CNA Impresa Donna, il raggruppamento d’interesse che rappresenta le piccole e medie imprenditrici e le lavoratrici autonome della Sardegna, sentita in Audizione dalla Commissione Pari Opportunità regionale in merito all’impatto che il Covid ha avuto sul mondo delle imprese femminili, esprime profonda preoccupazione per la ricaduta devastante sulle imprenditrici e lavoratrici autonome, con un 2020 che ha lasciato una profonda cicatrice nell’economia isolana.
Le imprese donna nel 2019 in Sardegna erano 38.808, con un tasso di femminilizzazione del 22,8% (più alto della media italiana, 22%), su un totale di 170.077 imprese sarde. Di queste, le imprese artigiane in rosa erano 5894 su un totale di 34781, con prevalente forma di microimpresa (ditte individuali o con meno di 9 addetti), quindi dotate di maggior fragilità strutturale e ancora prevalentemente presenti nei settori tradizionali (dati Unioncamere)
Sul mercato, le donne stanno pagando il conto più salato della crisi innescata dal Covid 19.
Tra aprile e settembre 2020, infatti, si è registrato un calo nazionale delle nascite di nuove aziende del 42,3%. Dopo anni in cui in ogni trimestre le imprese femminili crescevano più di quelle non femminili, nei due trimestri interessati acutamente dalla crisi questa maggiore velocità si è praticamente annullata, ed entrambi i generi hanno segnato variazioni addirittura negative. Anche in Sardegna la congiuntura economica ha scoraggiato l’iniziativa imprenditoriale riflettendosi negativamente sulla natalità imprenditoriale, con una diminuzione di iscrizioni di imprese femminili: il crollo della fiducia e l’aumento dell’incertezza hanno indubbiamente condizionato negativamente la spinta al fare impresa.
Ma se un primo bilancio del periodo della crisi da Covid-19 sembrava incidere soprattutto in termini di riduzione della natalità imprenditoriale più che sulle chiusure aziendali femminili, il recentissimo dato camerale (CCIAA SS) che indica 33.474 attività in rosa sul livello regionale nel 2020, induce a riconsiderarne l’effetto sulle cancellazioni non d’ufficio.
Nell’anno della pandemia Covid sono evaporate ben 5.334 imprese, con un -14% rispetto al totale dell’anno precedente. Un dato pesantissimo che purtroppo si spiegherebbe considerando che le operatrici economiche sono presenti prevalentemente in settori particolarmente esposti alla crisi del Coronavirus, in particolare quelli dei servizi alla persona (estetica, acconciature, servizi sanitari) e nel settore Turistico-Ricettivo inteso in senso ampio (passando dagli alloggi, per la ristorazione, ai servizi e fino al piccolo artigianato), nel quale la Sardegna registrava nel 2019 un valore di presenza femminile addirittura superiore alla media nazionale (l’11,9 a fronte di un dato nazionale pari a 10,6%.)
Settori che come sappiamo sono stati messi in ginocchio dai vari lockdown – nazionali e regionali – e anche dalle misure di distanziamento sociale, comprimendone fortemente la domanda e gettando l’economia isolana tutta – non dimentichiamo che la Sardegna è la 4 regione per incidenza del Turismo sull’occupazione e la 3 per incidenza Turismo sul valore aggiunto – in una condizione drammatica e di difficile ripartenza.
Guardando all’impatto della crisi Coronavirus sulle imprese esistenti e che cercano faticosamente di resistere, certamente le imprese femminili condividono le criticità delle aziende non femminili, quindi in primis forti perdite del fatturato fino al 50% e drastico calo della domanda, seguiti da crisi di liquidità senza precedenti, indebitamento bancario e difficoltà di accesso al credito.
Occorre però sottolineare che per il segmento femminile alcuni di questi elementi creano maggiori difficoltà. Proprio il tema dell’accesso al credito è da sempre uno degli ostacoli più alti per le imprese femminili a causa di un maggiore credit-crunch, dato che gli istituti bancari richiedono maggiori garanzie reali, di terzi, di solidità finanziaria e di crescita economica alle aziende in rosa. Considerando che in Sardegna il sistema bancario ha registrato nel 2020 la percentuale di crediti deteriorati più alta nel panorama nazionale, esiste il forte rischio di un’intensa restrizione di mercato del credito nonostante le aziende siano in forte crisi di liquidità, che manderebbe in profonda sofferenza in primis quelle femminili.
Per questa fase di programmazione e graduale ripartenza decisamente incerta e complessa del 2021, gravata inoltre dalle storiche e note vulnerabilità strutturali della nostra regione – difficoltà delle piccole e medie imprese, economia poco diversificata, peso del settore turistico-ricettivo, elevata quota di lavoratori precari e stagionali, maggior esposizione a rischio di liquidità delle imprese – CNA Impresa Donna ritiene indispensabili misure di sostegno all’accesso al credito e alla liquidità, insieme alla semplificazione del sistema delle misure straordinarie di supporto a dimensione della piccola impresa sarda, sulla quale si produrranno invece effetti marginali dagli interventi regionali del Fondo Emergenza Imprese e Resisto, pensati per grandi strutture di impresa che catalizzeranno la quasi totalità delle risorse.
CNA Impresa Donna ritiene però che in questo momento sia necessaria, più che mai, anche un’attenzione alla politica di genere, perché l’emergenza Coronavirus ha acutizzato le forti asimmetrie nella divisione dei ruoli domestici e di cura a carico delle donne d’impresa, che di contro non hanno certamente potuto usufruire di congedi specifici o modalità lavorative semplificate come lo smart working.
Tutte le donne si sono trovate prive delle reti di supporto per gestire la conciliazione vita-lavoro: le reti familiari (tipicamente i nonni), le reti istituzionali (tipicamente i servizi educativi e quelli sociali di supporto per gli anziani), le reti private (a causa delle regole del distanziamento sociale), con l’aggravio dei carichi di cura di figli e familiari anziani o non autosufficienti. Inoltre i costi sono significativamente aumentati, in termini di impatto, per quelle che si sono trovate senza o con una riduzione significativa di reddito d’impresa a causa del rallentamento complessivo della domanda e dei pagamenti, ma con l’esigenza di attivare servizi di supporto aggiuntivi.
«Sostenere le donne imprenditrici permetterà alla nostra isola una ripresa economica più rapida e diffusa. L’avvio della nuova programmazione comunitaria 2021-2027 e la gestione del Recovery Plan sono un’occasione da non perdere non soltanto per limitare i deficit di cui soffre l’economia isolana, ma per cominciare ad aggredire le diseguaglianze di genere partendo dal mercato e dal lavoro», afferma Valentina Codonesu, Coordinatrice regionale CID.
«Abbiamo apprezzato l’inserimento nella Legge di Bilancio nazionale del pacchetto di misure a favore dell’Imprenditoria femminile, e in particolare il Fondo Impresa da 20 milioni€ che promuove nuove attività e sostiene le imprenditrici che resistono sul mercato anche con una contribuzione a fondo perduto. Ma riteniamo prioritario che l’agenda politica affronti anche il tema della riorganizzazione del welfare e degli investimenti strutturali in servizi, oltreché degli strumenti a supporto della conciliazione vita-lavoro anche sul livello regionale. Solo potenziando il sostegno economico-finanziario dell’impresa, ed insieme riequilibrando le esigenze di attività lavorativa e carichi di cura – conclude Valentina Codonesu – sarà, infatti, possibile per tante donne sopravvivere all’impatto della crisi, senza perdere autonomia imprenditoriale e un pezzo della nostra economia.»