«Air Italy, una compagnia aerea in liquidazione, che per troppo tempo ha usato i lavoratori sardi, spremuti come limoni e poi licenziati senza ritegno, anche in piena emergenza e di fronte a una crisi mondiale senza precedenti, si distingue per comportamenti vergognosi e sfrontati. Mi sto riferendo alla situazione indecente in cui sono ancora oggi costretti a operare i lavoratori di Air Italy, bistrattati anche ai tempi del Coronavirus. Quaranta uomini e donne stanno continuando a rispondere al telefono dentro il call center della compagnia, e a doversi recare sul posto di lavoro (all’aeroporto Costa Smeralda) nonostante si tratti di mansioni che non necessitano in alcun modo della presenza fisica in sede. Non solo: l’azienda non ha mai provveduto a distribuire neanche una mascherina per consentire ai propri dipendenti di lavorare in sicurezza. Siamo al limite del sopportabile. Questi comportamenti non possono essere tollerati oltre.»
La denuncia arriva dal consigliere regionale del M5S Roberto Li Gioi che come rappresentante del territorio porta all’attenzione delle istituzioni e della popolazione l’incresciosa vicenda.
«Aziende piccole e grandi in questo difficilissimo momento – prosegue Roberto Li Gioi – si sono attivate per consentire ai lavoratori di non doversi recare in ufficio. Com’è possibile invece che il call center di una compagnia aerea mantenga in sede questi lavoratori, che, tra l’altro, a turni da venti persone, sono al lavoro soltanto per rispondere alle richieste di rimborso e per effettuare cancellazioni. Queste persone stanno lavorando nel terrore, protette soltanto dai guanti e dalle mascherine che riescono a procurarsi con mezzi propri, dispositivi talvolta non idonei. Tutto questo senza che Air Italy si preoccupi minimamente di fornire i dispositivi di protezione personale a norma a tutti i dipendenti.»
«Questa è l’ennesima dimostrazione – conclude il consigliere del M5S – di come questa azienda stia continuando a calpestare i diritti dei lavoratori. Ma questo è il momento di reagire, di farci sentire, perché in gioco c’è il nostro bene primario: la salute. Non soltanto di questi lavoratori ma di tutta la popolazione della Sardegna.»