Nella media dei primi otto mesi del 2024 il tasso di inflazione in Sardegna è sceso allo 0,8%. L’isola si colloca così all’11-simo posto tra le 20 regioni italiane, al di sotto della media nazionale, pari al +1,0%. Si tratta di un dato significativo, poiché nella media dello stesso periodo del 2023 la Sardegna aveva registrato il secondo valore più elevato, pari al +8,3%, alle spalle della Liguria e ben al di sopra della media nazionale (+7,5%).
Lo si evince da un dossier del Centro Studi della Cna Sardegna che attesta un netto cambio di marcia della nostra regione. Nel corso del 2024, soprattutto in Sardegna, il percorso di normalizzazione della crescita dei prezzi, ormai stabilmente e abbondantemente al di sotto del tasso di riferimento del 2%, è stato quindi estremamente rapido.
Se però si guarda al costo del denaro, si scopre che nel primo trimestre del 2024, nonostante un’inflazione quasi nulla (+0,47%), il livello medio del tasso di interesse (TAE) pagato dalle imprese per esigenze di liquidità ha raggiunto, in Sardegna, il livello record degli ultimi quindici anni, ovvero l’8,2%. Si tratta, inoltre, del secondo dato più elevato tra le venti regioni italiane, a testimoniare di un mercato del credito regionale che, nella prima parte dell’anno in corso, è stato estremamente sfavorevole, soprattutto per le piccole e medie imprese. Queste indicazioni vengono confermate dal tasso effettivo (TAEG) pagato per esigenze di investimento, nello stesso periodo, arrivato al 6,6%, quinto valore più elevato tra le regioni italiane.
Questo significa che l’andamento del costo del denaro, soprattutto in Sardegna, non ha assecondato le traiettorie dei prezzi al consumo. Il motivo è da ricercarsi nell’attendismo della Banca Centrale Europea che, in un contesto europeo disomogeneo, ha ritardato il taglio dei tassi, con il primo intervento arrivato solo a giugno 2024 (taglio di 25 punti base), seguito da un secondo aggiustamento a settembre (altri 25 punti base).
Per tutta la prima parte del 2024 le imprese italiane e, soprattutto, quelle sarde, si sono dovute muovere in un contesto estremamente sfavorevole: la domanda interna si è ulteriormente indebolita, i consumi e gli investimenti hanno rallentato, mentre la stabilizzazione dei prezzi di vendita ha ridotto i margini di profitto di prodotti e servizi, con le piccole e medie imprese che, contemporaneamente, hanno visto aumentare il costo del credito per esigenze di liquidità, anticipo fatture, denaro circolante per fare fronte alle scadenze fiscali, tredicesime e scorte, anticipo POS o smobilizzo crediti.
“In questa fase, appare evidente come l’impossibilità di modificare tempestivamente la politica monetaria in funzione delle dinamiche economiche interne stia rappresentando un fattore penalizzante per l’Italia e, di riflesso, anche per la Sardegna – evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna –. In un contesto congiunturale fragile e esposto all’incertezza generale, infatti, tassi di interesse persistentemente elevati diventano velocemente onerosi e penalizzanti per imprese e famiglie consumatrici. Guardando ai prossimi mesi, le aspettative della maggior parte degli analisti sono di un percorso di normalizzazione monetaria progressivo, ma lento, che dovrebbe portare il tasso di riferimento al 2,75% solo a fine 2025 (dal 3,5% attuale) – si consideri che fino a giugno 2022, prima dell’impennata dei costi energetici, il tasso di riferimento era al -0,5%. In questo scenario monetario, le istituzioni, ed in primis il governo regionale è chiamato a mettere in atto politiche di sostegno sul fronte credito per evitare che molte imprese sarde si trovino disarmate in una fase congiunturale come quella attuale, riducano drasticamente gli investimenti provocando una ulteriore contrazione della crescita economica”