L’ospedale Marino, fronte mare, non più per i malati, ma per gli amministrativi. Il cambio d’uso del Marino, da sanitario ad altro, aleggia da una decina di anni nel mondo politico regionale. Nessuno ha voluto salvare il prestigioso ospedale al servizio di tutta la Sardegna, con le sue eccellenze come la chirurgia della mano e la camera iperbarica.
Lo stato di abbandono dell’ospedale, senza alcuna manutenzione ordinaria, era da tempo presagio di chiusura. Uno smantellamento agevolato anche dal blocco del turnover e riduzione del personale sanitario. La pandemia poi, è stata la manna dal cielo. Il Marino diviene a tutti gli effetti il secondo Covid hospital per Cagliari e il sud Sardegna. La clinica ortopedica si trasferisce al Policlinico universitario e i traumatizzati in parte al Brotzu e in parte al Policlinico. Presidi ospedalieri a loro volta a rischio di implosione per il sovraccarico di servizi e la carenza di personale.
La camera iperbarica che copriva H24 le urgenze emergenze di tutta la Sardegna, con ottimi professionisti dall’Ortopedia alla Chirurgia d’urgenza è ormai un’isola in abbandono nel deserto sanitario. Le ricadute sui pazienti sono pesantissime in tutta l’Isola.
Dopo lo smantellamento, il mistero sui recenti lavori di ristrutturazione del Marino è presto svelato. La recente inaugurazione del Centro di Terapia del dolore, trasferito dal Binaghi al nuovo pronto soccorso del Marino, appare come copertura sanitaria per altre destinazioni d’uso dell’ospedale.
Non vorremmo che risorse finanziarie previste dal PNRR per la salute, andassero impegnate in ristrutturazioni di ospedali scientemente smantellati, da non restituire ai malati.
I tre piani dell’ortopedia e della chirurgia della mano dell’ospedale Marino, finemente ristrutturati con vista a mare, non ospitano i malati e il personale sanitario, ma gli amministrativi, dal Direttore generale al suo staff. E’ così che gli ospedali non si chiudono ma si trasformano. Un’anomalia da verificare.
Claudia Zuncheddu
Rete Sarda – Difesa Sanità Pubblica