Le isole ci raccontano, ci ispirano, ci guidano. Immaginate cosa può provare un uomo nel buio di una cella spoglia, umida di brezza marina, alla notte, quando solo lo sciabordio delle onde gli fa compagnia. Il pensiero va ad Altiero Spinelli che, al confino in un’isola tirrenica, insieme a Ernesto Rossi, ideò il Manifesto di Ventotene. Immaginate cosa passò per la mente di un altro isolano, discusso quanto si vuole ma politicamente ficcante, quando, alla domanda «perché avete fatto cadere il Governo Prodi, per risuscitare un Governo tra opposti, lei, appunto Cossiga, e Cossutta?» Fulminante la risposta dell’ex Presidente: «Noi siamo pazzi, visionari come gli straccioni di Valmy che, solo con dei forconi, sconfissero le armate russe alle porte di Parigi».
Le isole rendono pazzi e visionari. Così, prendendo spunto dal recente Convegno organizzato ad Alghero dal mio fraterno amico e compagno di antiche lotte politiche, Michele Pinna, dal titolo” Il lessico, la politica e l’Europa contemporanea” mi sono venuti in mente, in un cerchio di magica follia politica, Spinelli, Ventotene e il suo manifesto, Cossiga con i suoi giri di valzer e la mia Isola, quella che c’è e che è sempre nei miei pensieri, Sa Sardigna.
Nel mio recente libro “Dall’Indipendenza all’interdipendenza” ho formulato l’ipotesi di un cambio di passo politico nella Speranza Federalista: non più parole, giochi di sintassi e narrazioni per lo più poetiche, ipotetiche e irreali. L’ipotesi di un’Europa a 40 velocità, già formulata nel passato recente, l’Europa federalista fatta di Regioni (e di ragioni), l’Europa dalla natura alveolare, fatta di Regioni o Macroregioni che si appoggiano l’un l’altra, magari lontane fisicamente, geograficamente e culturalmente, per costituire un’economia di mercato sinergica, invece di sbranarsi vicendevolmente, l’Europa a vocazione civica e federalista, non è solo una mia idea.
Luigi Ferrajoli, professore emerito di filosofia del Diritto, afferma: «Il processo costituente degli ordinamenti sovranazionali e in particolare dell’Europa – Non meno essenziale, da ultimo, è il processo costituente che va promosso al di là e al di sopra del costituzionalismo degli Stati, ove si prendano sul serio le tante carte dei diritti di carattere sovranazionale. La prospettiva di lungo periodo è quella di un costituzionalismo internazionale in attuazione di queste carte, dalla Dichiarazione del ‘48 ai Patti del ‘66, quale solo può provenire dalla costruzione di una sfera pubblica planetaria all’altezza degli attuali poteri economici e finanziari globali.
Ma in una prospettiva più breve ed urgente, ciò che si richiede è un serio processo costituente europeo. A causa delle politiche antisociali di rigore fino ad oggi imposte dagli organi comunitari, il sogno dell’Europa unita si è infatti, per molti popoli europei, trasformato in un incubo: nell’aumento della povertà e della disoccupazione, nella riduzione delle prestazioni dello stato sociale, nello sviluppo di un antieuropeismo crescente e rabbioso. Ne risulta minato il processo di integrazione, ben prima che sul piano politico e istituzionale, nella coscienza e nel senso comune di gran parte delle popolazioni europee. Di qui, a me pare, la necessità di una rifondazione costituzionale di un’Europa federale e sociale. Di fronte alla gravità della crisi, infatti, o si va avanti o si va indietro. Per questo sarebbero oggi opportuni l’istituzione di un’Assemblea Costituente Europea o quanto meno l’impegno di tutte le forze politiche che hanno a cuore il futuro dell’Unione a promuovere l’attribuzione di funzioni costituenti al prossimo Parlamento europeo.
Solo una Costituzione approvata da un Parlamento costituente può infatti segnare il passaggio dell’Unione dall’attuale forma internazionale alla forma costituzionale: quale sistema federale generato non più da trattati, bensì da un potere politico costituente legittimato dal voto dell’intero elettorato europeo. L’attuale Unione Europea è già, formalmente, una federazione, se con “federazione” intendiamo un ordinamento basato sulla separazione tra istituzioni e competenze federali e istituzioni e competenze federate e sull’attribuzione alle prime di poteri di produzione di norme che entrano direttamente in vigore negli ordinamenti federati senza la necessità volta a volta di una loro apposita ratifica. Ma la dimensione tuttora internazionale anziché costituzionale dell’Unione è tuttora determinata dal fatto che le politiche europee sono decise sulla base non già direttamente di un interesse generale europeo, bensì mediante la composizione pattizia degli interessi degli Stati membri inevitabilmente in competizione tra loro: una composizione e una competizione nelle quali sono ovviamente destinati a prevalere gli interessi degli Stati più forti. Nonostante la struttura federale dell’Unione, le cui decisioni sono immediatamente operative per tutti gli Stati membri, i componenti del Consiglio dei ministri europei difendono infatti ciascuno gli interessi degli Stati da essi rappresentati.»
Gli fa eco il primo Presidente della Regione Lombardia, il democristiano Piero Bassetti nel suo manifesto G-Local afferma una nuova politica che parta dal basso (Local) ma che sia rivolta al mondo globalizzato indicato con una semplice G. “L’italicità si manifesta nella condivisione della cultura italiana”. Con “italici”, Bassetti intende non solo i cittadini italiani, ma anche i sammarinesi, i ticinesi, i dalmati, gli italo-americani, gli italofoni e tutti coloro che includono nel loro stile di vita i valori e le tradizioni del nostro Paese. Identifica cioè le minoranze che non sono solo etniche, linguistiche e religiose ma come in Sardegna pienamente autoctone. E quanto all’Homo civicus da me invocato nel mio libro, come nel progetto su larga scala e di ampio respiro di Bassetti, appare l’artefice di una società civile e una classe dirigente cosciente della transnazionalità della cultura italica, così da gettare le basi per quello che lui definisce un futuro ‘glocal’.
L’attenzione non è solo incentrata sugli avvenimenti globali, ma sulla relazione di questi ultimi con i concreti accadimenti locali. Quella degli italici deve quindi imporsi come una “world community” per portare nel mondo i valori del Bel Paese. Numerosi gli esempi di questi tipi di community nel Mondo: quella anglosassone, quella ispanica, quella lusitana. Manca però all’appello quella italica.
E come non ricordare Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega Nord prima maniera, che vide nel multiculturalismo paritario dei Cantoni Svizzeri la soluzione ai nostri problemi.
Anche il sottoscritto, rappresentando il Popolo Sardo dai banchi del Consiglio Regionale, insieme a tanti altri Sardisti, invocava a piena voce il federalismo. Erano altri tempi, il federalismo rappresentava la liberazione dai legacci burocratici, dai legami con una madrepatria iniqua. Oggi il Neofederalismo Europeo ha ben altro significato, un DNA nuovo che svilupperà le Regioni finalmente libere da ogni residuale legame. Una strada che stiamo tracciando in molte aree europee che un tempo chiamavamo Nazioni-Stato. Oggi la Regione Europea Multiculturale e Paritaria si inscrive in un contesto continentale con una visione che non ha eguali.
Concludendo e approfittando della magnifica compagnia di questi ed altri pensatori politici, il progetto dei Visionari di Valmy in versione 4 Mori, è un progetto appunto da pazzi, come noi, che magari non vedranno, come è avvenuto in parte per Spinelli, la realizzazione della loro idea. Ma quando i Pazzi, come i filosofi, politologi e costituzionalisti che vi ho citati, sono tra noi, la pazzia di lasciare tutto com’è è altrui.
Efisio Planetta