La scrittura ha un senso di stimolo continuo per riflettere e interrogarsi. Francesco Sonis, autore di numerose sillogi pubblicate e celebrate da importanti riconoscimenti nazionali, lo fa ininterrottamente, fin da giovanissimo, con la risorsa-strumento e modalità della poesia.
Il sapore della terra (Collana Le schegge d’oro, Montedit, Melegnano, 2024) è opera 1° premio del Concorso Letterario “Marguerite Yourcenar 2022”, con la prefazione di Salvatore Tola, e ripercorre i sentieri caratterizzanti della consolidata poetica di appartenenza e identità. La plaquette, di significante ispirata interpretazione, è declinata nell’attenzione e legame all0’insieme eterogeneo del mondo sardo ed alla dimensione di profonda analisi sociologica e psicologica di reminiscenze.
L’appartenenza e il sentimento di identificazione, con il ricorso al fondamentale elemento di memorie, si concretizza in vere composizioni “ode” sull’importanza individuale delle radici e del vivere un luogo con il senso della propria e collettiva eredità storica; normalità per Francesco Sonis che, oltre l’interesse per la letteratura lirica, si occupa di storia locale ed ha pubblicato tre lavori monografici dedicati ai paesi di Uras, Mogoro e al villaggio scomparso di Sitzamus.
La polisemia e l’intensità delle parole “asservite” ai versi, con la fucinazione e abilità lirica di Sonis, si elevano in un coltivo di semplicità e di sentimento, senso di evidente partecipe e personale interiorità, che coinvolge per la promessa di poesia apparecchiata “… di lusinghe sconosciute/ e l’esistenza/ eco infinita/ d’alti silenzi marini”. Il sapore e gustosità della terra affiora nella costruttiva creatività tra ragione e fantasia, tra “albe oscure nella strada degli addii” e nel motivare in poesia la “perduta infanzia” e “l’affanno dei primi calci al muro”.
Il valore denotativo del significato letterale delle parole, in Francesco Sonis, va oltre e lo caratterizza con la ricca connotazione espressiva, rappresentativa di richiami e associazioni, che definiscono di ampi contenuti gli orizzonti dell’originale e peculiare poetica. Lavorio letterario di elaborazione interiore proiettato sempre ad esplorare, come scrive il prefatore Salvatore Tola, “una sua personale cifra” e fondere “elementi interni del discorso con quelli che gli derivano dalla sua sofferta esperienza di vita”. E, soprattutto, per essere elemento di sintonia e di coerenza con “la sua terra”.
Protagonista della silloge è la Sardegna con le sue sofferenze e i “suoi problemi di ieri e di oggi”, ma in primo luogo il suo popolo custode di profumi, come accade agli emigrati “tuoi figli lontani”, a cui è “rimasto solo/ il sentore amaro di basilico/ del cortile di casa”, a speziato/spezzato ricordo; o ancora nelle memorie dei paesi spopolati, e abbandonati anche dai sogni, dove “Ogni casa nasconde/ una foto incorniciata”.
Tra le molteplici, e possibili letture, sono vitali orme tematiche i luoghi precisi e autobiografici (i giardini di San Martino, il campo della Tharros, l’Istituto San Pio X, viale del Camposanto, San Giovanni, la Marmilla, Ussaramanna, la Giara di Gesturi e di Siddi, Ardauli, Barigadu, Marghine, Guilcer, Lago Omodeo, Cagliari (via Roma, Bastione di Santa Croce, Torre dell’ELefante, viale Buoncammino, Piazza d’Armi), la Clinica Sant’Antonio e il natio centro di Uras, collocati con resilienza nello scorrere del tempo e in atmosfere magiche e talvolta crepuscolari.
L’esistenza, attualizzando il binomio inscindibile della natura e dell’uomo stesso, è caratterizzata dalla siccità e dunque “tarda la pioggia/ sulla terra spaccata dal sole”; si consumano lacerazioni sociali e simbolicamente, il poeta, trova similitudine nell’incuria e abbandono del territorio, in cui “agonizza questo fiume/ tra dolorose negligenze/ occultate dall’ombra dei rovi”.
Una rinnovata prova di eccellenza lirica dalla sequenza riflessiva e di elaborata semplicità nel percepire ed analizzare, nello spazio poetico, tutta l’essenzialità di testimoniare la Sardegna.
La stupenda copertina della raccolta poetica è una foto di Ivo Piras e rappresenta il Nuraghe San Pietro di Ussaramanna.
Cristoforo Puddu