«In merito al dibattito che si è aperto in questi giorni sulla questione della razza delle pecore da introdurre nel disciplinare di produzione del Pecorino Romano DOP, il Consorzio di tutela chiarisce come stanno realmente le cose, partendo da due concetti basilari e fondamentali per comprendere la questione: il primo, nell’attuale Disciplinare di produzione non sono previste limitazioni di razza, dunque per la prima volta si propone di intervenire per regolamentare questa situazione stabilendo che almeno il 90% del latte utilizzato per la produzione di Pecorino Romano debba provenire da pecore di razza autoctona (Sarda, Vissana, Sopravissana, Comisana ecc.). Il secondo, è stato il ministero dell’Agricoltura a intervenire sulla proposta di esclusività delle razze autoctone avanzata a gennaio 2020, consigliando al Consorzio di prevedere un margine di contaminazione. Va poi precisato che introdurre la percentuale di tolleranza non va contro gli interessi degli allevatori, anzi al contrario, serve a tutelarli mettendoli al riparo da possibili sanzioni e gravi danni economici.»
Lo si legge in una nota del Consorzio di tutela di pecorino romano che prosegue: «Il latte è sempre stato e sempre sarà quello prodotto nella zona di origine, non accettiamo falsità e insinuazioni e siamo pronti a querelare chiunque affermi che si vuole utilizzare latte proveniente da zone esterne. La questione interessa solo la genetica del bestiame allevato e munto esclusivamente nell’area di produzione (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto), non la provenienza del latte. Evidentemente, qualcuno ha interesse a creare confusione, in malafede, per provare a danneggiare il comparto che dice di voler difendere».
«Dal dibattito all’interno del cda – prosegue la nota – che si è sviluppato dopo le osservazioni del Ministero, sono emerse una serie di considerazioni. Intanto, la produzione di Pecorino Romano non interessa solo il territorio della regione Sardegna, dove a dire degli stessi sostenitori delle razze autoctone la presenza di pecore di razza esogena non raggiunge valori superiori al 2%, ma comprende anche il Lazio e la provincia di Grosseto, dove quella percentuale ha un’incidenza maggiore e pertanto tale situazione deve essere tenuta in considerazione. Non esistono, inoltre, nelle altre maggiori DOP vincoli di razza: il Parmigiano Reggiano, probabilmente il più integralista, impone vincoli di alimentazione delle bovine senza definire una specifica razza (quella più comune è addirittura di origine olandese) mentre un grande passo avanti, nella proposta di modifica del nostro disciplinare, è stato fatto con l’inserimento della provenienza, per almeno il 50% dalla zona di origine della sostanza secca necessaria per alimentare le pecore e al limite imposto al 50% nell’utilizzo dei mangimi. La possibilità di introdurre una percentuale di tolleranza è legata esclusivamente al fine di evitare contaminazioni genetiche accidentali. Al momento la preoccupazione maggiore è legata alla impossibilità di poter dichiarare in modo inequivocabile l’assenza di latte estraneo a quello proveniente dalle sole razze autoctone, in quanto non esiste un registro di razze e un sistema di esperti di razza che certifichino gli allevamenti.»
«Nella prosecuzione dell’Assemblea del 12 gennaio – così termina la nota -, la discussione verterà dunque sulle seguenti proposte: Inserimento del vincolo di razze autoctone con tolleranza zero per le razze non inserite nella lista ufficiale; inserimento del vincolo di razze autoctone con una percentuale di tolleranza da definire e approvare; Mantenimento dell’attuale disciplinare, con possibilità di applicare un rigido regolamento per una produzione ottenuta dall’utilizzo di latte proveniente unicamente da razze autoctone (Razza Sarda, Vissana, Sopravissana, Comisana, ecc.). In questo caso la filiera interessata si farà carico dei relativi costi e potrà trarne sicuri vantaggi commerciali derivanti da una offerta produttiva esclusiva.»
Lo si legge in una nota del Consorzio di tutela di pecorino romano che prosegue: «Il latte è sempre stato e sempre sarà quello prodotto nella zona di origine, non accettiamo falsità e insinuazioni e siamo pronti a querelare chiunque affermi che si vuole utilizzare latte proveniente da zone esterne. La questione interessa solo la genetica del bestiame allevato e munto esclusivamente nell’area di produzione (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto), non la provenienza del latte. Evidentemente, qualcuno ha interesse a creare confusione, in malafede, per provare a danneggiare il comparto che dice di voler difendere».
«Dal dibattito all’interno del cda – prosegue la nota – che si è sviluppato dopo le osservazioni del Ministero, sono emerse una serie di considerazioni. Intanto, la produzione di Pecorino Romano non interessa solo il territorio della regione Sardegna, dove a dire degli stessi sostenitori delle razze autoctone la presenza di pecore di razza esogena non raggiunge valori superiori al 2%, ma comprende anche il Lazio e la provincia di Grosseto, dove quella percentuale ha un’incidenza maggiore e pertanto tale situazione deve essere tenuta in considerazione. Non esistono, inoltre, nelle altre maggiori DOP vincoli di razza: il Parmigiano Reggiano, probabilmente il più integralista, impone vincoli di alimentazione delle bovine senza definire una specifica razza (quella più comune è addirittura di origine olandese) mentre un grande passo avanti, nella proposta di modifica del nostro disciplinare, è stato fatto con l’inserimento della provenienza, per almeno il 50% dalla zona di origine della sostanza secca necessaria per alimentare le pecore e al limite imposto al 50% nell’utilizzo dei mangimi. La possibilità di introdurre una percentuale di tolleranza è legata esclusivamente al fine di evitare contaminazioni genetiche accidentali. Al momento la preoccupazione maggiore è legata alla impossibilità di poter dichiarare in modo inequivocabile l’assenza di latte estraneo a quello proveniente dalle sole razze autoctone, in quanto non esiste un registro di razze e un sistema di esperti di razza che certifichino gli allevamenti.»
«Nella prosecuzione dell’Assemblea del 12 gennaio – così termina la nota -, la discussione verterà dunque sulle seguenti proposte: Inserimento del vincolo di razze autoctone con tolleranza zero per le razze non inserite nella lista ufficiale; inserimento del vincolo di razze autoctone con una percentuale di tolleranza da definire e approvare; Mantenimento dell’attuale disciplinare, con possibilità di applicare un rigido regolamento per una produzione ottenuta dall’utilizzo di latte proveniente unicamente da razze autoctone (Razza Sarda, Vissana, Sopravissana, Comisana, ecc.). In questo caso la filiera interessata si farà carico dei relativi costi e potrà trarne sicuri vantaggi commerciali derivanti da una offerta produttiva esclusiva.»
Antonio Caria