«Lo stop all’importazione dei prodotti suinicoli italiani imposto da Taiwan è incomprensibile e preoccupante. Negando ogni nesso con le restrizioni sui collegamenti decise dal nostro Paese come precauzione sul coronavirus, le autorità di Taipei attribuiscono la scelta a un presunto peggioramento dei casi di peste suina africana in Sardegna. Un quadro che non solo è un ribaltamento della realtà, ma non rende nemmeno giustizia ai grandi sacrifici che il nostro territorio ha sopportato in questi anni nella lotta per l’eradicazione della malattia.»
Lo dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, a commento della messa al bando sugli animali vivi e sui prodotti suinicoli italiani annunciato da Taiwan attraverso il ‘Bureau of Animal and Plant Health Inspection and Quarantine’.
«La Sardegna è a un passo dall’eradicazione della peste suina e il nostro territorio paga già i costi di un pesante embargo. Non esistono casi e nemmeno rischi di diffusione del virus dalla nostra Isola al resto d’Italia, né, tantomeno, all’estero. Inoltre la regionalizzazione del problema è da tempo un fatto riconosciuto a livello internazionale. Lo era anche da Taiwan, sino a ieri.»
Un percorso virtuoso quello della Sardegna che ha segnato una drastica riduzione sul piano delle infezioni nel nostro territorio, come testimoniano le cifre riportate dalla stessa Unità di progetto per la lotta alla PSA in capo alla Regione: nel 2013 furono 150 i casi nell’isola, 109 focolai negli allevamenti, oggi in Sardegna da oltre 10 mesi non si segnala la presenza della malattia né fra i suini domestici, né fra i cinghiali.