L’arcivescovo di Cagliari monsignor Giuseppe Baturi, nella sua omelia pronunciata durante la celebrazione delle esequie di Gigi Riva, ha ricordato diversi aspetti della sua storia umana e professionale.
Dopo un riferimento allo sport che porta a dare il meglio di sé nell’educazione della mente e del corpo, nella perseveranza, nella lealtà e nel coraggio, nella collaborazione con gli altri e nell’amicizia, ha sottolineato che «in questi giorni abbiamo celebrato tutto questo in Gigi Riva, ma anche, e forse soprattutto, altro. Abbiamo ricordato i meriti dello sportivo e ammirato la grandezza dell’uomo, la sua generosità e riservatezza, quella profondità di amore e dolore, di passione e malinconia, mai gridata, che si lasciava leggere con schiettezza ma mai possedere, che non si poteva né vendere né comprare».
Ha ricordato la sua famiglia, i figli Mauro e Nicola, e il cuore di Cagliari che ora lo saluta e prega per lui.
«La liturgia che stiamo celebrando – ha detto – è la memoria viva della morte e risurrezione di Gesù Cristo. Per i credenti la morte è il passaggio necessario per la consegna totale al Dio della vita, nel cui abbraccio ogni fame e ogni sete, secondo le parole di Gesù nel Vangelo, vengono soddisfatti in eterno, nella gioia di quel bene che non sappiamo definire in modo appropriato ma che sappiamo essere vero, che inseguiamo indomiti, con passione, sempre inquieti e mai sazi.»
E, infine, ha ricordato le sue gesta sul campo.
«Che nulla, o Signore, vada perduto – ha aggiunto -. Molte sono le immagini di questi giorni, la maggior parte delle quali fissano l’eleganza della corsa, la bellezza e la potenza del gesto. E poi, dopo la rovesciata di Vicenza o il sinistro di Città del Messico, quell’esultanza spontanea, come tutti noi da bambini, a braccia alzate, guardando il cielo e correndo incontro all’abbraccio dei compagni. Noi oggi preghiamo perché il Signore ti venga incontro e ti abbracci in quella dimora dove potrai conoscere la Verità e vivere l’Amore senza ombra e senza fine.»