Il polo universitario della Sardegna, attraverso la voce dei Rettori dell’Università di Cagliari e di Sassari e del rispettivo corpo docenti, scende in campo a sostegno dell’iniziativa volta al riconoscimento della rete dei nuraghi quale patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco. Del progetto, ritenuto di rilevanza strategica sul piano culturale e scientifico, hanno parlato oggi gli stessi Rettori Maria Del Zompo (Cagliari) e Gavino Mariotti (Sassari) nella conferenza stampa introdotta dal presidente dell’Associazione ‘Sardegna verso l’Unesco’ Michele Cossa.
«Siamo vicini a una data che riteniamo possa segnare il punto di svolta nelle politiche future dell’Isola – spiega Michele Cossa -. Il 31 marzo, quando l’Unesco deciderà, verrà scritta una nuova pagina di Storia, legata alle nostre origini e alla nostra cultura ed espressione dell’unicità che rappresentiamo come popolo nel mondo. Abbiamo la possibilità di immaginare un futuro diverso – continua il Presidente dell’Associazione – che partendo dal nostro patrimonio storico-culturale riesca a tutelare l’identità sarda (di cui i nuraghi sono espressione) integrandola in quelle che saranno le future linee di sviluppo dell’Isola. La candidatura della rete dei nuraghi va intesa come occasione per combattere problemi atavici quali l’isolamento e lo spopolamento dei territori e creare i presupposti per una crescita economica duratura, che garantisca autosufficienza alla Sardegna. Il sostegno del mondo accademico rappresenta un formidabile aiuto in un percorso che mira a far uscire la nostra Isola dal cono d’ombra dentro il quale sembra inspiegabilmente essere condannata per farla conoscere finalmente al mondo intero. Con tutte le implicazioni che questo ha sul piano dell’incremento della ricerca scientifica – conclude Michele Cossa -, della maturazione sociale e della crescita economica della nostra Isola.»
Secondo Maria Del Zompo, Rettore dell’Università di Cagliari, «la Sardegna conserva in buono stato un patrimonio archeologico e monumentale ricchissimo (centinaia di cavità naturali a valenza abitativa, cultuale e funeraria; oltre tremilacinquecento ipogei artificiali a domus de janas; un migliaio di monumenti megalitici tra dolmen e menhir; più di ottomila tra nuraghi, templi a pozzo e tombe di giganti; centinaia tra centri urbani e cultuali di età punico-romana, castelli, villaggi, centri religiosi e monumenti medievali e post-medievali). È necessario e urgente rinforzare i ranghi dei ricercatori, svuotati da anni di mancato turn-over, cronicamente del tutto insufficienti per portare avanti la ricerca più avanzata su un patrimonio così ampio e far fronte alla richiesta di formazione di personale altamente specializzato sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Bisogna puntare a creare lavoro e valore culturale ed economico diffuso nella comunità, disseminare una conoscenza del patrimonio scientificamente fondata e qualificata presso i cittadini, contribuire ad alimentare le risorse finanziarie per la cura e la preservazione dei siti, attraverso un parziale reimpiego dei proventi, contribuire a creare un’offerta turistica di alto profilo qualitativo che competa in ambito nazionale e internazionale valorizzando gli aspetti di assoluta originalità del suo patrimonio archeologico».
Secondo Gavino Mariotti, Rettore dell’Università di Sassari, «l’ Università ha il dovere di essere di supporto al territorio sotto il profilo scientifico e sociale, sostenendo le iniziative come questa, funzionali alla crescita e allo sviluppo del sistema Sardegna. Oggi sentiamo che si sta pensando di portare le scorie nucleari in Sardegna, ma noi abbiamo bisogno di difendere l’ambiente e le peculiarità identitarie della nostra Isola che ha un patrimonio archeologico ricchissimo. So che non è un cammino semplice quello del riconoscimento Unesco, ma le università sono a completa disposizione».
Per l’Università di Sassari è intervenuta alla conferenza stampa anche la professoressa Anna Depalmas, archeologa, componente del comitato scientifico dell’associazione “Sardegna verso l’Unesco”. «Si tratta di un’occasione importante per mettere in atto un’auspicata specifica sinergia tra le Università, la Regione, il Ministero competente, le associazioni di cittadini e tutta la compagine territoriale rappresentata dai tanti comuni che già hanno dato segnali di adesione, per un obiettivo fondamentale quale la corretta restituzione e la manifestazione del valore intrinseco del patrimonio archeologico della Sardegna e, in particolare, dei nuraghi – ha dichiarato Anna Depalmas –
Questa è un’opportunità per mettere a sistema tutti i dati raccolti nel tempo dall’Università di Sassari attraverso le tesi di laurea e gli studi dei nostri studenti e ricercatori, perseguendo la finalità della conoscenza, nostra missione primaria, in questo campo in cui si è già tanto operato, lasciando certamente molte lacune, che solo le nuove ricerche possono colmare. Per fare questo occorrono risorse che consentano ai giovani archeologi formati dalle nostre università di completare le indagini territoriali e di procedere con le ricerche di scavo e di redazione dei repertori per fare sì che si giunga finalmente anche alla definizione dell’entità numerica e alla classificazione tipologica dei nuraghi sardi, opera auspicata e intrapresa all’alba dell’Unità d’Italia e non ancora portata a compimento·»
«L’interesse di UniCa per la protostoria è ben conosciuta, e ha antiche radici – ha detto Riccardo Cicilloni, docente di Preistoria e Protostoria all’Università di Cagliari -. Il maestro è stato Giovanni Lilliu che ha iniziato una tradizione proseguita negli anni con Enrico Atzeni, che tanti scavi ha fatto, Giuseppa Tanda, che ha promosso studi molto importanti sulla civiltà nuragica, fino ai giorni nostri con il sottoscritto e Carlo Lugliè. Come Università di Cagliari uniamo le varie missioni, dalla ricerca alla didattica. Tanti studenti si formano negli scavi che seguiamo, conoscendo dal vivo questa civiltà importantissima per tutto il Mediterraneo. Una serie di nostre iniziative parlano di ‘archeologia pubblica’, tipiche di un Ateneo che si apre: è uno degli obiettivi su cui il Rettore Maria Del Zompo ha puntato da subito nel suo mandato. L’Università che si apre e mette a disposizione del grande pubblico le conoscenze che man mano si consolidano.»