In un articolo apparso su “Tecnica della Scuola” del 06/05/2014 il professor Lucio Ficara rinfrescava all’allora ministra della Pubblica Istruzione l’etimologia e il significato dei termini sindacato e contratto: “syn” (insieme, con) e “dikaion” (giustizia) «insieme per la giustizia»; “cum-trarre” «raggiungere insieme lo stesso obiettivo».
I sindacati, nel cui operato riponiamo la nostra fiducia, le nostre speranze e le nostre quote d’iscrizione, avrebbero il dovere di contrattare per conseguire un obiettivo il più possibile condiviso dalle parti, nella fattispecie la tutela dei diritti professionali delle diverse categorie di lavoratori.
È impressionante quanto sia sempre di estrema attualità l’interrogativo che si poneva sei anni fa il prof. Ficara: «Come si può pretendere che il sindacato scuola firmi un contratto peggiorativo per gli insegnanti […]?»
Ebbene noi, oggi, rivolgiamo questa stessa domanda non all’attuale Ministra, bensì a quegli stessi Sindacati: è possibile che vogliate firmare un “contratto peggiorativo per gli insegnanti” tradendo la vostra storia, le ragioni per cui vi siete costituiti e le finalità che dovreste perseguire? Sì, perché questo potrebbe succedere, di qui a poco se anche la CGIL, come già hanno fatto CISL e ANIEF – per citarne due – siglasse quella che, per ora, è soltanto una mera “Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo” volto a regolamentare la cosiddetta Didattica Digitale/a distanza. Con la firma della CGIL, infatti, tale ipotesi si trasformerebbe in certezza, segnando l’ufficializzazione di una modalità di lavoro che è tutto, fuorché agile e vantaggiosa per il docente (e tantomeno per lo studente, in termini di apprendimento). Si legge, ad esempio, nella bozza del CCNI, che i lavoratori “agili” espleteranno le proprie mansioni “utilizzando gli strumenti informatici o tecnologici a disposizione”… Cioè di loro proprietà, privati. Come se già non facessero abbastanza uso, gratuitamente, di computers, stampanti, carta e toner pagati di tasca propria, ma a questo fatto non ci si fa più caso, tanto è diventato prassi consolidata. Più avanti: “La DDI si svolge nel rispetto della libertà di insegnamento”… Libertà di insegnare, ma tramite un mezzo che la maggior parte degli esperti di psicologia dell’età evolutiva reputa inefficace, alienante e non inclusivo. Un mezzo, la Dad, che è oltretutto lesivo della privacy e dei diritti d’immagine di chi lo utilizza (professori e maestri da una parte e minorenni dall’altra parte dello schermo).
E la contropartita per i professionisti? «Un forte impegno politico del ministro per un confronto permanente e continuativo», riferisce Sinopoli, segretario nazionale della CGIL.
Perdonateci se vi sembra polemico il tono con cui commentiamo questa sorta di promessa. Il confronto del ministro con i Sindacati (solo alcuni), d’accordo … E il confronto di (quei) Sindacati con la base, con i propri iscritti? Quello, a parer nostro, è venuto meno da anni rinnegando, come spiegavamo qualche riga addietro, la propria ragion d’essere.
Vorremmo concludere questa lettera con due ulteriori riflessioni: cos’è stata ed è ancora la DaD, quali i suoi (molti) limiti logistici/economici e quali i suoi (pochi) pregi pedagogici, lo sappiamo tutti, lo hanno evidenziato anche intellettuali di alta levatura, l’ultimo a farlo, in ordine di tempo è stato il professor Roberto Vecchioni: «La scuola è libertà, felicità, gioia, stare insieme. Non può essere isolamento davanti ad uno schermo ed apprendimento a distanza. La scuola è godere e soffrire con gli altri, è partecipare alla vita perché la scuola è vita».
Niente come la Scuola “erogata” in modalità a distanza può definirsi più distante dai suoi alunni.
Cos’è stato il rientro nella Scuola VERA tra aule, mense scolastiche e mezzi pubblici sovraffollati come in passato, è pure sotto gli occhi di tutti.
La sovraccarica macchina scolastica si muove ugualmente, senza manutenzione anche a causa del sempiterno mutismo di quei sindacati: ma non è facile, anche per il migliore degli autisti, arrivare a destinazione guidando un mezzo catorcio.
Sarebbe nobile, invece, e degno di un Paese che per secoli è stato un “epicentro” culturale, spendersi tutti quanti, cari Sindacati e cari Ministri, per ripristinare quel bel primato e la Scuola pubblica, rimessa in sesto, potrebbe essere la fucina d’intelletti da cui ripartire per guadagnarlo nuovamente.
Chiediamo a chi leggerà questo articolo di visionare e, volendo, promuovere, la petizione intitolata “SCUOLA SICURA PER TUTTI”: la lanciammo ad Aprile e troviamo, purtroppo, che sia ancora attuale.
Torpè, Borore, Siniscola
Maestre Giovanna Magrini, Daniela Marras, Lourdes Ledda