È un nuovo e importante tassello che va ad arricchire la celebre collana Bibliotheca Sarda dell’Ilisso Edizioni, oggi 179 volumi, come ha ricordato Vanna Fois, fondatrice e proprietaria della casa editrice sarda, in apertura dei lavori di presentazione della Carta De Logu d’Arborea SECONDO L’EDITIO PRINCEPS (l’edizione a stampa quattrocentesca). Il testo, pubblicato nel 2022 e curato dai due linguisti Giulia Murgia e Maurizio Virdis, docenti all’Università degli Studi di Cagliari, è stato presentato nei giorni scorsi alla Biblioteca universitaria di Sassari durante un incontro, molto partecipato, promosso dalla Fondazione Antonio Segni per conoscere e approfondire tutti gli aspetti, i misteri e le curiosità, legate alla più famosa raccolta di leggi in lingua sarda. Promulgata da Mariano IV, Giudice d’Arborea, tra il 1345 e il 1376 e modificata dalla figlia Eleonora nei primi anni Novanta del 1300 la Carta De Logu ha attraversato diverse epoche rimanendo in vigore fino al 1827, soppiantata dalle Leggi feliciane, imposte dai Savoia. Dopo i saluti del direttore della Biblioteca Universitaria, Giovanni Fiori e l’intervento della Fois, Antonio Serra, già professore di Diritto commerciale e preside della Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Sassari, ha introdotto i lavori ricordando che «la Carta ha meritato il titolo di “statuto territoriale”, capace di recepire le consuetudini diffuse nelle campagne dell’isola e in grado di calarsi agevolmente nella realtà sociale che passa dall’abolizione del selvaggio al feudalesimo, citando il professor Antonello Mattone. Ed è stato proprio il presidente del comitato scientifico della Fondazione Segni ad intervenire subito dopo per inquadrare dal punto di vista storico – giuridico il prezioso «documento della storia identitaria sarda – sottolineando come conoscere la Carta aiuti a capire bene il background della storia rurale e agraria della Sardegna. Il professor Mattone ha ricordato che della nuova edizione presentata, condotta sull’editio princeps, si sono conservati due esemplari, uno alla Biblioteca universitaria di Cagliari e un altro a Torino presso la Biblioteca Reale. Dopo un excursus sulle diverse ristampe e traduzioni è stato lo storico Alessandro Soddu, docente del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione all’Università di Sassari a proseguire nell’analisi storica della Carta, definendo il documento «un autentico monumento della Sardegna tardo medievale. Ora possiamo studiarla bene – ha sottolineato – perché abbiamo finalmente i testi e le buone traduzioni. I volumi di Murgia e Virdis e quello di Lupino del 2010 – ha aggiunto – sono opere di carattere filologico e linguistico che consentono a noi storici di fare la nostra parte per approfondire lo studio del testo».
Giovanni Lupinu, docente del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione all’Università di Sassari ha ricordato come uno degli aspetti più sorprendenti della Carta De Logu, «sia quello di essere oggetto di studio non solo da parte di noi linguisti, ma anche di storici, antropologi e sociologi. Se si parla della Carta De Logu, ma questo vale anche per la storia linguistica della Sardegna – ha aggiunto – viene voglia di parlare di meticciato e ibridazione. In essa si trovano tutta una serie di influssi italiani, uno Statuto profondamente connesso non soltanto con l’Italia ma anche con l’Europa».
A chiudere i lavori i due autori del volume che hanno raccontato al pubblico l’approccio a questa edizione del testo, le sfide affrontate e le scelte adottate.
«C’è ancora desiderio di sentir parlare della Carta De Logu – ha sottolineato la curatrice Giulia Murgia – perché questo testo partecipa alla modernizzazione e riflessione sulla nostra lingua, continuando a vivere sia come tassello del diritto sardo che come tassello del mantenimento del suo prestigio nelle produzioni scritte in ambito giuridico amministrativo, spazio di resistenza del sardo negli usi formali.»
«Tradurre non è mai un’operazione né neutra, né neutrale – ha aggiunto il traduttore Maurizio Virdis – occorre interpretare e capire, ecco perché ho fatto anche il mediatore. Così come ha fatto Lupino – ha concluso – ho cercato di far sopravvivere questo testo, perché l’unico modo per farlo è tradurlo.»
L’incontro è stato promosso in collaborazione con la libreria internazionale Koinè Ubik di Sassari.