«Troppe imprese sono rimaste fuori dal Decreto Ristori: occorre subito un “bis” che vada in aiuto delle realtà che non possono lavorare e che, a oggi, non riceveranno un euro dallo Stato. Per tutte queste attività e professioni è fondamentale avere la certezza di ristori adeguati, concreti e veloci.»
E’ diretto, Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, nel lanciare l’allarme e l’appello al Governo sulla situazione che si è venuta a creare nel settore artigiano della Sardegna dopo il DPCM firmato dal presidente del Consiglio.
Confartigianato Sardegna sottolinea come dal primo Decreto siano rimaste fuori categorie come i Bus Operator e i Fotografi, solo per fare degli esempi, ma anche tutti quei mestieri artigiani che ruotano intorno alla produzione e servizi per la ristorazione e somministrazione, dalle pizzerie a taglio alle gastronomie, passando per rosticcerie e piadinerie, non ammesse ai contributi nonostante i vistosi e prolungati cali di fatturato, e quelle che gravitano nel turismo, negli eventi, nei convegni e nei congressi, di fatto senza mercato da 7/8 mesi. Senza dimenticare le imprese appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura, per le quali la Confederazione chiede di includere le imprese agroalimentari artigiane di prima trasformazione di prodotti agricoli (lavorazione carni e trasformazione dei prodotti caseari) che subiscono gravi danni economici a causa delle restrizioni imposte al settore della ristorazione.
«Il non inserimento di queste attività nella lista dei codici ATECO del Decreto – sottolinea il Presidente – è uno degli aspetti più critici, anzi gravemente discriminatori, per tutti gli esclusi. Per questo serve decreto ombrello che esca dalla logica dei codici ATECO, sistema che ha dimostrato nei fatti di escludere intere categorie colpite tanto quanto se non in misura maggiore di quelle coinvolte.»
A livello nazionale, Confartigianato ha chiesto al Governo di introdurre, accanto alle misure di immediato ristoro, contributi a fondo perduto, sul modello di quanto previsto dal Decreto Rilancio, erogati alle imprese danneggiate previa verifica del calo del fatturato riscontrata ad una certa data, rispetto al fatturato nel medesimo periodo (almeno semestrale), riferito all’anno precedente. Le risorse per finanziare questo intervento andranno attinte dai fondi riservati all’Italia dal Recovery Fund.
L’associazione artigiana ricorda anche come la chiusura alle 18.00 di bar, pub e ristoranti stia danneggiando soprattutto le imprese, alimentari e non, che lavorano direttamente e nell’indotto della ristorazione in Sardegna. Tra panifici, caseifici, salumifici, birrifici e produttori di bevande, panifici e pastifici, aziende conserviere e della trasformazione dei prodotti orticoli ma anche aziende del trasporto merci, lavanderie e delle pulizie, al lavoro ci sono circa ì 5mila imprese artigiane e che offrono lavoro a oltre 13mila dipendenti in tutta l’Isola.
«Il Governo deve pensare a un provvedimento che vada nella logica di aiutare coloro che possono dimostrare un calo del fatturato di una certa percentuale a prescindere dalla attività che viene svolta – riprende Antonio Matzutzi – è infatti chiaro che la riduzione della socialità indotta dalle chiusure di certe attività come bar, locali, ristoranti e il divieto di tenere cerimonie e feste incidono sui bilanci di tutti. Tra le tante segnalazioni che ci stanno arrivando, ci sono le problematiche delle microattività con situazioni molto complicate, soprattutto quelle connesse al turismo – continua il presidente di Confartigianato -. Un esempio è quella dei conduttori di “ape calessino”, quelle moto a 3 ruote che portano in giro i turisti per Cagliari, Alghero e Castelsardo e sono una decina di imprenditori. Loro, purtroppo, stanno rimanendo fuori dalle misure di ristoro ed è una ingiustizia. Noi abbiamo già segnalato anche la loro posizione al Ministero che sta provvedendo a inserire anche la loro posizione nella prossima, imminente, norma”.