I pescatori diventano protagonisti attivi e in qualche modo ambasciatori di un mare pulito e di un pescato sostenibile. Grazie al progetto “FLAGS – la rete che libera il mare”, le imbarcazioni di piccolo e grande cabotaggio hanno raccolto in sei mesi oltre due tonnellate di spazzatura dai fondali intorno all’isola, dando avvio a un’attività che potrebbe essere messa a sistema accanto al normale esercizio della pesca.
L’iniziativa è frutto di un partenariato che coinvolge il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Cagliari (in qualità di capofila), e i quattro FLAG presenti in Sardegna (Orientale, Nord, Sud Occidentale e Pescando), attraverso un finanziamento erogato da Argea per la Misura 1.40 del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP).
Gli esiti del progetto sono stati presentati (venerdì 16 giugno) nel corso di una conferenza stampa coordinata da Alessandro Cau, ricercatore e responsabile del progetto per conto dell’ateneo cagliaritano.
FLAGS è un gioco di parole tra la sigla dei quattro Gruppi d’azione locale attinenti a pesca e acquacoltura e l’acronimo di “Fishing Litter and Abandoned Gears in Sardinia”, cioè rifiuti da pesca e attrezzi abbandonati in Sardegna, alla cui rimozione è rivolto il progetto.
STRUMENTI E OBIETTIVI. L’attività sperimentale si è concentrata in particolar modo sulle plastiche e non di meno sugli attrezzi da pesca dispersi e abbandonati. Sono state coinvolte imbarcazioni di diverso genere e stazza, dotandole di contenitori e attrezzature per la raccolta e lo stoccaggio a bordo. Ogni natante ha fornito un contributo a seconda del conferimento minimo: venti chili per il piccolo cabotaggio, cinquanta per il piccolo strascico e cento per i grandi strascichi.
GRANDE PARTECIPAZIONE. Il budget all’inizio ha previsto il coinvolgimento di quattro soggetti per ognuno dei Flag, ma la volontà di adesione è stata sorprendente, suffragata da un gran numero di richieste. Quindi i soggetti sono diventati dodici cooperative in rappresentanza di venti imbarcazioni, dalla piccola pesca artigianale e pescaturismo fino ai pescherecci in acciaio da trentacinque metri per la pesca d’altura, capaci di stare fuori dal porto anche per cinque giorni a settimana.
RISULTATI. Dal novembre 2022 (quando l’appalto per il ritiro e lo smaltimento dei rifiuti è stato affidato alla ditta Ecogemma di Assemini) le imbarcazioni sono riuscite a rimuovere dal mare oltre due tonnellate di spazzatura di ogni genere. Nello specifico, in 156 pescate che vanno dai dieci agli ottocento metri di profondità sono stati raccolti 1.700 oggetti provenienti da ogni zona del Mediterraneo, per una massa complessiva di 2400 chili di rifiuti, con un massimo di 318 chili in una singola pescata su un fondale di 400 metri. È emerso che la tipologia di rifiuti più diffusa per singoli pezzi è senza dubbio la plastica monouso (dominante a livello numerico), seguita dai contenitori in alluminio e dalle bottiglie di vetro.
Da un punto di vista della massa invece, i rifiuti più incisivi si sono rivelati gli attrezzi da pesca abbandonati. Stiamo parlando in buona misura delle reti perdute sul fondo, che ora possono essere recuperate più agevolmente attraverso l’azione delle reti in attività.
NUOVA LEGISLAZIONE. Fino all’approvazione della Legge Salvamare del maggio 2022, i pescatori che rimuovevano la spazzatura in mare venivano sanzionati, in quanto era considerata rifiuto speciale. Il cambio di rotta ha permesso un intervento diretto della categoria, oltre una notevole riduzione dei costi di smaltimento.
PROSPETTIVE. I pescatori hanno svolto un monitoraggio sistematico zona per zona, fornendo dati utili alla produzione di strumenti normativi adeguati. L’ipotesi è quella di riconoscere una premialità per questo tipo di servizio, dato che i pescherecci da fondale sono gli unici in grado di prelevare rifiuti a centinaia di metri di profondità. Grazie anche alla nuova legislazione, questo servizio potrà trovare continuità in maniera sistematica e permanente nel normale corso delle attività di pesca.