La Sardegna si deve muovere affinché venga riconosciuta la tutela di massimo grado del paesaggio culturale sardo, che deve essere inserito nella lista di quei Paesaggi Unesco che appartengono a tutti i popoli del mondo. I consiglieri regionali dei Riformatori Sardi – firmatari della prima mozione culturale, identitaria e storica che impegna la Regione davanti al Governo – partono dall’identità e dall’essenza della Sardegna, espressa attraverso la fittissima rete di manufatti che la Storia ha lasciato a testimonianza della grandezza del popolo sardo, per rivendicare attenzione e necessità di valorizzare un patrimonio unico nel Mediterraneo e raro al mondo. Patrimonio che si può definire “paesaggio culturale” e che si individua nell’enorme e diffuso lascito di manufatti presenti in Sardegna: 3.500 Domus de Janas; interi campi e isolati Menhir; necropoli scavate nella roccia viva; circa 10mila torri nuragiche, semplici o complesse; Tombe dei Giganti, di cui residuano circa un migliaio di siti riconoscibili; sacrari federali e una rete di pozzi, fonti e opere idrauliche, denominate sacre nella tradizione. Si tratta di un paesaggio culturale che ancora oggi si presenta come un continuum archeologico contraddistinto da una evidente unicità, spiegano i Riformatori, che deve finalmente essere riconosciuto agli occhi del mondo intero (con le evidenti ricadute economiche e sociali, specie in termini turistici, che questo comporterebbe per l’Isola).
Nella mozione che porta la firma di Michele Cossa, Aldo Salaris, Alfonso Marras, Giovanni Antonio Satta, i consiglieri chiedono al presidente Solinas che si faccia portavoce verso il Governo nazionale dell’imprescindibile esigenza di inserire il paesaggio culturale sardo nella lista di quei Paesaggi Unesco che appartengono a tutti i popoli del mondo. «Dato che la Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale adottata dall’Unesco nel 1972, definisce i paesaggi culturali come i paesaggi che rappresentano creazioni congiunte dell’uomo e della natura e che illustrano l’evoluzione di una società e del suo insediamento nel tempo – spiegano i consiglieri dei Riformatori sardi – riteniamo che la protezione del patrimonio sardo sia necessaria, possa contribuire alla tutela della memoria e della Storia della nostra terra e risulti utile per la realizzazione di nuovo modello di sviluppo in linea con gli indirizzi di sostenibilità ambientale e sociale, conservando e tutelando la memoria e la storia della nostra terra. Abbiamo un debito da saldare: alle future generazioni deve essere consentito di conoscere la grandezza della nostra Isola dato che fino a oggi questa articolata e diffusa ricchezza non è stata riconosciuta per il suo valore complessivo né tutelata». Il 90% di questo patrimonio, continuano i consiglieri, «è abbandonato, in molti casi neanche censito in archivi pubblici, spesso alla mercé di trafugatori di reperti che con la loro azione ne decretano una perdita irrimediabile per le generazioni future e in generale per l’Umanità».
Eppure degli 81 parchi archeologici censiti dall’Istat nel 2017, ben 54 sono dislocati nel territorio della Sardegna (45 aree archeologiche e 9 parchi archeologici) pari al 18,4% del totale complessivo: un dato che dovrebbe far riflettere. L’inserimento nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO avviene solo per i siti che a parere del Comitato per il Patrimonio dell’Umanità hanno una particolare rilevanza a livello mondiale: quello sardo per i Riformatori lo ha. Nel periodo tra il IV e il I millennio a.C., in Sardegna si sviluppò una Civiltà che è stata la culla della cultura e del sapere in tutto il Mediterraneo nell’Età del Bronzo, soprattutto perché i costruttori di nuraghi controllavano le rotte commerciali dei metalli. Le popolazioni guerriere provenienti dalla Sardegna, individuate negli “Shardana”, erano inoltre la componente fondamentale di quei “Popoli del Mare” che rivoluzionarono il mondo allora conosciuto, causando la caduta dei Regni vigenti nel Bronzo Medio. Gli stessi Shardana, una volta stanziati nelle terre di Canaan, trasferirono la loro competenza marinara ai Fenici.
Partendo dal presupposto che la valorizzazione del patrimonio sardo è anche – e a ragione – valorizzazione del patrimonio mondiale, i Riformatori sardi chiedono al presidente Solinas che si impegni a rappresentare al Governo nazionale l’imprescindibile esigenza di inserire il paesaggio culturale sardo nella lista di quei Paesaggi Unesco che appartengono a tutti i popoli del mondo; ad attivare le opportune procedure al fine di vedere riconosciuta la tutela di massimo grado del paesaggio naturale sardo, come quella che potrebbe essere garantita con il riconoscimento dell’Unesco; a promuovere per una delle regioni più povere d’Europa come la Sardegna un nuovo modello di “buono” sviluppo, in linea con gli indirizzi di sostenibilità ambientale e sociale, di contrasto dei cambiamenti climatici, di efficientamento della società attraverso la digitalizzazione e di tutela e valorizzazione del Paesaggio culturale.