero perché abbiamo sentito tutti ed abbiamo utilizzato i contributi arrivati dal basso, certo ci sarà da lavorare molto sulla rete della medicina territoriale e ospedaliera e questo sarà il vero banco di prova della riforma. Noi auspichiamo, ha detto in conclusione, che si volti pagina, restituendo dignità alla sanità in periferia, svuotata e in grande sofferenza e salvata spesso dal buon cuore degli operatori: è vero che i conti sono andati meglio ma il sistema è andato a rotoli, e proprio adesso, nel post-pandemia, bisogna ripartire in modo diverso.
Il consigliere del M5S Roberto Li Gioi, partendo dalle numerosi impugnazioni di leggi regionali, ha sostenuto che è facile prevedere la stessa sorte anche per la riforma sanitaria, molto penalizzante per i cittadini e per tutti gli operatori del settore, un bluff che nasconde a malapena un grande progetto di occupazione di posti di potere, al di là di ogni competenza e di ogni principio di meritocrazia, perché l’Ats come Ares e le Asl sono scatole vuote. Soffermandosi sulla situazione gallurese, Roberto Li Gioi ha detto che in quel territorio c’è uno specifico preoccupante, ignorato dalla Regione nonostante le denunce di molti primari poi messi al centro di un procedimento disciplinare solo per aver detto la verità mentre è in corso una indagine della magistratura.
Il consigliere Giovanni Antonio Satta (Riformatori sardi) ha ricordato gli effetti negativi della pandemia nella gestione del sistema sanitario regionale e le difficoltà generali di sostenibilità finanziaria riscontrate negli anni scorsi. «Questa riforma corre il rischio di essere inquinata dalle contraddizioni del passato. E’ indispensabile avere in testa un nuovo modello assistenziale e le risorse da destinargli – ha detto Giovanni Antonio Satta – per questo abbiamo presentato alcuni emendamenti per disegnare un modello innovativo. In Sardegna, per le sue peculiarità, non possono essere replicati modelli, anche di successo, presenti in altre regioni italiane. Serve un’idea nuova e moderna che segni una rottura con il passato. L’attuale modello assistenziale non è più sostenibile anche per l’abbassamento della qualità dei servizi delle strutture periferiche e la debolezza della medicina territoriale. Occorre cambiare il rapporto tra cittadino e sistema sanitario. E’ quest’ultimo che si deve avvicinare al paziente e non viceversa». Giovanni Antonio Satta si è poi soffermato sull’importanza delle nuove tecnologie nella gestione dei servizi sanitari: «Bisogna puntare a una sanità sempre più digitale in grado di garantire cure da remoto. E’ una sfida obbligata».
Eugenio Lai (Leu) ha puntato l’indice contro la decisione della maggioranza di riesumare le vecchie otto aziende sanitarie: «E’ un ritorno al passato. Quel modello rappresentava il male della politica che i cittadini chiedono di cambiare. State dimostrando la vostra inadeguatezza a governare l’Isola. Se parliamo con il mondo economico e delle professioni sanitarie nessuno ritiene prioritario il ritorno a 48 posti di potere. Tutti pongono all’attenzione la necessità che il governo investa sulla sanità e riporti al centro il diritto alla salute dei cittadini». Secondo Eugenio Lai i problemi atavici della sanità sarda si sono acuiti: «Le liste d’attesa sono peggiorate, in tanti presidi ospedalieri non sono ancora ripartite le visite ambulatoriali. Questa riforma è un ritorno al passato che crea confusione. Date priorità al ritorno dei posti di potere ma non mostrate attenzione né per i pazienti né per gli operatori del sistema sanitario. La nostra preoccupazione principale è che da settembre il vostro nuovo modello non riuscirà a far fronte a una possibile ripartenza della pandemia».
Di parere opposto la consigliera Annalisa Mele (Lega): «E’ una riforma coraggiosa che riporta la sanità vicino ai cittadini – ha detto Annalisa Mele – la vostra era una riforma ospedalocentrica che ha demolito il territorio. La vostra riforma non ha funzionato, è stata un disastro, la nostra proposta va in una direzione opposta. Adesso definiamo la governance del sistema sanitario a cui seguirà la riorganizzazione della rete ospedaliera e dei servizi territoriali».
Di ritorno al passato ha parlato Piero Comandini (Pd): «Non lo dico solo per il numero delle Asl. In tutto il mondo si discute di spesa sanitaria e della riorganizzazione del sistema alla luce delle nuove emergenze causate dalla pandemia. La regola che in sanità si doveva risparmiare non vale più. Si ragiona in modo diverso perché si è capita l’importanza della prevenzione. Per questo credo che questa sia una discussione rivolta al passato. Sembra che non sia successo nulla e invece abbiamo dovuto affrontare una sfida senza precedenti. La Sardegna deve inserirsi nei ragionamenti europei e mondiali. C’è un problema di risorse e di infrastrutturazione degli ospedali». Piero Comandini ha poi ricordato come il problema della governance abbia pesato su tutti i governi regionali. «Dal 2007 la spesa sanitaria è sulle spalle della Regione, da allora le cose sono cambiate ma non sono cambiate le liste d’attesa e la qualità dell’offerta nei territori. Dobbiamo tutti lavorare sul rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario. Se questo manca o è viziato si crea un cortocircuito. Noi abbiamo operatori di eccellenza ma dobbiamo migliorare la percezione che c’è nei confronti di questa riforma, basta vedere cosa ne pensano i territori e gli operatori sanitari. Il percorso avviato dalla Giunta Pigliaru era l’unico possibile, sapevamo benissimo che nessuna riforma può dare risultati nel breve periodo. Da lì però bisogna ripartire, quella riforma si può migliorare senza per forza aumentare le strutture e i costi. Se c’era un pregio nella precedente riforma è aver impedito il commissariamento della Sanità da parte dello Stato. Ecco perché è necessario valutare bene e ragionare a fondo. Una riforma così importante va scritta insieme e noi siamo disponibili a dare il nostro contributo».
Giovanni Satta (Psd’Az), in apertura del suo intervento, ha ricordato il suo voto di astensione quando venne approvata la riforma della Giunta Pigliaru: «L’ho fatto perché nonostante non condividessi l’impianto della riforma ne apprezzavo gli sforzi per la riduzione della spesa e per una migliore organizzazione del sistema sanitario. Non ero d’accordo nemmeno sulla riorganizzazione della rete ospedaliera che ha penalizzato territori come la Gallura. L’Ats ha creato nuove periferie». Giovanni Satta ha quindi chiesto un impegno sul Mater Olbia: «E’ una risorsa importante se gestita come si deve. Deve essere integrata nel sistema pubblico e nella ricerca universitaria. Abbiamo fatto una deroga al nostro bilancio che scade tra un anno, serve una programmazione a lungo termine. Il Mater chiede una startup si verifichi questa possibilità, la sua posizione deve essere definita una volta per tutte».
Negativo il giudizio di Antonio Piu (Progressisti): «Non ci sarà nessuna differenza tra l’attuale gestione di Ats e quella di Ares. Questa riforma non risolve né i problemi generali né quelli locali. E’ una discussione rivolta al passato, lascia una serie di punti aperti. Il ritorno alle 8 Asl causerà un inevitabile aumento dei costi. Mi aspettavo in questo difficile momento storico che si potesse parlare di ospedali del futuro, invece parliamo di altro. Abbiamo fatto una serie di proposte per le quali non abbiamo avuto nessuna risposta. Ci aspettiamo di capire come si abbatteranno le liste d’attesa, come si migliorerà l’offerta ospedaliera e l’organizzazione interna ai nosocomi. A Sassari uno dei migliori reparti di cardiologia d’Italia non può fare più di 500 interventi all’anno. Occorre connettere gli ospedali per aumentare l’offerta e garantire un servizio migliore ai cittadini».
Giorgio Oppi (Udc-Cambiamo), ricordando la sua pluriennale esperienza da assessore alla Sanità, ha difeso le scelte fatte: «Magari si tornasse al passato – ha detto Giorgio Oppi – a Ozieri operavano grandi specialisti, a Iglesias c’era il miglior reparto di ortopedia della Sardegna. Prima i piccoli ospedali garantivano qualità. I problemi sono iniziati nel 2006 quando Soru ha deciso di caricare la spesa sanitaria sul bilancio regionale. Poi sono arrivate le gestioni Nerina Dirindin e Fulvio Moirano. Il sistema adesso ha bisogno di correzioni». Sulle liste d’attesa e sulle scuole di specializzazione Giorgio Oppi ha rivendicato le cose fatte e sottolineato le carenze delle ultime gestioni: «Nel Sulcis è sparito tutto. Bisogna capire bene le cose. E’ fondamentale oggi lavorare tutti uniti per approvare una buona legge e darle gambe».
Giuseppe Meloni (Pd) ha espresso preoccupazione per i contenuti della riforma: «Vi chiediamo di fermarvi perché teniamo alla salute dei sardi. ragionate insieme a noi. La sanità gallurese è in condizioni precarie. Mi sarei aspettato che l’assessore venisse a valutare. E’ inammissibile che Primari e medici vengano imbavagliati perché denunciano questa situazione. State prendendo una strada sbagliata. Siamo ancora in tempo per valutare le priorità e risolvere i problemi quotidiani dei pazienti sardi. E’ vero che in passato sono stati fatti errori ma da questi bisogna imparare. Non è solo l’Ats la causa dei mali della Sardegna. Il male principale è quello del reclutamento del personale. L’Aula se ne deve occupare anziché pensare solo alle poltrone».
Il dibattito è proseguito con l’intervento di Maria Laura Orru’ (Progressisti) che ha rinnovato l’appello alla maggioranza di fermarsi. «Mi aspettavo in una riforma del genere – ha detto Maria Laura Orrù – di vedere un modello copernicano dove il cittadino viene messo al centro, ma nulla di tutto questo è contenuto in questo testo. Noi dobbiamo provare a superare un momento di emergenza, ma dobbiamo anche guardare all’ordinario e allo straordinario. Per la consigliera Orrù è sbagliato il mancato coinvolgimento delle parti interessate. Reputo non corretto affrontare una riforma sanitaria senza un’analisi costi benefici, strutturale e del personale. Inoltre, in questo testo non si parla di prevenzione e di sviluppo della politica di prossimità sanitaria. Con questa riforma – ha concluso Maria Laura Orrù – si rischia di perdere un’occasione straordinaria. Dobbiamo mettere al centro il cittadino».
I lavori sono stati sospesi, riprenderanno alle 16.00.