Oggi 23 maggio 2020, a distanza di 28 anni, sono ancora fisse nella memoria le immagini del terrificante attentato di Capaci. Una strage preparata sin nei minimi dettagli, senza tralasciare nulla al caso.
Mentre Giovanni Falcone era alla guida della Croma si avvicinò allo svincolo per Capaci, alle 17.57, una potentissima deflagrazione disintegrò un tratto dell’autostrada e con esso le macchine che vennero distrutte.
Cinque le vittime: Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e i tre uomini della scorta: Antonio Montanaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
A distanza di 28 anni, credo che lo sgomento che ci avvolse allora, sia sempre presente
e siamo ancora disorientati, ma la memoria nel ricordare questa strage non deve farci dimenticare il nostro impegno che deve essere presente, fattivo, costruttivo.
La notizia dell’attentato ha scosso l’Italia intera ma in quell’occasione ci furono una presa di coscienza e, soprattutto, una solidarietà ed una condanna totale.
Un’Italia democratica che ha di fatto creato un argine alle istituzioni, gridando e chiedendo a gran voce giustizia.
Era necessario che le Istituzioni si coordinassero affinché le Procure interessate intraprendessero le indagini ma il pensiero è andato al suo collega e amico d’infanzia, Paolo Borsellino.
Allora era lui che doveva essere protetto e Paolo Borsellino consapevole del suo ruolo, sapeva perfettamente che il tempo disponibile per terminare il lavoro di Giovanni Falcone era estremamente esiguo e non c’era tempo da perdere.
Purtroppo, così non è stato e sappiamo cosa poi è successo in via d’Amelio.
A distanza di tanti anni, la Giustizia ha fatto il suo corso, assicurando tanti mafiosi al carcere, uno su tutti Totò Riina, Giovanni Brusca e altri che presero parte all’attentato.
Oggi, in modo instancabile, la moglie di Antonio Montinaro gira l’Italia con la teca di vetro, dentro la quale ci sono i resti della macchina della scorta di Giovanni Falcone, nome in codice “Quarto Savona Quindici“. Quella macchina dove ha trovato la morte suo marito, Antonio Montinaro.
Il percorrere l’Italia in lungo e in largo, vuole essere un messaggio per le generazioni future e non solo, un chiaro segnale finalizzato a difesa della democrazia e delle Istituzioni.
Le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non possono essere oltraggiate con la scarcerazione di questi giorni di un numero impressionante di mafiosi al 41 Bis, di gregari ma anche di figure di primo piano.
Sono nella memoria di tutti, una frase storica di Giovanni Falcone diceva sempre: «L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza».
Armando Cusa