«Dopo il lungo lockdown della primavera 2020, ancora per tutto l’anno scolastico 2020-21 la Didattica adistanza è stata la principale risposta del sistema educativo italiano ai problemi creati dall’evoluzione della pandemia e dalle misure di sicurezza sanitaria, in particolare, per la scuola secondaria di II grado. In attesa di sapere se e quanto gli apprendimenti ne abbiano sofferto, la ricerca che presentiamo oggi ci dice, fra le tante informazioni, che nella pratica quotidiana della Didattica a Distanza non c’è stato alcun significativo cambiamento metodologico e organizzativo rispetto a prima della pandemia. Quasi tutte le scuole superiori italiane hanno riproposto online e in sincrono la tradizionale didattica basata su lezione frontale, compiti a casa e verifiche, senza un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti, che tenesse conto della differenza di fare scuola in classe o a distanza. E senza un vero sforzo di sperimentare strategie per valorizzare di più autonomia e protagonismo dei ragazzi. Ciò forse può in parte spiegare perché gli studenti rivelino la loro fatica a seguire le lezioni in DaD, a tenere alte motivazione e attenzione, a interagire positivamente con professori e compagni, difficoltà tipiche dell’apprendimento da remoto.»
Queste le parole di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.
Queste le parole di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.
«Da questo punto di vista – sottolinea Adriana Di Liberto (ricercatrice Crenos, docente ordinario di Politica economica all’Università di Cagliari) – l’indagine rivela che la formazione dei docenti è stata svolta soprattutto per migliorare le competenze nell’uso delle piattaforme informatiche, ma molto meno per sviluppare competenze relative alle metodologie didattiche e di valutazione specifiche per un contesto DaD. Inoltre, la formazione è stata effettuata perlopiù con risorse interne, con il probabile risultato che si sia operato in modo più efficace laddove le condizioni di partenza erano già migliori che altrove. Vi è quindi il rischio che anche il modo in cui è stata impostata e gestita l’organizzazione della DaD nelle scuole superiori Italiane possa influire negativamente sulle già troppo ampie disuguaglianze educative del nostro Paese.»
Antonio Caria