Si è conclusa nel primo pomeriggio di oggi la somministrazione delle seconde dosi di vaccino anti Covid-19 ai dipendenti dell’Aou di Sassari e ai dipendenti delle ditte esterne che lavorano all’interno delle strutture ospedaliere aziendali. A essere vaccinati sono stati 3.767 operatori, per un totale di 7.534 dosi, tra prima e seconda somministrazione.
Giovedì, invece, saranno vaccinati circa 150 medici specializzandi assunti di recente. Nei pochi casi in cui al personale, per particolari motivazioni, non è stato ancora possibile somministrare il vaccino questo sarà fatto successivamente, non appena le situazioni dei singoli lo consentiranno.
«Nei tempi previsti, secondo il calendario che ci siamo dati – afferma il commissario straordinario dell’Aou, Antonio Spano – abbiamo provveduto a vaccinare tutti gli operatori sanitari della nostra azienda e quelli delle ditte esterne che hanno dato la loro disponibilità. Un lavoro impegnativo che, con un investimento nel nostro stesso personale, ci ha permesso di assicurare il rispetto degli obiettivi per arrivare, nell’arco di un mese, alla copertura degli operatori». L’Aou dal 4 gennaio – avvio della campagna (il 31 dicembre 2020 erano stati vaccinati i primi 12) – ha messo in campo, infatti, delle equipe vaccinali composte ciascuna da un medico, due infermieri e un ausiliare che hanno lavorato mattina e pomeriggio.
Per il direttore sanitario Bruno Contu «è stata compresa l’importanza di questo momento un percorso che, oltre ai sanitari, deve portare alla protezione delle categorie più deboli, degli anziani in particolare, e di tutta la popolazione in generale».
L’Azienda ospedaliero universitaria, dopo la somministrazione della prima dose, ha avviato uno studio valutativo su 350 operatori sanitari e dipendenti delle ditte esterne (selezionati random) per monitorare la risposta anticorpale dopo la prima e la seconda dose. In questo caso viene utilizzato il test sierologico Elisa che consente di identificare i livelli di IgM e IgG (quest’ultimo utile a capire il livello di risposta protettiva, cioè i livelli di anticorpi che contrastano l’antigene virale). A gestire lo studio sono il dottor Antonello Serra, direttore della Sorveglianza sanitaria dell’Aou di Sassari, ed il professor Paolo Castiglia, direttore della struttura Igiene e controllo infezioni ospedaliere, che assieme stanno coordinando le vaccinazioni anti Covid in azienda.
«I dati raccolti dieci giorni dopo la somministrazione della prima dose – affermano i coordinatori della vaccinazione anti Covid – dimostrano che il 74 per cento del campione di studio ha già maturato una risposta anticorpale significativa. Ci attendiamo che dopo la seconda dose raggiunga i livelli rilevati negli studi di riferimento capaci di prevenire, con un’efficacia del 95 per cento, il numero di casi sintomatici di Covid-19. Attualmente non abbiamo dati che ci consentano di determinare sul singolo soggetto il livello di risposta anticorpale sufficiente a prevenire la malattia», commentano ancora.
«Con il vaccino – spiegano ancora Serra e Castiglia – viene inoculato un tratto di RNA messaggero che contiene le informazioni necessarie per far produrre ai ribosomi, piccoli artigiani presenti nelle nostre cellule, copie della proteina Spike, una sorta di chiave che il virus utilizza per entrare nelle nostre cellule. A questo punto il nostro sistema immunitario produrrà anticorpi specifici contro la proteina Spike e cellule della memoria che conserveranno l’informazione, pronte ad attivarsi per combattere il virus quando dovesse venire a contatto con l’organismo.»
I due specialisti sottolineano l’importanza e l’efficacia della vaccinazione: «La protezione – affermano – si ottiene dopo circa 12 giorni dalla seconda dose. Ecco perché è importante che vengano fatte le due somministrazioni, perché una singola dose non può essere considerata sufficiente. La raccomandazione forte, allora, è quella di farle entrambe, perché dobbiamo difendere i “fortini”, cioè gli ospedali, le case di cura, le Rsa».
I coordinatori della vaccinazione, infine, fanno notare che il vaccino non modifica il patrimonio genetico della cellula. «Allo stato non è chiaro se il soggetto vaccinato, pur protetto dalla malattia o dalle sue manifestazioni più gravi, possa comunque essere un veicolo di infezione per altri. Per questo motivo sarà necessario continuare ad usare mascherine, misure di distanziamento sociale e test diagnostici», concludono.