Ci sono voluti diversi anni di tenace lavoro e di battaglie legali per riacquisire la piena disponibilità pubblica su tutto il compendio lagunare di Posada, poco oltre i 70 ettari, che con gli ultimi 39 ettari acquistati oggi per 79.407,19 euro diventa di proprietà del Parco naturale regionale di Tepilora. L’atto d’acquisto è stato siglato in uno studio notarile di Olbia tra il presidente del Parco e sindaco di Posada, Roberto Tola, e il curatore fallimentare, Renato Macciotta, che ha seguito la vendita all’asta del sito dopo il fallimento, avvenuto nel 2017 con dichiarazione del Tribunale di Nuoro, della cooperativa La Bottarga che ne vantava la titolarità insieme ad altri 33 ettari su cui invece è stata poi riconosciuta la proprietà demaniale. I terreni, siti in agro di Posada, sono lo stagno ‘Sa Costera’ e quello di ‘Sos Palones’ ricadenti tra i cosiddetti beni paesaggistici con valenza ambientale. L’operazione odierna si aggiunge al recupero del locale ‘Peschiera’, in località San Giovanni, che il curatore fallimentare aveva riconosciuto lo scorso novembre 2019 in proprietà del comune di Posada, il quale a sua volta ha poi assegnato la gestione per 99 anni all’Ente Parco. L’amministrazione guidata da Roberto Tola aveva inoltre riconosciuto alla cooperativa, con un trasferimento economico da 64mila euro indirizzato al curatore fallimentare, le migliorie fatte negli anni sui locali della Peschiera.
Il presidente del Parco. «Oggi abbiamo chiuso una pagina storica in favore non solo della collettività di Posada o dell’area del Parco di Tepilora, ma di tutti i cittadini che un giorno potranno visitare in piena libertà una delle zone umide più caratteristiche del Mediterraneo». Lo ha detto Roberto Tola che, contratto alla mano, ha ricordato il lungo iter che ha portato a questo traguardo: «Ricordo ancora quando nell’agosto del 2014, insieme agli amici di Legambiente Sardegna e a tanti cittadini, sfidammo alla guida delle nostre canoe i divieti imposti dalla cooperativa La Bottarga sul transito nelle acque della nostra laguna: con l’atto siglato oggi archiviamo una pagina che sono certo ne aprirà altre molto interessanti». Roberto Tola ha quindi ricordato che oltre all’aspetto ambientale si dovrà lavorare sul piano occupazionale legato alla pesca. «Abbiamo già messo in campo le prime iniziative che mi auguro portino quanto prima a un riavvio del settore ittico lagunare capace di valorizzare, nel pieno rispetto del delicato sistema naturale, programmi di sviluppo ecosostenibili che possano dare lavoro ai giovani del nostro territorio».
I fondi. Ad aver creduto nella straordinaria volontà rappresentata dal comune di Posada, che voleva riunire sotto l’ombrello pubblico tutta l’area umida del delta del fiume, è stata la Regione Sardegna con l’ex assessore della Programmazione e Bilancio della Giunta Pigliaru, Raffaele Paci, che nel 2018 ha stanziato un finanziamento da 400mila euro per l’acquisto di tutta la zona lagunare.
La storia. Il primo grande passaggio di proprietà del compendio risale al 1874 con una vendita all’asta bandita dal Regno d’Italia, interessato allora a far cassa con l’ingresso di nuove liquidità. Il nuorese Ignazio Fiorentino compra tutto per 2.146 lire, mentre poco tempo dopo è il siniscolese Giovanni Maria Corrias a subentrare nella proprietà. Gli eredi di quest’ultimo nel 1995 vendono alla cooperativa La Bottarga, con sede a San Giovanni di Posada, gli stagni Tundu e Palones, oltre a una parte del Rio Posada. Nel 2001, i nuovi proprietari presentato un progetto per la riqualificazione produttiva con l’intenzione di utilizzare fondi europei in materia di pesca. Ma è il 2014 a segnare un primo passaggio di svolta nei rapporti tra amministrazione locale e cooperativa: se da un lato i titolari del compendio offrono in vendita l’oasi naturale al comune di Posada, dall’altro si incrinano i rapporti tra i due soggetti con la Bottarga che diffida il Comune e Legambiente dall’organizzare giri turistici in canoa nel tratto di territorio ricadente nel Parco di Tepilora. La vicenda delle canoe finisce davanti al Tar che legittima un’ordinanza comunale, predisposta ad hoc in quei giorni, dove si affermava che il fiume poteva essere utilizzato per fini turistici e ambientali. E poi arriva il fallimento del 2017 e l’ultima firma d’acquisto di questa mattina.