«Mi permetto di rivolgere alle SS.LL. un appello accorato affinché non si interrompa nella Città di Alghero il progetto di inclusione sociale delle famiglie algheresi di etnia rom avviato nel gennaio 2015 con la chiusura di un campo nomadi dell’Arenosu (Fertilia), disposto in collaborazione con la Prefettura di Sassari. Si tratta di tredici famiglie, con 50 minori nati ad Alghero, che – dopo lo sgombero del campo – hanno avuto dal Comune, in collaborazione con l’Asce Rom e la Diocesi di Alghero, una casa di civile abitazione in affitto, nei vari quartieri della città, sulla base di un contributo della Regione finalizzato e vincolato proprio all’inclusione sociale delle famiglie rom.»
Inizia così una lettera inviata dall’attuale consigliere comunale di minoranza ed ex sindaco di Alghero, Mario Bruno, al Presidente della Regione Christian Solinas, al sindaco di Alghero Mario Conoci e alla Prefetta di Sassari, Maria Luisa D’Alessandro.
«Parallelamente, anche per evitare una inutile guerra tra poveri, la Regione con l’Agenzia Area ha destinato 3.6 milioni per 25 alloggi popolari da destinare agli algheresi in graduatoria, aggiuntivi rispetto ad altri alloggi (10+7) già consegnati negli scorsi anni a Loretella ed al Carmine – aggiunge Mario Bruno -. Quei 3.6 milioni sono ancora nelle casse pubbliche in attesa che il Comune riavvii un bando per acquistare case da privati, nel libero mercato, come autorizzato da Area. Sono fortemente in ritardo anche le costruzioni di ulteriori 40 alloggi tra Caragol e Carrabuffas, già finanziati da tempo. Una situazione insostenibile per quasi 500 famiglie senza casa.»
A suo modo di vedere: «Lo sblocco della realizzazione di case per tutti coloro che ne hanno diritto renderebbe più agevole anche il proseguimento del progetto per le famiglie rom. Ai tredici nuclei sgomberati dal campo, si sono aggiunti in questi anni altri quattro nuclei familiari di ritorno, con 25 minori, portando a 75 il numero di minori di etnia rom sul nostro territorio. Tutti vanno regolarmente a scuola».
«Dopo oltre sei anni di inserimento nelle case – per diversi nuclei di indubbio successo – circa la metà delle famiglie vivono oggi in situazioni di grande precarietà, quattro nuclei sono tornati a vivere in roulotte o camper, diverse famiglie hanno avuto sfratto per morosità – conclude Mario Bruno -. C’è il rischio che il progetto d’inclusione sociale, considerato una buona prassi nazionale e anche recentemente inserito nel rapporto “migrantes” come modello per i comuni italiani, venga reso vano e addirittura si riformino campi rom ormai fuori dalla storia.»
Inizia così una lettera inviata dall’attuale consigliere comunale di minoranza ed ex sindaco di Alghero, Mario Bruno, al Presidente della Regione Christian Solinas, al sindaco di Alghero Mario Conoci e alla Prefetta di Sassari, Maria Luisa D’Alessandro.
«Parallelamente, anche per evitare una inutile guerra tra poveri, la Regione con l’Agenzia Area ha destinato 3.6 milioni per 25 alloggi popolari da destinare agli algheresi in graduatoria, aggiuntivi rispetto ad altri alloggi (10+7) già consegnati negli scorsi anni a Loretella ed al Carmine – aggiunge Mario Bruno -. Quei 3.6 milioni sono ancora nelle casse pubbliche in attesa che il Comune riavvii un bando per acquistare case da privati, nel libero mercato, come autorizzato da Area. Sono fortemente in ritardo anche le costruzioni di ulteriori 40 alloggi tra Caragol e Carrabuffas, già finanziati da tempo. Una situazione insostenibile per quasi 500 famiglie senza casa.»
A suo modo di vedere: «Lo sblocco della realizzazione di case per tutti coloro che ne hanno diritto renderebbe più agevole anche il proseguimento del progetto per le famiglie rom. Ai tredici nuclei sgomberati dal campo, si sono aggiunti in questi anni altri quattro nuclei familiari di ritorno, con 25 minori, portando a 75 il numero di minori di etnia rom sul nostro territorio. Tutti vanno regolarmente a scuola».
«Dopo oltre sei anni di inserimento nelle case – per diversi nuclei di indubbio successo – circa la metà delle famiglie vivono oggi in situazioni di grande precarietà, quattro nuclei sono tornati a vivere in roulotte o camper, diverse famiglie hanno avuto sfratto per morosità – conclude Mario Bruno -. C’è il rischio che il progetto d’inclusione sociale, considerato una buona prassi nazionale e anche recentemente inserito nel rapporto “migrantes” come modello per i comuni italiani, venga reso vano e addirittura si riformino campi rom ormai fuori dalla storia.»
Antonio Caria