E’ stato presentato in diretta Facebook sulla pagina delle ACLI della Sardegna e su Matex TV, il rapporto 2021 sul terzo settore in Sardegna realizzato da SWG, l’istituto nazionale di ricerca di Trieste, e IARES con i suoi ricercatori Antonello Caria e Vania Statzu. I dati sono numerosi e molto interessanti. Oltre 7 sardi su 10 ritengono positivo il ruolo svolto dalle organizzazioni del terzo settore in Sardegna e la stessa percentuale di rispondenti ritiene che in futuro il ruolo delle organizzazioni del terzo settore sarà non inferiore (e oltre 3 sardi su 10 ritengono che sarà superiore). Sono in maggiore percentuale i giovani dai 18 ai 34 anni ad affermare che le organizzazioni del terzo settore hanno un ruolo importante nella società sarda anche se sono soprattutto gli adulti a ritenere che le organizzazioni del terzo settore avranno un ruolo uguale o maggiore in futuro. A fronte di questo, sull’80% dei rispondenti che hanno espresso un giudizio, meno di 3 rispondenti su 10 indicano di essere informati sulle attività del terzo settore in Sardegna, 3 punti percentuale meno dello scorso anno, ma più di 8 sardi su 10 che si dicono informati affermano che le attività svolte siano efficaci. Sono soprattutto gli adulti a dichiarare di essere informati sulle attività svolte dal terzo settore in Sardegna e le donne a dichiarare efficaci le attività svolte. Continua, quindi, ad emergere la necessità che il terzo settore sardo investa in campagne informative per far conoscere meglio le attività svolte nei diversi campi di attività: considerando l’elevato valore sociale delle attività portate avanti dal terzo settore, potrebbe essere un soggetto istituzionale, come il governo regionale o nazionale, o partner come le fondazioni bancarie, a promuovere un’apposita campagna di conoscenza delle attività e dei soggetti del terzo settore al fine di valorizzare il valore intrinseco in termini di capitale sociale e beni relazionali che gli operatori di queste organizzazioni offrono alla società. Le rilevanti differenze che, in alcuni casi, emergono tra le province sono lo specchio delle diverse realtà provinciali in cui le organizzazioni del terzo settore operano e che riflettono anche il deficit, in termini di servizi, che caratterizza alcune aree e che rende complesso l’operato del terzo settore. Se lo scorso anno meno di 3 sardi su 10 affermavano di conoscere organizzazioni sarde del terzo settore, nel 2021 sono quasi 4 su 10 ad indicare di conoscere organizzazioni sarde: in questo caso, le differenze provinciali sono anche specchio della capacità di un territorio di auto-organizzarsi e delle persone del territorio di mettersi assieme, in un’ottica di capitale sociale, per offrire un bene o un servizio alla società. Sono in particolare le donne e gli adulti a conoscere le organizzazioni sarde del terzo settore. A fronte di tutto ciò, 15 sardi su 100 sono attivamente impegnati in attività di volontariato o civismo, sebbene l’attività gratuita non esaurisca lo spettro dell’impegno che un soggetto può avere nell’ambito del terzo settore. Se a donare tempo sono 15 sardi su 100, il doppio dei sardi effettua donazioni economiche verso il terzo settore, con un leggero aumento rispetto all’anno precedente: sono in prevalenza e donne a donare del tempo e gli uomini ad effettuare donazioni in denaro. Per quanto riguarda le fasce d’età sono gli adulti a donare percentualmente di più sia tempo che denaro, sfatando il mito che il volontariato sia appannaggio di chi ha “molto tempo libero”. A livello di singolo settore di attività, il settore socioassistenziale e quello sanitario sono quelli che ottengono il numero maggiore di donazioni, ma in termini di denaro donato, è la cooperazione internazionale che riceve le somme medie più elevate. La modalità preferita per la donazione è l’acquisto di beni che destinano una parte del ricavato in beneficenza, seguita dalla donazione con sms o telefono, dalla donazione spontanea in denaro e dal bollettino postale: la prima, la seconda e la quarta modalità sono strumenti utilizzati più da grandi associazioni che dalle piccole e probabilmente implica che siano indirizzate soprattutto ad associazioni a carattere nazionale o internazionale: infatti, solo il 40% dei rispondenti che conoscono organizzazioni regionali ha effettuato delle donazioni a favore di esse. Solo 3,5 sardi su 10 utilizzano lo strumento del “Cinque per mille”, di questi il 21% eroga ad organizzazioni regionali il 79% a organizzazioni nazionali. I sardi sono disposti a donare maggiormente alle organizzazioni sarde: al di là della maggiore disponibilità finanziaria, è l’offrire una maggiore informazioni sull’uso del denaro donato e sulle attività che potrebbe modificare le decisioni dei residenti in Sardegna.
I dati sono stati commentati da autorevoli esponenti del settore: secondo Claudio Atzori, presidente di Legacoop, i dati dimostrano come a questa crescente responsabilità e riconoscimento da parte dei cittadini deve corrispondere una capacità di aggregazione del terzo settore ed un suo essenziale coinvolgimento nei tavoli politici della programmazione. Maria Pina Casula, presidente di UISP Sardegna, ha sottolineato come la pandemia ha dato uno slancio alla conoscenza e alla visibilità del terzo settore che è arrivato in anticipo rispetto alle istituzioni e anche là dove queste non riescono ad arrivare. Il peggior impegno femminile del volontariato va analizzato perché potrebbe essere un segnale di tempo in più per la maggiore disoccupazione femminile. Lucia Coi, presidente di Anfas, ha sottolineato come la coesione del terzo settore nel suo insieme è lo strumento per far crescere la conoscenza delle attività e della presenza da parte dei sardi, solo questo può portare ad un terzo settore che ottiene donazioni dal privato e non dipende dalla burocrazia pubblica. Stefania Gelidi, portavoce del Forum del terzo settore ha detto che dal rapporto emergono luci ed ombre ma certamente sono più evidenti le prime. Il fatto che il terzo settore spesso sostituisca i buchi delle istituzioni porta a farci confondere con le istituzioni stesse, altre volte appariamo solo come erogatori di servizi, spesso sostitutivi, ma senza far emergere il valore aggiunto. Carlo Mannoni, direttore della Fondazione di Sardegna, ha ricordato come la pandemia ha fatto emergere tra i cittadini cose che erano sempre date per scontate, come un sistema sanitario pubblico, e in qualche modo anche la presenza e il valore del terzo settore. Le urgenze che emergono dal rapporto è la necessità di rafforzare la visibilità del terzo settore sardo non solo comunicando ma anche aggregando il sistema per renderlo palese e forte come le grandi organizzazioni. Infine, Mauro Carta, vicepresidente regionale ACLI che, raccogliendo le questioni emerse ha rafforzato l’impegno a proseguire nell’osservatorio di SWG e Iares e ha proposto la costruzione di un tavolo insieme al Forum per implementare le proposte emerse su comunicazione, aggregazione e rapporto con le istituzioni alla luce della riforma del codice del terzo settore.