Continua la mobilitazione degli “studenti in lotta per il diritto allo studio”, all’Università di Cagliari.
«Per gli studenti universitari, la pandemia in corso ha comportato disagi non indifferenti e tali da complicare e ritardare il normale percorso di studio – si legge in una nota –. La prolungata chiusura di biblioteche e aule studio e una didattica a distanza del tutto inadeguata a sostituire le lezioni e gli esami in presenza sono soltanto alcuni dei problemi che hanno caratterizzato l’ultimo semestre. Non siamo tutti sulla stessa barca: i più colpiti sono stati, com’era prevedibile, gli studenti più poveri; in particolare coloro che risiedono lontano da Cagliari. Mense e Case dello Studente sono fondamentali per il diritto allo studio, dal momento che il costo degli affitti e dei pasti rimane la principale barriera d’ingresso all’istruzione universitaria per tantissimi giovani.»
«Per questo motivo, a partire da Maggio, gli studenti, organizzandosi spontaneamente, hanno dovuto protestare contro l’ERSU, l’ente regionale che avrebbe dovuto e che dovrebbe tutelare i loro diritti e che invece ha tentato più volte di abdicare alla propria funzione, preferendo perseguire politiche volte al risparmio – aggiungono gli “studenti in lotta per il diritto allo studio” –. Con fatica sono stati rispediti al mittente i più gravi tentativi di scaricare il prezzo di questa emergenza sulle spalle degli studenti; ciò è stato possibile soltanto grazie alla partecipazione attiva dei diretti interessati, i quali hanno aggirato tavoli e tentativi di compromesso al ribasso, fino ad allora promossi dalle associazioni studentesche attraverso canali più o meno trasparenti.»
Contrariamente a quanto avvenuto negli ultimi anni – nei quali ogni peggioramento delle condizioni degli studenti veniva accolto passivamente e con rassegnazione – abbiamo protestato. In questi mesi è stato dimostrato che soltanto la lotta paga, e come sia necessario che questa venga portata avanti da tutti, senza deleghe.
Tante piccole battaglie sono state vinte in questi mesi. I nodi principali, però, rimangono aperti: a partire dal mancato risarcimento per tutti gli studenti – ai quali erano comunque stati detratti i canoni di alloggio dalla borsa di studio – che hanno subito lo sfratto durante i mesi della pandemia, fino al mancato rimborso dei pasti non fruiti durante tutto il periodo di chiusura delle mense – rimarcano gli “studenti in lotta per il diritto allo studio”. Con il nuovo bando, l’ente ha inoltre confermato la riduzione dei posti letto, con la decisione di trasformare tutte le stanze doppie in singole come misura anti contagio. Decisione non imposta dal ministero e non condivisa dagli enti analoghi in Italia. Dimezzati gli alloggi, l’ente si è tuttavia rifiutato di predisporre soluzioni alternative e immediate. Si preferisce piuttosto escludere centinaia di studenti dalle liste dei beneficiari, studenti classificati idonei secondo i criteri di legge.
Le cifre: durante lo scorso anno accademico, prima della pandemia, i posti alloggio totali erano 554; oggi diventano 349. Il totale delle domande quest’anno è di 1005, dei quali 699 sono gli idonei. Tagliati 206 posti, l’ente si nasconde dietro alla normativa vigente in materia di salute pubblica; tuttavia, tante potrebbero essere le soluzioni per garantire a tutti gli idonei richiedenti la possibilità di studiare senza dover sostenere costi insormontabili per l’affitto in alloggi privati. Il dato è ancor più tragico se si prendono in considerazione le sole matricole: 422 idonei per appena 79 posti disponibili.»
«Prevalgono ancora le logiche di risparmio sulla funzione primaria dell’ente: quella di garantire il diritto allo studio ad una platea di studenti più ampia possibile – concludono gli Continua la mobilitazione degli “studenti in lotta per il diritto allo studio”, all’Università di Cagliari –. Tagliare i posti letto è una decisione inaccettabile, che affonda le radici nella totale carenza di investimenti strutturali sull’università pubblica e nella volontà politica di trasformarla in privilegio per pochi. Il ritorno della categoria degli “idonei non beneficiari” non può essere accettato come una conseguenza inevitabile della pandemia.»