Nuova denuncia delle Associazioni e Cooperative 118 Sardegna sulle gravi condizioni in cui sono costrette ad operare. In una lettera inviata al ministro della Salute, al ministro del Lavoro e delle politiche sociali, al presidente della Regione Sardegna, all’assessore alla Sanità della Regione Sardegna e all’AREUS Sardegna, i rappresentanti delle associazioni informano le autorità competenti della grave situazione di pericolo a cui vengono sottoposti quotidianamente gli operatori del servizio 118 di base convenzionate con l’Azienda Regionale Areus.
«Questi operatori continuano ad essere attivati dalle centrali operative 118 per soccorsi e trasporti sanitari di pazienti con sospetta o certificata affezione da virus Covid 19, nonostante le direttive nazionali e regionali, stabiliscano in maniera inequivocabile che questi servizi devono essere sostenuti ed effettuati esclusivamente da operatori sanitari e con adeguate protezioni e opportuna formazione (direttiva ministero della Salute del 24/02/2020 e direttive Areus del 5/02/2020 e 2/03/2020) – scrivono i rappresentanti delle associazioni e cooperative 118 Sardegna -. Non è ulteriormente tollerabile che i nostri operatori siano mandati con assoluta noncuranza dei rischi a cui vengono esposti e che potrebbero far correre all’utenza, senza che vi sia la disponibilità e il corretto uso delle specifiche protezioni, senza alcuna formazione sulle modalità di protezione dal contagio (vestizione e svestizione dei dpi) a svolgere un incarico che non è assolutamente di loro competenza e che non è previsto dall’attuale convenzione per il soccorso di base della Regione Sardegna.»
«Le organizzazioni da noi rappresentate, fin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, hanno supportato il
servizio 118 senza mai abbandonarlo, soprattutto per non creare disservizi alla popolazione già duramente colpita dalla pandemia – aggiungono i rappresentanti delle associazioni e cooperative 118 Sardegna -. I nostri operatori hanno vissuto momenti terribili per farlo, senza mai avere supporto formativo e psicologico di nessuno degli enti preposti all’assistenza sanitaria. Le nostre strutture si sono dovute inventare, in COMPLETA AUTONOMIA, i protocolli per proteggere i volontari e gli utenti, prendendo spunto dalle direttive nazionali, dai protocolli delle altre regioni o SUEM di altre città. Non vi è mai stata sufficiente assistenza o indicazioni sull’approvvigionamento dei DPI, né allora né oggi, costringendo le associazioni a fare salti mortali per cercare di reperire anche la più piccola fornitura, pur di proteggere gli operatori, è stato un vero inferno.»
«L’unica rassicurazione, che oggi appare sempre più una presa in giro, è stata la mail (non ufficiale)
dell’allora Direttore Generale di Areus, che dal suo domicilio di Modena, ci autorizzava ad acquistare tutti i dispositivi di protezione individuali necessari, garantendo un futuro rimborso, che, neanche a dirlo, non solo non è mai arrivato, ma che ancora oggi, è inattuato, dopo che lo stesso assessore della Sanità, dottor Mario Nieddu, aveva confermato l’impegno, il giorno della nostra manifestazione del 16 di giugno, impegno sul quale si stanno sollevando sempre più “se” e “ma” da parte di funzionari dell’Assessorato.
Con gli esiti ricevuti, oggi lascia davvero l’amaro in bocca ripensare al saluto incoraggiante nella stessa mail del dottor Lenzotti “Forza Paris”, oggi a riposo in qualche spiaggia non sarda.
Mentre nelle altre regioni, il volontariato ha lavorato di concerto con le istituzioni per essere coordinato e per dare un servizio ottimale con il massimo della protezione per gli operatori, qui in Sardegna, le Associazioni, abbandonate a se stesse, hanno combattuto da sole, senza mai fermarsi.
Oggi la situazione non è variata, in tutta Italia si sta parlando di encomiare i volontari, qui, questi ragazzi, ormai costretti a rifiutare un servizio perché privi della benché minima protezione, invece che essere considerati una componente essenziale del sistema di soccorso, vengono umiliati, insultati e ridicolizzati come l’ultimo dei delinquenti, talvolta dagli stessi operatori sanitari.
Chiediamo a gran voce che tutto questo finisca, non vogliamo nessun grazie dalle istituzioni sarde che ci hanno ABBANDONATO e che sarebbe quanto mai tardivo ed inopportuno, noi non operiamo per avere grazie, ma vogliamo il rispetto dei nostri uomini e delle nostre donne, vogliamo sicurezza per loro e per le persone che devono soccorrere quotidianamente.
Ad oggi non conosciamo cosa intenda fare la Regione Sardegna del sistema di soccorso sanitario, che è un disastro, urliamo a gran voce che non manderemo più i nostri ragazzi al macello per sopperire alle carenze di un’azienda regionale, Areus, inesistente, di un assessorato della Sanità latitante e di una Regione che ignora questo servizio – concludono i rappresentanti delle associazioni e cooperative 118 Sardegna –. Denunceremo alle autorità competenti ogni utilizzo del volontariato in cui non sia rispettato il diritto alla salute e alla sicurezza degli operatori con il conseguente rischio per gli assistiti.»
I delegati:
Rappresentante Associazioni “Libere” afferenti alla C.O. di Sassari – Federico Pintus
Rappresentante Associazioni “Libere” afferenti alla C.O. di Cagliari – Pier Paolo Emmolo
Rappresentante “ANPAS” – Lucia Coi
Rappresentante “Misericordie” – Giovanni Mura
Rappresentante Cooperative Sociali afferenti alla C.O. di Sassari – Francesco Ladinetti
Rappresentante Cooperative Sociali afferenti alla C.O. di Cagliari – Marco Usai