Mauro Peppino Zedda, isilese, contadino e studioso autodidatta di archeologia, da oltre 25 anni attende il riconoscimento del valore dei suoi studi sull’orientamento astronomico dei nuraghi. I suoi lavori, infatti, sono pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, ma ad oggi, visti ancora con diffidenza, quando addirittura non apertamente osteggiati dal mondo archeologico sardo.
Mauro Peppino Zedda era uscito poco più di un mese fa con un originale volume dal titolo Nel segno di Orione – da Sid (Osiride) al Sardus Pater – Gli atlanti di Monte Prama (Agorà nuragica, 2020), nel quale partiva dall’osservazione che la necropoli di Antas, a Fluminimaggiore, e quella di Monti Prama a Cabras (da cui provengono i celebri “Giganti”), culturalmente affini, presentano un’analoga disposizione delle tombe, dettaglio questo che non sfuggì a diversi archeologi che non ne approfondirono le conseguenze e non colsero l’importanza.
La direzione verso cui sono rivolte le statue dei cosiddetti Giganti (e il volto degli inumati nelle due necropoli), infatti, guarda verso il sorgere della costellazione di Orione, nell’epoca presunta di costruzione dei siti. E stavolta l’epigrafia viene in soccorso dell’archeoastronomia, supportando tale intuizione.
Qualche decennio fa, infatti, il prestigioso orientalista belga Edward Lipinski, docente all’università di Lovanio, interpretò il nome della divinità Adon Sid Addir B’by, a cui era dedicato il tempio punico preesistente a quello romano, proponendo che Sid fosse la versione fenicia di Osiride, divinità da sempre e classicamente associata alla magnifica costellazione di Orione.
Di più: l’autorevole orientalista Federico Mazza, direttore dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, nonché direttore del periodico ‘Rivista di studi fenici’, da tempo aveva proposto che B’by fosse il babi egizio (ovvero il protettore, con sembianze da babbuino, della barca solare). La convergenza di orientamenti delle due necropoli e la convergenza di senso astronomico, sia per quanto emerge topograficamente sia per via linguistica, a seguito degli studi del contadino di Isili, parrebbe quindi evidente.
Nel suo libro Mauro Peppino Zedda, infine, interpreta in modo originalissimo le statue di Monti Prama come rappresentazione di una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo.
E un insperato assist agli studi del contadino/archeologo, arriva proprio da Federico Mazza: con una e mail personale, che siamo autorizzati a rivelare, il prof. Federico Mazza dichiara di aver apprezzato l’originalità di una serie di tesi proposte, insieme alla ricchezza e all’articolazione delle argomentazioni a sostegno.
Più nel merito, le stesi di Zedda sul rapporto Sardegna e Shardana, trovano Mazza concorde: le conclusioni di Zedda, sono in armonia anche con quanto sostenuto in Italia da studiosi come Piero Bartoloni e i compianti Giovanni Garbini e Sebastiano Tusa.
Il professor Mazza esprime quindi molto piacere nel constatare come una sua antica proposta circa l’appellativo B’by riferito al dio Sid abbia potuto trovare ulteriore luce e una rinnovata prospettiva nella originale rilettura del rapporto Sid/Osiride/Orione – Sardus Pater. «Sono considerazioni certamente pertinenti – osserva Federico Mazza – e che fanno intravedere come lo sviluppo della conoscenza si possa giovare utilmente del concorso complementare tra tradizionali campi di studio e approcci scientifici innovativi.»
Infine, l’orientalista dichiara di aver trovato parimenti molto interessante la valutazione del contadino isilese delle statue di Monti Prama come rappresentazione di una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo. Anche a questo proposito, le argomentazioni fornite da Zedda sono parse all’accademico Mazza «particolarmente plausibili e circostanziate, anche alla luce dell’efficace confronto finale con la raffigurazione di Atlante sulla coppa del VI secolo da Sparta».
Federico Mazza formula quindi a Mauro Peppino Zedda i complimenti per un libro che definisce «suggestivo e denso di spunti sul piano storico, archeologico e culturale».
Le inferenze di questo nuovo tassello degli studi del contadino-archeologo attendono di essere valutate.
Paolo Littarru