La seconda parte del 2020 ha avuto un impatto devastante sulle piccole e medie imprese sarde. Tra giugno e ottobre quasi un’impresa su cinque ha subito perdite superiori al 50% del fatturato o addirittura non ha conseguito alcun fatturato. Il 40% delle aziende sarde con più di tre addetti si prepara ad affrontare una crisi di liquidità senza precedenti e ben il 35% teme seri rischi di tenuta della propria attività nel primo semestre del 2021. Insomma, se la situazione non dovesse migliorare oltre un terzo delle imprese sarde con più di tre addetti paventa un rischio concreto di fallimento.
Per comprendere quanto il tessuto economico isolano stia soffrendo le conseguenze della crisi sanitaria e gli eventuali risvolti negativi su occupazione e redditi, la Cna Sardegna ha analizzato i risultati di una recente indagine condotta dall’Istat presso le attività economiche regionali con più di tre addetti nei settori industria e costruzioni, commercio e servizi, in riferimento all’impatto economico e finanziario dell’emergenza Covid-19. Con l’approssimarsi del periodo natalizio aumenta infatti il timore che le necessarie misure imposte per limitare il rischio di una nuova ondata epidemica possano dare il colpo di grazia al sistema delle imprese sarde, proprio in un periodo dell’anno che solitamente rappresenta una cospicua quota di fatturato per molte attività regionali, non solo nel settore commerciale.
«Lo scenario è estremamente preoccupante – spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. L’impatto sui fatturati nella seconda parte del 2020 è stato tra i più marcati e la carenza di liquidità rischia di mettere in ginocchio tantissime attività, specialmente se il sistema del credito regionale, tra i più vulnerabili in Italia, dovesse restringere i rubinetti del credito. Le ben note difficoltà dell’economia regionale di mostrarsi resiliente di fronte ad uno shock esogeno che si mostra senza precedenti potrebbero alimentare la sfiducia di imprese e consumatori, impattando su consumi e investimenti privati, con conseguenze drammatiche dal lato occupazionale. Il rischio è l’innescarsi di una spirale recessiva dalla quale l’economia regionale farebbe molta fatica a venirne fuori.»
«Purtroppo – aggiungono Piras e Porcu – come avevamo paventato, i due provvedimenti più importanti messi in campo dalla Regione, il “Fondo Emergenza Imprese” e il “Fondo ®Esisto”, costruiti a favore delle grandi strutture di impresa che dreneranno la quasi totalità delle risorse disponibili, non offriranno alcun supporto utile alle migliaia di piccolissime imprese sarde bisognose di liquidità e di sostegno finanziario. Ci auguriamo che la manifestata volontà della Giunta regionale di far seguire un secondo avviso, attraverso una nuova edizione di ®Esito 2, venga riservata alla decina di migliaia di imprese oggi di fatto escluse dalla misura.».
In Sardegna le imprese con più di tre addetti sono circa 23.500 e impiegano quasi 188 mila occupati, pari a circa il 63% del totale. L’indagine Istat presa in considerazione dalla Cna sarda aggiorna i risultati di una rilevazione analoga svolta al termine del primo lockdown primaverile.
Tra i dati più rilevanti dell’ultima indagine si attesta che quasi un’impresa sarda su cinque (il 19,1%) ha subito una perdita del fatturato superiore al – 50% o non ha conseguito alcun fatturato nel periodo tra giugno e ottobre. Un dato estremamente negativo, da un lato perché decisamente superiore alla media nazionale (pari al -15,5%), dall’altro perché riferito ad un periodo dell’anno, quello estivo e di inizio autunno, cruciale per l’economia regionale. A questo va aggiunto che il 21% delle imprese non prevede di conseguire un risultato migliore nel trimestre invernale, ovvero tra dicembre 2020 e febbraio 2021 (18% è la media nazionale). Inoltre, guardando al 2021, ben il 40,1% degli imprenditori si aspetta gravi problemi di liquidità, percentuale significativamente superiore alla media nazionale (33,5%). Si tratta di un’indicazione di forte vulnerabilità enfatizzata dal fatto che, sotto quest’aspetto, solo la Calabria mostra indicazioni più negative di quelli della Sardegna.
In questa fase, quindi, diventa centrale il tema del finanziamento bancario e, in ultima istanza, della capacità del sistema del credito regionale di soddisfare l’eccezionale domanda di liquidità che arriverà dalle imprese. A questo proposito va ricordato che le banche sarde, rispetto agli altri contesti regionali, sono entrate nel 2020 con la percentuale più elevata di non performing loan (il 29%, contro una media nazionale del 18%).
Questo elemento espone il sistema al rischio di una più intensa restrizione del mercato del credito nella fase più critica. Di fondamentale importanza sarà quindi il ruolo svolto dal supporto pubblico a sostegno del credito regionale, ad esempio, attraverso garanzie sui prestiti alle imprese. D’altra parte, già nel periodo tra giugno e novembre dell’anno in corso, per finanziare l’attività corrente, coprire i costi fissi non comprimibili e in molti casi anche a scopo precauzionale, ben il 39% delle imprese dell’isola ha fatto ricorso a nuovo indebitamento bancario (quasi la stessa percentuale ha utilizzato la garanzia statale) contro una media nazionale del 35%, percentuali che sono destinate a rimanere elevate per tutto il 2021.
Il 40% delle imprese sarde si prepara quindi ad affrontare una crisi di liquidità senza precedenti, anche perché il 43% indica di aspettarsi un ulteriore contrazione della domanda, soprattutto interna (incluso quella turistica) a seguito delle restrizioni dovute all’attuazione di protocolli sanitari: una percentuale tra le più elevate in Italia (più pessimiste si mostrano solo le imprese di Molise e Valle d’Aosta). Non sorprende, allora, che di fronte ad uno scenario estremamente incerto e depressivo ben il 35% degli operatori teme seri rischi di tenuta della propria attività nel primo semestre del 2021 (31% la media nazionale): come a dire che se la situazione non dovesse migliorare oltre un terzo delle imprese sarde con più di tre addetti paventa un rischio concreto di fallimento.