La commissione Sanità, presieduta da Domenico Gallus (Udc-Cambiamo) ha tenuto une serie di audizioni su importanti problematiche del sistema sanitario regionale.
La prima ha riguardato la rete dell’emergenza-urgenza, nella quale operano associazioni di volontariato e cooperative sociali. I rappresentanti delle due realtà hanno messo hanno sottolineato che proprio la “coabitazione” fra organismi diversi costituisce una “anomalia” della situazione sarda e, al tempo stesso, un problema, soprattutto per la mancata applicazione della legge nazionale sul “terzo settore”. Nella pratica, le associazioni di volontariato si sono viste costrette ad assumere personale, sostenendo costi che non possono essere coperti dalla convenzione con la Regione. Inoltre, la nascita di nuove associazioni, non accompagnata dalla verifica puntuale dei requisiti, ha determinato una ulteriore carenza di risorse.
Nel dibattito hanno preso la parola Gianfranco Ganau del Pd ed Annalisa Mele della Lega. Gianfranco Ganau, molto critico nei confronti di Areu per la mancata applicazione della legge, ha sostenuto che quello dell’emergenza-urgenza è un settore vitale del sistema sanitario sul quale non si può certo risparmiare. Annalisa Mele ha ricordato che l’azienda aveva avviato un processo di cambiamento, anche attraverso tavoli tecnici, che ha rallentato per la pandemia ma che ora occorre assolutamente rilanciare.
Successivamente è stata la volta del sindaco di Fluminimaggiore Marco Corrias e dei rappresentanti sindacali del territorio che hanno richiamato l’attenzione della commissione sulla vicenda della casa famiglia “Il Girasole”, chiusa dall’Ats circa due anni e mezzo fa perché in condizioni precarie ed ora ristrutturata ma non ancora aperta. Sulla struttura, hanno ricordato sia Marco Corrias che i sindacalisti, sono stati fatti da Ats (proprietaria dell’immobile) due bandi “sottosoglia” andati deserti perché le risorse disponibili non permettevano neppure di pagare i costi di esercizio. Si tratta però di una struttura indispensabile per il Sud Sardegna, che può ospitare pazienti con gravi disturbi mentali (8), assistiti da operatori (15) in possesso di professionalità ed alta formazione. Una delibera della Giunta regionale dovrebbe ora consentire la pubblicazione di un nuovo bando, con sufficiente copertura finanziaria attorno ai 450.000 euro, e permettere la ripresa dell’attività.
Il dr. Giuseppe Obinu, responsabile regionale della Società italiana cure palliative, ha illustrato alla commissione la specificità di questo settore della medicina, disciplinato da una legge-quadro del 2012 e da un accordo Stato-Regioni del 2017 che ha inserito cure palliative e terapia del dolore nei Lea (livelli essenziali di assistenza), garantendoli “sulla carta” a tutti gli utenti del servizio sanitario nazionale.
«Il nostro paziente – ha affermato Giuseppe Obinu -, è grave e non ha possibilità di guarigione, ma deve essere curato con modalità particolari, soprattutto a domicilio ed in strutture pubbliche (gli “hospice”) che permettano di riprodurre per quanto possibile un contesto di tipo familiare nel quale la persona, oltre al supporto psicologico e spirituale, può continuare a seguire i suoi “hobby”, accogliere animali di affezione, ospitare un convivente. Una assistenza ancora più specifica, inoltre, va assicurata ai bambini. La Sardegna non ha però ancora attivato la “rete” prevista dalla legge e senza questo strumento non può essere garantita l’assistenza ai pazienti.»
Su questo punto si sono soffermati nel dibattito i consiglieri regionali Gianfranco Ganau e Rossella Pinna del Pd ed Annalisa Mele della Lega, sollecitando sia la ricognizione precisa della realtà sarda che l’attivazione della rete, in tempi brevi.
Infine, la commissione ha ascoltato il dr. Mario Assanti dell’associazione “Oranoi” che opera nel settore “caregiver”, fornendo supporto psicologico e legale agli educatori ed agli Oss che lavorano a contatto con le famiglie. Si tratta di una figura nuova riconosciuta a livello nazionale con la costituzione di un apposito fondo ma non ancora in Sardegna, dove le risorse assegnate (2.1 milioni) sono confluite nel progetto “ritornare a casa”.
«E’auspicabile quindi – ha concluso Mario Assanti –, che la Regione possa in prima battuta fissare le linee guida per il riconoscimento e la disciplina dei “caregiver” in attesa di una legge regionale sulla materia.»