«Continuare a tenere limitati la funzionalità ed i servizi delle biblioteche equivale a negare il diritto alla cultura a intere fasce di popolazione, specialmente alle più svantaggiate.»
Lo hanno detto i consiglieri regionali dei Riformatori sardi Michele Cossa e Sara Canu in merito agli effetti del taglio dei servizi offerti dalle biblioteche comunali per effetto della pandemia da Covid-19.
A causa della pandemia, le biblioteche stanno attraversando un momento di grande difficoltà dato che il servizio è limitato esclusivamente al prestito dei libri su prenotazione, senza che gli utenti possano accedere agli spazi ed utilizzarli per la lettura e la socializzazione, eppure, evidenziano i consiglieri dei Riformatori sardi «specie nei piccoli paesi l’unico servizio pubblico attivo con finalità sociali è rimasto quello delle biblioteche comunali».
Da qui l’interrogazione con richiesta di risposta scritta rivolta al presidente della Regione ed all’assessore della Pubblica Istruzione, Sport e Spettacolo. Andrea Biancareddu.
Secondo Michele Cossa e Sara Canu è necessario, infatti, che la Regione elabori un protocollo regionale che consenta la riapertura immediata degli spazi fisici della biblioteche e che autorizzi il supporto a bambini e ragazzi nello svolgimento di ricerche, anche su prenotazione, viste le numerose problematiche che la DAD sta, di fatto, creando e che rischiano di incentivare la dispersione scolastica. Per i Riformatori è inoltre necessario permettere l’accesso ai servizi bibliotecari di quella parte di popolazione (soprattutto anziana) che, avendo scarsa dimestichezza con la tecnologia, ha difficoltà a utilizzare il sistema di prenotazione informatizzato.
Le biblioteche, è il ragionamento, rappresentano un presidio socio-culturale territoriale importantissimo e come tale va ripristinato e tutelato nella sua funzione.
«Riteniamo inspiegabile – concludono Michele Cossa e Sara Canu – la ragione per cui i provvedimenti emergenziali dello Stato consentano l’apertura delle librerie mentre impediscono l’accesso alle biblioteche, con il rischio di accrescere un gap culturale all’interno della nostra società e di negare il diritto all’istruzione e alla cultura alle fasce di popolazione svantaggiate per ragioni economiche o per competenze informatiche.»