«La nuova convenzione fimata da Christian Solinas per il sardo in Rai è certamente un fatto positivo di cui va dato atto al Presidente. Si tratta del completamento del lavoro fatto dal consigliere Rai Franco Siddi negli anni di un Pigliaru presidente distratto e di due assessori esangui quali Firino e Dessena. La novità sta nel fatto che i soldi li mette Roma e che dovrebbe essere stabilizzata la presenza in video oltre che in radio. Il successo di Solinas, facilitato dal grande lavoro di Siddi, sta nel fatto che il sardo è entrato ora ufficialmente nel Contratto di Servizio Rai – Governo. Ci sono voluti 21 anni da quando la legge 482-99 aveva stabilito questo obbligo.»
A dichiararlo è stato lo studioso, scrittore, giornalista e attivista della lingua sarda, Giuseppe Corongiu, che aggiunge: «A onor del vero, si tratta di un passo avanti, ma non di una prima volta storica assoluta. Nel 2008 Soru e Mongiu, garante il direttore regionale Cannas, convinsero l’allora ministro Gentiloni a far entrare il sardo nella programmazione radiofonica (e episodicamente video) della concessionaria pubblica. A pagare però è stata finora la Regione. Dei 2,5 milioni promessi 3 anni fa a Siddi con grande evidenza sulla stampa, siamo scesi ora a 750 mila a carico della Presidenza del Consiglio».
«Nonostante il plauso che va fatto indubbiamente al Presidente sardista restano alcune criticità all’orizzonte – questo il parere di Giuseppe Corongiu -. Insiste il dubbio che ci siano due politiche linguistiche: una presidenziale e l’altra assessoriale, tanto che nella proposta di Piano di Biancareddu la questione Rai non era neppure citata. Sembrano scomparsi dai radar alcuni obiettivi fondamentali e storici: la competenza nello Statuto, il dipartimento in Presidenza, la scuola, lo standard. La modìfica della legge 22 sembra essere stata accantonata, mentre sembra prevalere un continuismo con le gestioni Firino-Dessena per il tramite degli uffici assessoriali investiti del potere di proposta nelle scelte fondamentali. Al di là della vittoria simbolica, 100 ore di radio e 22 di tv in un anno, non sono molte. Così come preoccupa la scarsa sensibilità polìtica dimostrata dalla sede regionale Rai di Cagliari finora nella gestione dei programmi radio e video. Va precisato che abbiamo sentito al microfono, grandi professionisti, ma anche registrato molte ingenuità.»
«Poca penetrazione nella società – sottolinea Giuseppe Corongiu -, scarso profilo umano e tecnico di alcuni conduttori, culturalismo esasperato opposto alla questione polìtica della lingua, preferenza smaccata per l’uso delle vàrieta del cagliaritano abbinata all’emarginazione della lingua standard ufficiale e dei suoi promotori. Voglio ricordare che, nella passata legislatura, i programmi in sardo restarono al palo per anni a causa delle rivendicazioni territoriali di una sede a Sassari. Insomma, una dirigenza Rai locale che non sembra aver ben chiari gli orizzonti politico-nazionali unitari del problema.»
«Per chiudere – conclude Giuseppe Corongiu -, nel riconoscere il merito del sardista presidente pro tempore, e inquadrando meglio nel divenire storico il suo agire senza necessità propagandistiche, si può affermare che la strada istituzionale (avocare al Presidente le competenze linguistiche) è quella giusta, ma che il cammino è lungo. Ma soprattutto irto di insidie, trappole e inganni come rivela una questione da sempre spigolosa che mette a nudo i limiti di una classe dirigente post coloniale che Said avrebbe definito ‘orientalista’, cioè politicamente masochista.»
Antonio Caria