«Quel 10 aprile 1991, quasi 11mila giorni fa, è una di quelle giornate che non si presteranno mai a essere dimenticate, anche se c’è sempre chi, di fronte a disastri che implicano responsabilità macroscopiche, vorrebbe che si offuscasse la memoria.»
Lo ha detto Pino Cabras, deputato sardo de L’Alternativa c’è, durante la sua dichiarazione di voto alla Camera per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro della Moby Prince.
«È sempre il paese in cui qualche autorità vuole ‘sopire e troncare’, perfino di fronte a 140 morti. Per fortuna – prosegue Pino Cabras – è anche il paese di chi reagisce e vuole svegliare la coscienza civile con la verità. Troppi errori e troppe illogicità nella ricostruzione ufficiale della collisione hanno reso faticoso ogni tentativo di tornare sulla pista giusta delle indagini. Quella sera non c’era nebbia, quella non era la causa della catastrofe. Dov’era veramente la nave Agip Abruzzo che la Capitaneria di Porto non riusciva a vedere? Perché il traghetto, ossia una nave popolata di tante anime, veniva scambiato per una piccola bettolina? Perché c’è un silenzio di 77 secondi tra due comunicazioni radio che dicono l’esatto contrario sulla presenza di persone ancora vive?
I giochi dei risarcimenti miliardari fra armatori si chiusero già nel 1992 lasciando ai familiari delle vittime i tempi lunghissimi e inceppati dei processi. Alcuni dei protagonisti di questa tragedia di inizio anni Novanta sono diventati poi i big del trasporto marittimo italiano. Certo, Snam e Agip hanno lasciato il ramo navale in poco tempo, ma la Navarma si è fatta grande, è diventata Moby Lines, e ha eroso a prezzi modici l’ex Tirrenia, stranamente con debiti.»
«Abbiamo l’occasione per fare luce su aspetti trascurati nelle precedenti ricostruzioni della tragedia non fermandoci agli ostacoli fin qui incontrati. Possiamo e dobbiamo ricostruire cause e responsabilità di quel 10 aprile del 1991 – conclude Pino Cabras -. Lo dobbiamo alle vittime e a chi ne custodisce il ricordo. Lo dobbiamo alla Sardegna e alla Repubblica italiana, per ricostruire un patto di verità e di sicurezza.»