Doppie aste e gare al massacro tra aziende per avere più clienti vendendo prodotti sottocosto. È quanto denuncia, ormai da tempo Coldiretti Sardegna che secondo un’indagine, per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo per effetto delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano lungo la filiera a causa degli evidenti squilibri di potere contrattuali.
«Le aziende agricole non hanno potere contrattuale rispetto ai colossi della grande distribuzione e devono sottostare ai prezzi spesso sotto quelli di produzione con pratiche che come le ha definite il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova sono caporalato in giacca e cravatta – ha dichiarato il presidente, Battista Cualbu -. Per questo auspichiamo che il Governo recepisca nel più breve tempo possibile la direttiva europea per porre fine a questo sistema distorto.»
Ad essere danneggiata è l’agricoltura sarda, in particolare nella vendita del pecorino romano e non solo.
«Oltre a recepire le direttive europee – ha aggiunto Battista Cualbu – è necessario che tutti gli attori della filiera, dal campo alla tavola, compresi quindi anche la grande distribuzione e i consumatori, ci sediamo ad un tavolo per fare sistema ponendo fine alle speculazioni che stanno da una parte annientando il mondo produttivo e dall’altra limitando la platea dei consumatori che possono acquistare prodotti genuini e di qualità. Su questo un ruolo importante lo devono avere le istituzioni, dal ministro al presidente della Regione e assessori regionali all’Agricoltura, che devono garantire filiere eque, in cui si paga il giusto prezzo alle aziende agricole e l’accessibilità di cibo buono e di qualità a tutti i cittadini.»
«Il modello tracciato, trasparente ed equo lo abbiamo e sta a dimostrare che gli accordi di filiera sono possibili – ha sottolineato il direttore, Luca Saba -. Da tre anni è stato sottoscritto ed è attivo l’accordo di filiera che come Coldiretti Sardegna abbiamo sottoscritto con il caseificio piemontese Biraghi per il pecorino etico solidale che, come scritto in etichetta e come può testimoniare la cooperativa di Dorgali, paga il giusto prezzo ai pastori. Esempi virtuosi che rispettano il lavoro di tutti gli attori della filiera e garantiscono al consumatore finale un prodotto di qualità di cui è tracciata l’origine.»
Antonio Caria