«Tante e straordinarie nuove potenzialità curative per innumerevoli patologie, ma le donazioni di cordone ombelicale rappresentano soltanto il 2,5% dei parti e i trapianti in Italia delle sue preziose cellule staminali nel 2023 sono stati soltanto 10 rispetto agli anni precedenti: è impensabile che una ricchezza così grande venga letteralmente sprecata», ha detto Paola Pinna, presidente di OSIDEA Aps, che ha promosso il convegno nazionale su “Cellule staminali, il futuro della donazione cordonale”, che si è tenuto a Cagliari sabato scorso, con la partecipazione in presenza di esperti, docenti, ricercatori, medici di varie strutture sanitarie e università in Italia e un collegamento dagli USA con Camillo Ricordi direttore del Diabetes Research Institute dell’Università di Miami.
Il 100% di sopravvivenza dei pazienti dei casi più gravi di COVID-19, con meno di 85 anni, rispetto, al 42% di sopravvivenza di pazienti nel gruppo di controllo, questo il risultato straordinario ottenuto nel 2020 con infusioni di cellule mesenchimali stromali (MSC) ottenute dal cordone ombelicale di neonati sani, primo studio controllato approvato dalla FDA: basterebbe questo dato, di cui poco si è saputo in Europa, presentato dal prof. Ricordi, per dare una idea della potenza delle cellule staminali del cordone ombelicale, e se si pensa che un cordone ombelicale permette di trattare oltre 10.000 pazienti con MSC espanse in bioreattori, si può capire quanta gente potrebbe essere salvata in situazioni epidemiche o di gravi forme infiammatorie senza terapie farmacologiche. Così come vastissimo è il campo di impiego delle diverse componenti delle cellule staminali del cordone ombelicale per esempio per il diabete di tipo1 e delle sue conseguenze, dalle nefropatie al cosiddetto piede diabetico, con risultati davvero sorprendenti.
Ma della incredibile varietà di cellule presenti nel sangue del cordone ombelicale e nel cordone stesso e dei suoi utilizzi ha parlato Lorenza Lazzari, del Policlinico di Milano, per la rigenerazione dei tessuti per esempio nelle dermatiti bollose dei bambini o nelle forme di secchezza oculare, Lazzari ha anche parlato della messa a punto dei procedimenti per non fare invecchiare le cellule staminali e consentirne l’utilizzo nel tempo, mentre Manuela Monti, dell’Università di Pavia, ha presentato le novità della ricerca che ha consentito di individuare delle nuove piccolissime cellule nel sangue embrionale, le cui potenzialità sono allo studio.
Dell’utilizzo delle cellule staminali del cordone ombelicale per la cura delle leucemie croniche delle anemie e della stessa anemia mediterranea, ha parlato Francesco Zinno, direttore servizio Immunologia e Medicina Trasfusionale dell’Ospedale Annunziata di Cosenza, che ha detto che per quest’ultima patologia il trapianto sostituisce, una volta per tutte, le trasfusioni a cui debbono ricorrere i portatori di anemia mediterranea. Così come ha sottolineato che il trapianto con cellule da cordone ombelicale è meno rischioso di quello di midollo osseo, in quanto le cellule da cordone hanno un bassissimo rischio di scatenere reazioni immunologiche. E di un versante nuovo come quello dell’utilizzo delle cellule staminali per la cura dell’autismo ha parlato Dario Siniscalco, dottore di ricerca in Farmacologia del Dipartimento Medicina Sperimentale dell’Università della Campania L. Vanvitelli: le sperimentazioni in corso stanno dando risultati incoraggianti con il miglioramento della condizione dei pazienti, seppure ancora in maniera temporanea. La sconfinata possibilità di utilizzo delle cellule staminali del cordone ombelicale le hanno ben capito in alcune aree del pianeta, come in Asia, come ha sottolineato Giuseppa Tancredi, responsabile Qualità della Banca del Sangue Cordonale di Sciacca-Agrigento, al primo posto in Italia, che ha parlato dell’utilizzo del gel piastrinico nei neonati per la rigenerazione dei tessuti danneggiati in fase neonatale, ma che ha messo l’accento sulle difficoltà imposte dalla burocrazia. Su questo si è soffermato in particolare Gavino Tedde, avvocato del Foro di Cagliari, che è intervenuto sugli aspetti legali e sulle normative relative alla donazione.
Non solo burocrazia ma di mancanza di attenzione alle mamme in attesa ha parlato Gian Benedetto Melis, responsabile scientifico del convegno e già professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Cagliari: alla diminuzione della natalità del 30% corrisponde una riduzione delle donazioni del 70%, anche perchè alla base non c’è informazione per le future mamme nelle strutture di riferimento a partire dai consultori familiari, che quando funzionano come quelli del distretto sanitario di Nuoro, sanno dare risposte adeguate, come ha detto Gesuina Cherchi, direttrice socio sanitaria ASL Nuoro. Della “solitudine” delle mamme ha parlato con una toccante testimonianza, Lorena Melis, mamma all’ottavo mese di gravidanza, che ha deciso di donare il cordone ombelicale, che non ha trovato supporto nelle strutture di riferimento ma ha dovuto cercare da sé le informazioni. Come pure ha parlato del ruolo fondamentale delle ostetriche nel percorso della donazione del sangue cordonale Benedetta Francesca Testoni Todde, ostetrica del Policnico Universitario, che però devono essre messe in condizioni di farlo.
Un quadro chiaro dello stato dell’informazione “sanitaria pubblica” sulla donazione lo ha fatto Maurizio Siddi, responsabile Comunicazione OSIDEA Aps, che ha illustrato i dati di una ricerca fatta attraverso il sito cordoneombelicale.it creato 15 anni fa da OSIDEA, il primo in Italia. I risultati sono sconfortanti: soltanto il 16% delle future mamme ha ricevuto informazioni dall’ostetrica, appena l’1% dal ginecologo e dal medico di famiglia, ma per fortuna il 49% ha trovato le informazioni su internet o tramite motori di ricerca, che conferma una grande attenzione da parte delle future mamme alla donazione e la necessità di fornire risposte. Il 47% ha ricevuto le informazioni all’8°mese di gravidanza, quando diventa difficile decidere e organizzarsi, mentre appena il 4% lo ha ricevuto al 3° mese di gravidanza: un quadro che fa ben capire quanto “assente” sia il sistema sanitario da questa problematica e quanto sia urgente superare questa carenza.
«Per questo – ha aggiunto Paola Pinna – chiederemo alle istituzioni pubbliche un impegno a rilanciare il tema della donazione del cordone ombelicale, che è un atto d’amore, ma che richiede una organizzazione sanitaria capace di accoglierlo: con il nostro sito cordoneombelicale.it continueremo a svolgere un’opera di preziosa informazione e divulgazione, ma sono le strutture sanitarie di riferimento che devono rispondere concretamente alle richieste delle future mamme.»