Oggi sono in tanti a chiedersi, alle prese ormai da quasi due mesi con la pandemia Cornavirus, se il Paese è pronto a ripartire.
Il nuovo ponte di Genova, progettato in sostituzione del ponte Morandi, crollato alle 11.36 del 14 agosto 2018, è diventato l’emblema dell’eccellenza italiana che ha dimostrato ancora una volta che se c’è la volontà di ripartire attivando tutte le iniziative attinenti la sicurezza, si può fare, ma la burocrazia è stata superata grazie ad una sinergia totale con l’impegno massiccio non solo del governatore della Liguria Giovanni Toti ma anche di una burocrazia che ha dato una svolta a quel progetto.
Questo esempio è molto significativo per riprendere il ragionamento sul problema di fondo e la diatriba in atto è capire se, in Italia, oggi ci sono i presupposti per riprendere la produzione a tutti i livelli.
All’emergenza sanitaria, ormai da alcune settimane, si è aggiunto l’enorme problema di tre milioni di persone che non hanno più alcun sostentamento per andare avanti, addirittura per “mangiare”.
L’iniziativa messa in atto dal Governo ha dei limiti e l’aspetto sociale non va sottovalutato, una larga parte dei piccoli imprenditori, purtroppo, non avrà più la possibilità di far ripartire le proprie attività.
In sostanza, manca la liquidità immediata, senza la quale molti imprenditori saranno costretti a chiedere dei prestiti che faranno tanta fatica e probabilmente in molti casi non saranno in grado di restituire.
A supporto di questo ragionamento, mi è capitato di vedere tantissima gente in fila al banco dei pegni per depositare collane ed anelli, per avere un pugno di euro da utilizzare per dare da mangiare alle famiglie.
Mai come ora, non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e in America, la recessione è diventata un’amara e cruda realtà.
L’Unione europea sta mettendo in atto importanti sinergie finanziarie per attenuare la grave crisi e solo con una vera ed autentica convergenza europea si potrà nuovamente dare risposte concrete ad un’ Europa che si trova veramente ad un bivio e se non svolta con decisione, rischia di avviarsi verso una strada senza ritorno.
I leader europei sembrano aver compreso che non c’è più tempo da perdere e che è necessario unire le forze, se si vuole arrivare ad una ripresa economica, dicendo alle popolazioni che l’Europa c’è ed è presente e che tutti insieme riusciremo nuovamente a recuperare la nostra identità, con l’uomo sempre al centro dello sviluppo, per affermare ancora a gran voce che le divisioni in un momento così drammatico non servono e le parole d’ordine sono la coesione e la convergenza d’intenti e ora che siamo chiamati a celebrare il 25 aprile, Anniversario della Liberazione, dobbiamo credere fortemente in una nuova rinascita, per un nuovo sviluppo ed una nuova società a misura d’uomo.
Armando Cusa