Il futuro di un territorio è legato alla sua capacità di formare le nuove generazioni e garantire loro opportunità e strumenti per affrontare e governare i cambiamenti del mondo del lavoro e della società (si pensi alla transizione ecologica o alla digitalizzazione); una forza lavoro istruita stimola infatti innovazione, produttività e crescita, favorisce l’uguaglianza e combatte la povertà e l’esclusione sociale. Un sistema scolastico solido, inoltre, contribuisce allo sviluppo di valori comuni e forma cittadini attivi e informati. Per questo in ambito comunitario l’istruzione è riconosciuta come motore primario per il progresso economico, sociale e culturale, ovvero, uno strumento per realizzare gli obiettivi di lungo termine in termini di coesione, innovazione e prosperità.
Eppure, la Sardegna è nelle ultime posizioni in Italia per la preparazione dei ragazzi e continua da tanti anni a registrare un preoccupante tasso di dispersione scolastica. Nell’anno scolastico 2022-2023 il 58% degli studenti delle scuole secondarie di primo grado non ha raggiunto competenze matematiche adeguate: si tratta del terzo peggior risultato tra le regioni italiane. La situazione peggiora al momento del diploma di scuola superiore, quando la percentuale arriva quasi al 70%: il peggior risultato in assoluto in Italia.
È quanto si evince da una ricerca effettuata dal Centro Studi della Cna Sardegna che fotografa la situazione allarmante in cui versa l’istruzione in una regione in cui, come si vedrà, addirittura il 21% dei ragazzi tra 15 e 29 anni non lavora e non è inserita in alcun percorso di istruzione o formazione.
«In Sardegna il tema della qualità del sistema formativo e della sua capacità di accompagnare i più giovani nella difficile fase di transizione tra scuola e lavoro, tra adolescenza e età adulta, deve essere posto al centro del dibattito politico – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. Analizzando gli indicatori esaminati dalla ricerca, infatti, emerge una situazione estremamente problematica, sia dal lato della formazione di base, sia dal lato della condizione sociale e lavorativa dei più giovani.»
In base alla ricerca della Cna la Sardegna, si colloca tra le ultime regioni italiane per risultati nei test Invalsi, sia in riferimento alle competenze matematiche, sia in riferimento alle competenze linguistiche; prendendo come riferimento l’anno scolastico 2022-2023, il 58% degli studenti, al termine delle scuole secondarie di primo grado, non ha raggiunto competenze matematiche adeguate, il terzo peggior risultato tra le regioni italiane; le cose peggiorano cinque anni dopo, al momento del diploma di scuola superiore, quando la percentuale arriva quasi al 70% (peggior risultato in assoluto). Le cose non migliorano se si guarda alle competenze linguistico verbali: la Sardegna fa registrare il quarto peggior risultato regionale, sia alle medie, sia alle superiori.
La Sardegna, inoltre, è la terza regione italiana per abbandono scolastico; quasi il 15% dei giovani con età tra 18 e 24 anni possiede al massimo la licenza media; e le cose non vanno meglio se si guarda al tasso di laureati sulla popolazione giovane (25-39), con l’Isola che si posiziona al quartultimo posto, con appena il 25%, una percentuale destinata a diminuire considerando il basso tasso di iscrizione all’università e l’aumento dell’emigrazione studentesca (che rappresenta l’anticamera dell’emigrazione vera e propria). D’altra parte, nel 2020, solo la metà dei diplomati sardi si è iscritta per la prima volta all’università, la quarta percentuale più bassa tra le regioni italiane.
Ma ancora più preoccupante è il dato dei cosiddetti NEET, cioè ragazzi tra 15 e 29 anni, non occupati e non inseriti in un percorso di istruzione o formazione Nel 2022, in Sardegna si trovavano in questa condizione circa il 21% dei giovani, il quarto valore più elevato tra le regioni italiane. Questi giovani affrontano spesso l’esclusione sociale, avvertendo un senso di isolamento e distacco dalla comunità, una situazione che, se protratta a lungo, rischia di compromettere le prospettive lavorative a lungo termine, poiché associata a un declino nelle competenze e nella capacità di apprendimento individuale.