È stato approvato il Piano di eradicazione del gambero marmorato (Procambarus fallax f. virginalis) in Sardegna.
Questa specie, che vive lungo fiumi, canali, laghi, stagni, paludi e zone umide può spostarsi anche per diversi chilometri sul terreno asciutto alla ricerca di siti più adatti, determinando un elevato potenziale invasivo per gli habitat di acqua dolce ed un forte impatto sulla struttura della catena alimentare di questi ambienti.
La sua presenza era stata riscontrata, per la prima volta in Sardegna, nel 2019, nel rio Mogoro, in provincia di Oristano, e successivamente in tutta la provincia dell’oristanese e nella provincia del Sud Sardegna.
«Le invasioni biologiche sono considerate tra le principali minacce per la biodiversità, responsabili dei cambiamenti ambientali a livello globale – ha dichiarato l’assessore regionale all’ambiente, Gianni Lampis –. Oltre ad essere uno dei più gravi fattori di disturbo negli ecosistemi acquatici, generando conseguenze negative sulle specie autoctone, per esempio la predazione, il parassitismo, la diffusione di malattie. I danni causati da questa specie riguardano anche la destabilizzazione degli argini nei canali provocata dall’attività di scavo e la riduzione, o scomparsa, di specie animali e vegetali. Seguendo il regolamento europeo, che prevede una serie di divieti e di obblighi di intervento, abbiamo definito una strategia efficace di monitoraggio, di attuazione delle misure di eradicazione rapida e di controllo dei vettori di introduzione.»
Tra le linee guida, che saranno eseguite sotto la sorveglianza del Corpo forestale, la mappatura della distribuzione della specie sul territorio regionale, catturare gli individui presenti, la promozione di studi genetici per il riconoscimento della specie, il monitoraggio dell’efficacia degli interventi, la sensibilizzazione sul problema della diffusione della specie.
Questa specie, che vive lungo fiumi, canali, laghi, stagni, paludi e zone umide può spostarsi anche per diversi chilometri sul terreno asciutto alla ricerca di siti più adatti, determinando un elevato potenziale invasivo per gli habitat di acqua dolce ed un forte impatto sulla struttura della catena alimentare di questi ambienti.
La sua presenza era stata riscontrata, per la prima volta in Sardegna, nel 2019, nel rio Mogoro, in provincia di Oristano, e successivamente in tutta la provincia dell’oristanese e nella provincia del Sud Sardegna.
«Le invasioni biologiche sono considerate tra le principali minacce per la biodiversità, responsabili dei cambiamenti ambientali a livello globale – ha dichiarato l’assessore regionale all’ambiente, Gianni Lampis –. Oltre ad essere uno dei più gravi fattori di disturbo negli ecosistemi acquatici, generando conseguenze negative sulle specie autoctone, per esempio la predazione, il parassitismo, la diffusione di malattie. I danni causati da questa specie riguardano anche la destabilizzazione degli argini nei canali provocata dall’attività di scavo e la riduzione, o scomparsa, di specie animali e vegetali. Seguendo il regolamento europeo, che prevede una serie di divieti e di obblighi di intervento, abbiamo definito una strategia efficace di monitoraggio, di attuazione delle misure di eradicazione rapida e di controllo dei vettori di introduzione.»
Tra le linee guida, che saranno eseguite sotto la sorveglianza del Corpo forestale, la mappatura della distribuzione della specie sul territorio regionale, catturare gli individui presenti, la promozione di studi genetici per il riconoscimento della specie, il monitoraggio dell’efficacia degli interventi, la sensibilizzazione sul problema della diffusione della specie.
Antonio Caria