Ristori a fondo perduto per sostenere le circa 400 imprese sarde dell’artigianato artistico e tradizionale, rifinanziamento della Legge 949/52 e istituzione di un Fondo rotativo piccolo credito per il settore artigiano che operi attraverso una gestione operata dallo stesso soggetto gestore della 949/52 in modo da arginare la drammatica carenza di liquidità delle piccole e medie imprese isolane. Sono le proposte della Cna Sardegna che, in previsione della prossima Manovra di assestamento del Bilancio regionale, ha chiesto un incontro urgente agli assessori regionali alla Programmazione e Bilancio, Giuseppe Fasolino, e dell’Artigianato Gianni Chessa per «esaminare e approfondire insieme gli elementi di criticità più acuti che vive il sistema delle micro e piccole imprese isolane».
«Archiviato un 2020 disastroso, l’economia sarda si prepara ad affrontare una fase di ripartenza estremamente complessa e incerta in cui incideranno sicuramente le vulnerabilità strutturali della nostra regione», scrivono Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sarda, rappresentando ai due assessori i drammatici numeri emersi dalle ultime ricerche dell’associazione artigiana.
Nel 2021 in Sardegna la ripresa economica potrebbe infatti faticare ad arrivare al +1%, a fronte di una previsione nazionale del 3,6%. Inoltre, guardando al biennio 2020-2021, l’economia sarda rischia di far registrare uno dei risultati peggiori nel panorama regionale italiano: -8.9% il PIL previsto per il 2021 rispetto al 2019 (peggio hanno fatto soltanto Valle D’Aosta, Trentino Alto-Adige e Toscana).
Stando ai dati dell’associazione artigiana, nel periodo tra giugno e ottobre 2020 un’impresa sarda su cinque ha più che dimezzato o non ha conseguito alcun fatturato contro una media nazionale del 15,5%; il 21% delle imprese sarde non prevede di conseguire un risultato migliore nella prima parte del 2021 (18% è la media nazionale); il 40,1% degli imprenditori si aspetta gravi problemi di liquidità, percentuali significativamente superiori alla media nazionale (33,5%).
Ma il dato più preoccupante – evidenziano i vertici della Cna sarda – è la sempre maggiore crisi di liquidità che con il protrarsi delle restrizioni sulle attività economiche mette a rischio la sostenibilità e la continuità aziendale per migliaia di imprese.
Tra il 2016 e il 2020 la disponibilità di credito per aziende sarde si è ridotta in maniera vertiginosa (oltre 2,7 miliardi su un volume complessivo di 9,35 miliardi di euro). Da una recente indagine della Cna nazionale risulta inoltre che più del 50% delle imprese intervistate ha aumentato la propria esposizione debitoria con le banche: il 12% l’ha incrementata di oltre il 10% e quasi una su 5 oltre il 20% rispetto alla situazione precedente la pandemia. Il 56 % del campione segnala forti necessità di “ristrutturare” la propria posizione debitoria. Oltre il 70% degli intervistati accusa una contrazione del fatturato nei primi quattro mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019 e per oltre il 45% del campione la flessione supera il 30%. Siamo ancora molto lontani dalla “normalità” e non prevedere apposite misure di sostegno significa vanificare lo sforzo che centinaia di imprese realizzano per dare continuità alla propria attività.
Nella richiesta di incontro agli assessori Fasolino e Chessa, Piras e Porcu espongono «le necessità di intervento indifferibili a cui a nostro avviso è possibile dare risposta in tempi immediati, impegnando dotazioni finanziarie limitate e abbastanza modeste, ma i cui effetti in termini di impatto e risultati, possono evitare il tracollo e l’uscita dal mercato di centinaia di aziende».